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Venerdì, 26 Aprile 2024
Città conquistatrice

Città conquistatrice

A cura di Fabrizio Bottini

Intellettuali irresponsabili ambiente territorio

Come ci ha confermato o nel caso svelato questo anno di pandemia, non solo bisogna guardarsi dai falsi profeti (a piacere di sventura o sol dell'avvenire) saliti spudoratamente su qualche pulpito a predicare ciò di cui tutto ignorano salvo il classico «secondo me», ma imparare a prendere con doppie e triple molle anche le perentorie indicazioni degli esperti. I quali esperti a furia di esserlo nel proprio ristretto campo decidono di allargare soggettivamente le competenze, iniziando a discettare su tutto. L'esempio ovviamente più vistoso sono stati e ancora sono i medici dei comparti più direttamente collegati alla prevenzione e cura della malattia contagiosa, pronti a fare il grande balzo dalla corsia di ospedale o sala di laboratorio o convegno, all'organizzazione sociale, dei comportamenti, delle scelte politiche. Col medesimo tono che non ammette repliche del primario o della suora da ospedale quando obbligano tutti quanti a rispettare un certo orario dei pasti o del sonno. Ancora peggio quando quei desiderata dal campo strettamente salutistico e comportamentale in senso stretto si allargano, senza nulla perdere in perentorietà e «lo dice la scienza», sia a grandi ambiti come il lavoro, la società, le culture, le filosofie di vita, sia a competenze che proprio nulla hanno da spartire col punto di vista iniziale medico, ma che ci sono entrate col medesimo criterio dell'esperto a prescindere.

Leggo per esempio sul sito di una notissima esperta di comunicazione un saggio rassegna dedicato agli effetti sociali e ambientali del lavoro agile o Smart Working come lo si chiama usando compiaciutamente il solito anglicismo. Un saggio costruito con la forma apparentemente sistematica delle note di riferimento linkate agli originali là dove possibile, e che copre in una prospettiva sia nazionale italiana che internazionale questo tema chiave dei nostri tempi di pandemia, ovvero in sostanza la ridefinizione delle idee di rapporto casa-lavoro, di città e territorio, di pendolarismo e così via. Si parte dai vantaggi, economici e non, della possibilità di lavorare senza far coincidere l'attività con la presenza obbligatoria in un certo luogo, alla soddisfazione soggettiva di lavoratori e imprese per la nuova organizzazione, alla possibilità di creare tutto attorno dal nulla nuovi lavori prima impensabili, per passare poi alla riorganizzazione del contesto dentro cui si svolgono queste dinamiche, ovvero le città e i territori del lavoro agile. E qui personalmente inizio ad accorgermi di qualcosa di singolare. E a guardare meglio metodo le fonti di questa «dissertazione da esperto allargato».

Sono, tutte, fonti giornalistiche contemporanee. Che attingono ad altre fonti giornalistiche confondendo non poco le acque delle questioni sollevate: sino a che punto si sta facendo della onesta – sempre discutibile ma onesta – futurologia, e sino a che punto siamo di fronte a «biased self fulfilling prophecies»? Ovvero a interessi particolari spinti usando l'occasione del momento. Ad esempio la suburbanizzazione speculativa (qui chiamata disponibilità a trasferirsi in zone rurali) che è l'esatto contrario della decantata Città dei Quindici Minuti e di altre economie di prossimità promosse da medesimo telelavoro, ma ragionato a scala di quartiere anziché di singolo alloggio. O infinite altre forzature degne di un cartone animato dei Flintstones o dei Jetsons, dove nulla cambia salvo i materiali con cui sono costruite la villetta di famiglia l'auto di famiglia il supermercato e il barbecue. Insomma tutte quelle fonti che riflettono sugli effetti del lavoro agile valgono pochissimo, vuoi perché riferiscono di riflessioni vecchie di almeno venti o trent'anni, vuoi perché appunto sostengono qualche specifico interesse di consumo o di impresa. Me ne accorgo io «esperto di settore» città-territorio, ma non se ne accorgeva l'esperto allargato, credendo di proporci un vero saggio di ipotesi futurologiche. Molto disinformante, bisognerebbe stare più attenti a non allargarsi troppo.

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