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Venerdì, 26 Aprile 2024
Città conquistatrice

Città conquistatrice

A cura di Fabrizio Bottini

La direttissima a pedali Firenze-Prato-Kiev

Abbiamo quasi tutti imparato ad alzare automaticamente le antenne, quando un politico o un amministratore parlano di "progetti casa", perché ormai da parecchi lustri quella parola ha più tentativi di imitazione della nota rivista enigmistica, e in maggioranza si tratta di tentativi di confondere il lodevolissimo termine "casa" col più discutibile e scivoloso "trasformazione urbana". Insomma usare la nobile aspirazione a un tetto per rifilarci una congrua e in genere speculativa mole di metri cubi su metro quadro da immettere nel mercato. Questa giusta e forte sensibilità, di ambientalisti e cittadini, alla parola "casa", pare però non estendersi a un altro termine che pure è costante oggetto di abili manipolazioni: la "mobilità ciclabile". Quando si parla di bicicletta, di piste ciclabili, di politiche urbane qualsivoglia orientate in quella direzione, pare che sui visi di tutti si stampi un bel sorriso di sollievo e approvazione. Mentre invece si dovrebbe anche qui dare un'occhiata più da vicino a quel che succede. Come quando nel Patto per la Città Metropolitana si legge dell'intenzione di realizzare una "superstrada ciclabile" Firenze-Prato per uno sviluppo di venti chilometri e un investimento di 5 milioni di euro. Non è con spirito polemico, qui, che val la pena chiedersi: e che ci andiamo a fare in bicicletta, da Firenze a Prato?

Cioè, e senza entrare nel merito del progetto che avrà senza dubbio qualità e dettagli tutti suoi comprensibili nel contesto, forse val qui la pena concentrarsi su un certo aspetto sottolineato dai media: "Venti chilometri, che separano le due città, percorsi su due ruote lungo la Perfetti-Ricasoli fino a Firenze, passando per il parco della Piana. Una via alternativa a quelle usuali, caratterizzata però da quell’idea di mobilità a zero impatto ambientale che tanto funziona nei paesi del Nord Europa". Gli stessi paesi europei di cui quasi sempre dalle nostre parti ultimamente si esaltano certe particolari opere, architettonicamente molto vistose, classificate appunto "superstrade ciclabili", arterie di comunicazione veloce a pedali in sede propria, magari con spettacolari infrastrutture sul modello del noto Ponte Anulare di Eindhoven in Olanda, o di quelle passerelle volanti pensate dall'archistar Norman Foster a Londra, anche in omaggio alla passione ciclistica dell'ex sindaco secessionista Boris Johnson. Spettacolari appunto, ma utili a cosa? Nel caso olandese, a gestire una mobilità a pedali pendolare tradizionalmente massiccia, in quello londinese a promuovere spostamenti casa-lavoro verso le zone degli uffici centrali usando (come scoperto durante l'emergenza attentati) un mezzo del tutto alternativo sia all'auto che ai mezzi pubblici.

In entrambi i progetti, c'è un'altra componente fondamentale, ed è la scelta pressoché obbligata di non confrontarsi direttamente con la gestione del traffico motorizzato, che giustifica i copiosi investimenti. Ma tornando a noi: ci sono, nel nostro caso fiorentino, e diciamo pure nazionale, presupposti del genere, a sostenere questo tipo di scelte? Ovvero, abbiamo una mobilità ciclabile massiccia, esistente o potenziale, di lunga percorrenza, pendolare, con chiari itinerari e regolarità, a cui far corrispondere costose e dedicate infrastrutture? E abbiamo poi (come soprattutto nel caso londinese) una fortissima integrazione e sovrapposizione dei nodi, dei flussi, ovvero quel sistema di "superstrada ciclabile" si snoda fra "svincoli" che sono anche mete di servizi, luoghi di lavoro, studio, residenza degli utenti? O non esiste invece il rischio di investire cospicue risorse in progetti magari validi in sé e in assoluto, ma di sicuro non prioritari se si parla davvero di mobilità dolce locale, alternativa alla solita auto privata? Che se ne fa della superstrada da venti chilometri da casello a casello chi va da casa a scuola, a far spesa al supermercato, a ritirare i risultati delle analisi del sangue? Forse ci sarebbe bisogno di guardare di più alle necessità reali della vita quotidiana, e meno a certi conformismi un po' esterofili, un po' specialistici.

Su La Città Conquistatrice, l'eccessiva sensibilità dei nostri amministratori e politici ad alcune istanze necessariamente minoritarie: «Quelli che vanno in bicicletta» 

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