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Martedì, 30 Aprile 2024
Dalla famiglia ai social

Morire a 10 anni per una scommessa su TikTok: il male oscuro tutto italiano

La vittima più piccola a Palermo. E poi lo studente di seconda media, la ragazzina violentata a 15 anni e il ventenne vittima dell'odio sui social. Un adolescente al giorno in Italia tenta il suicidio. I ricercatori della Fondazione Paoletti: "La scuola deve insegnare a resistere". Ecco i dieci punti per sopravvivere

Uno dei più piccoli aveva 12 anni. Martedì 10 ottobre a Centocelle, cinquantamila abitanti nel cuore popolare di Roma, un alunno di seconda media precipita dal balcone di casa. Sono le sei di sera. Un volo di cinque piani e la sua vita cade in mezzo alla gente del quartiere che sta rientrando dal lavoro: non ha lasciato nessun messaggio, una lettera, un perché. Forse un rimprovero dei genitori per i compiti, come può capitare in ogni famiglia. Forse questo male oscuro tutto italiano, che ci insegue dalla fine della pandemia. La tragedia viene filmata da un gruppo di ragazzini: ma non è una sfida social da passarsi sul telefonino. Lo accertano i carabinieri, che comunque fanno cancellare quelle immagini. Poi c'è Chiara, 19 anni, la trans di Napoli spinta a farla finita da emarginazione e violenze. E anche Vincent, 23 anni di Bologna, aspirante tiktoker ucciso dalla macchina del fango che non ha saputo domare. E Antonella, morta a 10 anni a Palermo, per una scommessa assurda su TikTok.

Quattro storie tra tante, dietro cui soffre una generazione di adolescenti e pre-adolescenti che, pur così giovani, hanno già pensato almeno una volta a suicidarsi. Oppure sfidano la morte, fino a rinunciare alla vita. Una spaventosa roulette russa che arruola ragazzi e ragazze: un tentato suicidio al giorno, secondo la statistica della Fondazione Paoletti, con un aumento del 75 per cento in soli due anni. “Una macchia d'olio che dobbiamo provare a contrastare, perché dopo di noi il timone passa a loro”, dice a Today.it Patrizio Paoletti, fondatore dell'istituto di ricerca interdisciplinare su neuroscienze, psicologia e pedagogia che coinvolge adulti e bambini.

Il dramma di Centocelle: così è morto un ragazzino di seconda media

Dalla strada decine di passanti vedono il ragazzino di Centocelle lanciarsi dal balcone. Un grido. Il suono dell'impatto. I coetanei, giù sotto, che per puro caso riprendono la scena. Da una vicina farmacia portano un defibrillatore. Altri passanti aiutano a rianimarlo. Chiamano il 112, il centralino unico di emergenza: dieci minuti di rabbia, dicono i testimoni, prima di trovare la linea libera. Poi la lunga attesa per l'ambulanza, bloccata nel traffico dell'ora di punta. E in mezzo alla folla, il papà che si dispera: “È stata colpa mia”, ripete più volte, secondo il racconto di chi lo ha sentito. Il dodicenne arriva vivo in ospedale. Ma le sue condizioni sono disperate. Due ore più tardi, la notizia della morte.

Dopo la pandemia il malessere di adolescenti e pre-adolescenti è aumentato esponenzialmente. Ansia, depressione, bullismo, cyberbullismo (grafico sotto) minano sempre di più il benessere psicologico dei nostri ragazzi. I numeri fanno paura: gli insegnanti rilevano un aumento dell'81 per cento dei casi di ansia e stress tra i loro alunni. Situazioni che iniziano a manifestarsi già a partire dalla scuola primaria. E tre docenti su quattro segnalano più comportamenti aggressivi tra i ragazzi, ma anche indolenza e noia. Sono i dati preoccupanti dell'indagine dell'istituto Nomisma sui comportamenti degli studenti a scuola. È il contesto che, nei casi più gravi, magari sfuggiti all'attenzione di genitori, insegnanti e amici, spinge al pensiero di farla finita.

I problemi degli adolescenti secondo una ricerca della Fondazione Patrizio Paoletti

La disperazione di Chiara, 19 anni, vittima dell'omofobia a Napoli

Attacchi di panico, ansia e depressione sono infatti disturbi largamente diffusi tra gli adolescenti. Specialmente nel periodo post covid. Il pensiero di togliersi la vita, secondo i ricercatori, può però scattare per varie condizioni: sia per motivi biologici (storia familiare di depressione, uso di sostanze, mutamenti ormonali), sia per cause psicosociali (maltrattamento infantile, perdita di un parente o amico, rapporti conflittuali in famiglia o nelle proprie relazioni personali). Basti pensare ai ragazzi Lgbt+, messi a dura prova dall’omotransfobia a volte manifestata da coetanei oppure dal contesto familiare. È il caso di Chiara, che si è suicidata a 19 anni dopo un lungo periodo di emarginazione e violenze per il suo essere transessuale.

Chiara si è uccisa un anno fa, nella sua casa di Piscinola in provincia di Napoli. Approfitta di un momento in cui la mamma è assente. Si è poi saputo che in classe la bullizzavano. Per strada, la insultavano. Chiara si è fatta aiutare anche da un gay-center e dallo psicologo di un consultorio. Ma ha continuato a sentirsi, come scriveva lei, in un “labirinto senza uscita”. Decide di farla finita in un momento in cui si convince che non sarebbe mai stata accettata.

Hikikomori, adolescenti chiusi in una stanza - di Marialaura Iazzetti

Di storie come queste ce ne sono tante, troppe. L'omofobia è una delle cause più diffuse di suicidio tra gli adolescenti in Europa. L'Università di Edimburgo ha pubblicato uno studio: un ragazzo su quattro che si uccide tra i 16 e i 25 anni, lo fa per questo motivo. E poi ci sono le relazioni conflittuali con la famiglia.

Ad Ancona il primo novembre 2023, M., 15 anni, originaria del Bangladesh, si lancia dal terzo piano del condominio dove abita. La Procura apre un'inchiesta per istigazione al suicidio. Della ragazzina si erano già interessati i servizi sociali. Un anno fa, mentre frequentava la terza media, M. si era confidata con una professoressa. Le aveva rivelato che il papà non voleva che continuasse gli studi dopo la scuola media. Aveva invece deciso che sua figlia dovesse andare a sposarsi in Bangladesh. A 14 anni. I servizi sociali avevano denunciato il fatto alla Procura minorile di Ancona e il magistrato, per proteggere la studentessa, aveva disposto il divieto di espatrio. Era stato anche avviato un percorso di sostegno al consultorio familiare, al termine del quale la madre e il padre sono stati dichiarati idonei all'esercizio della potestà genitoriale. Il 30 ottobre però tra le mura di casa succede qualcosa. Ancora non si sa cosa. Il giorno dopo M. decide di andarsene per sempre. Il volo di dieci metri non le lascia scampo. Il padre, indagato dalla Procura per istigazione al suicidio, nega di esserne la causa.

Vincent Plicchi, 23 anni, messo alla gogna sui social a Bologna

C'è poi la depressione da social. Più tempo bambini e adolescenti trascorrono davanti agli schermi digitali, più gravi sono le sindromi depressive segnalate, secondo quanto ha scoperto uno studio della Società italiana di pediatria. A questo, si aggiungono il cyberbullismo e gli effetti negativi sulla socializzazione dell'abuso di smartphone e social media, perché riducono le occasioni per incontrarsi di persona. Anche se, spiegano i pediatri, le cause dei suicidi sono spesso multifattoriali.

Vicent con il papà Matteo Plicchi Foto Facebook

Vincent Plicchi, 23 anni di Bologna, conosciuto in rete come Inquisitor Ghost, si uccide davanti a una diretta sul suo profilo. Ha lasciato un biglietto d'addio: “Non ce la faccio più – ha scritto – sto vivendo un periodo troppo difficile”. Era stato accusato – ingiustamente secondo chi lo conosceva – di avere molestato una ragazzina di 17 anni. Quando si è diffusa la notizia, Vincent è stato travolto da una campagna di odio e diffamazione sui social, che lui credeva di saper dominare.

Il papà di Vincent, Matteo Plicchi, nella tragedia immensa trova la forza di dare un messaggio alla generazione del figlio che non c'è più: "Era il mio angelo ed è stato ucciso da persone false, che vivono solo su e per TikTok – dice il padre di Vincent il giorno del funerale –. L’unico modo che ha trovato per difendersi dal disonore e provare la sua innocenza è stato togliersi la vita. Ragazzi, state attenti a queste community: vivete la vostra vita nella realtà. Non posso credere che oggi sto seppellendo mio figlio".

Alice, 17 anni, vittima di violenza sessuale di gruppo ad Agrigento

Anche le violenze sessuali possono portare le loro vittime al suicidio. Secondo l'indagine “Teen Community”, realizzata dalla fondazione Libellula, su 400 ragazzi di età compresa tra i 14 e i 19 anni, il 43 per cento afferma di aver ricevuto spesso o a volte richieste sessuali o attenzioni non desiderate. Situazioni che colpiscono perlopiù le ragazze (55 per cento), rispetto ai ragazzi. E, in alcune occasioni, queste attenzioni indesiderate si trasformano in violenza sessuale. Un peso troppo grande da sopportare per alcune giovanissime, se il loro trauma non viene affrontato adeguatamente.

Sfidano la morte per un pugno di like: ecco le "sfide" estreme del web

Alice ha 15 anni quando viene aggredita ad Agrigento e violentata da un branco che credeva amici. I quattro ragazzi indagati per gli abusi la filmano e fanno girare le immagini dell'orrore sui telefonini dei coetanei. Passano due anni. Va scuola. Tenta di riprendersi la vita. Ma il trauma l'ha sprofondata in una grave depressione. Decide di farla finita nel 2017. Due anni dopo la violenza. Alice si butta da una rupe, dopo aver annunciato il suicidio in un lungo e straziante post sulla sua pagina Facebook.

"Nessuno di voi sa e saprà mai con cosa ho dovuto convivere da un periodo a questa parte – scrive la studentessa –. Quello che mi è successo non poteva essere detto, io non potevo e questo segreto dentro di me mi sta divorando. Ho provato a conviverci e in alcuni momenti ci riuscivo così bene che me ne fregavo, ma dimenticarlo mai.. E allora ho pensato… Perché devo sopportare tutti i momenti no, che pur fregandomene, sono abbastanza stressanti, se anche quando tutto va bene e come dico io, il mio pensiero è sempre là? Non sono una persona che molla, una persona debole, io sono prepotente, voglio cadere sempre in piedi e voglio sempre averla vinta, ma questa volta non posso lottare, perché non potrò averla vinta mai, come però non posso continuare a vivere così, anzi a fingere così...".

Funerali Antonella, 10 anni Foto PalermoToday

Antonella, 10 anni, morta per una sfida social su TikTok a Palermo

Le sfide social sono un'altra minaccia del mondo digitale che bussa alle porte dei nostri figli, soprattutto quando sono troppo piccoli per poterle aprire in sicurezza. Sfide che portano i giovanissimi a spingersi fino a un soffio dalla morte per un instante di popolarità. In questi casi, molto spesso, le menti dei ragazzi vengono manipolate da criminali che hanno scopi ben precisi. La prima a lanciare questa moda assurda è la “Blue whale challenge”, la sfida della balena bianca che portava i giovani adepti a rispettare una serie di regole. Come incidersi la mano con una lametta, per arrivare dopo cinquanta giorni alla prova estrema: lanciarsi da un palazzo.

La più recente si chiama “Blackout challenge”. Un gesto da non fare: i promotori chiedono di legarsi una cintura al collo per vedere quanto si riesce a resistere. Se si è soli, o troppo piccoli, c'è il rischio di perdere improvvisamente i sensi e di morire per asfissia. La sfida raggiunge anche Antonella a Palermo nel gennaio 2021 (nella foto sopra, i suoi funerali). La sua età: 10 anni appena e la voglia di apparire su TikTok, il social media cinese. La piccola muore così. “Voleva essere la regina, la star di TikTok e c'è riuscita. È finita come voleva lei”, dice il padre, con la mente offuscata dalla disperazione. I commenti sull'età sempre più bassa di accesso incontrollato alla rete sono giustificati. Ma questa è la realtà.

Perché un adolescente al giorno in Italia tenta il suicidio

Annoiati, tristi, impauriti. Quasi sei ragazzi su dieci hanno sperimentato emozioni negative durante il lockdown, mentre subito dopo la pandemia hanno lamentato problemi a scuola e pressioni sociali, dipendenze da alcol e fumo, sintomatologie ansioso-depressive, stress, bassa autostima e difficoltà relazionali, con il 19 per cento vittima di bullismo e cyberbullismo. Questi i risultati di diverse ricerche condotte dalla Fondazione Patrizio Paoletti. Quello che emerge è un basso livello di resilienza negli adolescenti, risorse medio-basse rispetto alla regolazione delle emozioni e un eccesso di autocritica. Soprattutto tra le ragazze.

Solo in Europa un adolescente su sette convive ogni giorno con ansia, paura, stress, solitudine e bassa autostima mentre in Italia ogni giorno una ragazza o un ragazzo adolescente o pre-adolescente tenta il suicidio, nell'immobilità del suo mondo. Con un numero di casi in aumento del 75 per cento negli ultimi due anni.

Il malessere degli adolescenti Fondazione Patrizio Paoletti

Un dramma silenzioso di cui ci siamo accorti troppo tardi, spiega a Today.it Patrizio Paoletti, la cui fondazione è attiva da anni per garantire ai ragazzi il diritto al benessere e alla salute. “Dobbiamo intervenire ora perché la società di domani è a rischio”, sostiene Paoletti, ricordando che ci troviamo di fronte a una vera e propria emergenza perché "non abbiamo messo a fuoco la dimensione, la grandezza del problema. La pandemia non ha fatto altro che mettere una lente d’ingrandimento su questo fenomeno, sì graduale ma assolutamente diffuso e presente e questo ha fatto sì che ci trovassimo impreparati".

La resilienza a scuola con un'ora di lezione a settimana

In mezzo a tante storie di bambini e adolescenti che arrivano a compiere gesti estremi nell’impossibilità di vedere un domani, ce ne sono altre positive da raccontare. Storie di resilienza come quella di Emily che dopo "aver sperimentato il malessere in prima persona, averlo visto attorno a me, tra i miei amici e sui social" è tornata a sorridere grazie a un progetto della Fondazione Paoletti. Attraverso l’intervento neuropsicopedagogico "Prefigurare il futuro", condotto nelle scuole italiane durante e dopo la pandemia, oltre 3mila adolescenti, genitori e insegnanti hanno potuto potenziare risorse positive utili a costruire il proprio avvenire attraverso una serie di semplici esercizi per trasformare i limiti in opportunità di crescita. Tra le tante testimonianze dei ragazzi c’è anche chi dice: "La cosa principale che ho imparato è quella di non mollare mai, di credere sempre in me stesso, e tal volta, quando comunque cado, di utilizzare questi metodi che ho imparato dalle 10 chiavi della resilienza".

Le 10 chiavi della resilienza - Fondazione Patrizio Paoletti-3

La scuola è “un vortice di rumore, i docenti sono sempre più spesso presi dai progetti, dal fare, e i presidi dalla burocrazia”, spiega Vito Giannini, dirigente scolastico dell’istituto Pallotti di Roma. Ma così “stiamo sbagliando direzione. Dobbiamo guardare alle priorità e il benessere degli studenti è una priorità. Ho abbracciato questo progetto perché volevo che la scuola vivesse un’interruzione di schema e così è stato: prima gli studenti mi dicevano ‘sto male ma non so esattamente cosa ho’, ora dicono frasi del tipo ‘mi sento rilassata, non credevo fossi anche così”.

Quando i genitori sono la rovina dei figli - di Cristina D'Amicis 

A scuola con il coltello, ma non sanno leggere - di Fabrizio Gatti

"Bisogna rendere il cervello dei ragazzi più resiliente, dobbiamo essere in grado di vederci cambiare in un mondo che cambia", aggiunge Patrizio Paoletti, ricordando anche il danno economico che deriva da questo malessere adolescenziale. “Dobbiamo cambiare le carte in tavola e possiamo farlo. Non dico che sia un metodo risolutivo, ma certamente di contrasto a questa macchia d’olio del disagio psicologico giovanile che si sta manifestando". Le ricerche, anche attraverso la risonanza magnetica al cervello, dimostrano che per il benessere dei nostri ragazzi basterebbe fare un'ora a settimana di questa pratica nelle aule scolastiche, al posto di un’ora di storia o geografia. I ragazzi "se cominci a provocarli si auto-incidono – dice Patrizio Paoletti – sono come cera vergine: fanno tutto da soli, sono bravissimi”.

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