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Sabato, 27 Aprile 2024
Tensioni transatlantiche

Perché la battaglia Ue-Usa sugli aiuti di Stato non ci conviene

Biden ha lanciato un maxi piano di aiuti pubblici per sostenere le imprese di casa. Bruxelles pensa alla stessa strategia. Ma l'Italia ha paura di restare stritolata nella corsa ai sussidi

I leader di Germania e Francia hanno lanciato l'allarme: la corsa ai sussidi pubblici di Usa e Cina per promuovere le loro industrie e, nel caso statunitense, per favorire la transizione ecologica di settori chiave come quello automobilistico, rischia di stritolare le imprese europee. Ma la risposta che Bruxelles ha in mente per rispondere a questa sfida epocale potrebbe essere "una toppa peggiore del buco", ha avvertito il governo italiano, favorendo le aziende di alcuni Paesi Ue a scapito di quelle degli altri.

Il bazooka di Biden

Tutto nasce dall'Inflation Reduction Act, il "bazooka" da 355 miliardi di euro che il presidente Joe Biden per sostenere la riconversione 'verde' della manifattura di casa. L'intervento comprende crediti d'imposta per le auto elettriche prodotte in Nord America e agevola le catene di fornitura statunitensi di batterie. I requisiti per ricevere i sussidi tagliano fuori le aziende Ue, molte delle quali potrebbero cedere alla tentazione di spostare la produzione negli Usa. Secondo la lobby dell'industria francese Medef, la fuga transatlantica delle aziende Ue potrebbe essere accelerata dalle tariffe energetiche degli Stati Uniti, oggi nettamente inferiori rispetto a quelle europee. 

Il piano è stato criticato pubblicamente da Berlino e Parigi, che lo hanno tacciato di protezionismo. Il presidente francese Emmanuel Macron ha sventolato persino l'ipotesi di un ricorso europeo presso il Wto, l'organizzazione mondiale del commercio. Si tratterebbe di un passo indietro notevole nelle relazioni transatlantiche dopo che l'ascia di guerra (commerciale) dell'era Trump su acciaio, aerei e Green deal era stata seppellita con l'arrivo di Biden. Il conflitto in Ucraina, poi, aveva portato a consolidare un filo diretto tra la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e la Casa bianca: il risultato più evidente era stato l'accordo sul gas, con gli Usa che si sono impegnati a riversare il loro gnl in Europa per far fronte ai minori rifornimenti dalla Russia. Inoltre, Bruxelles e Washington hanno deciso di costituire un apposito organismo bilaterale, il Consiglio per il commercio e le tecnologie (Ttc, Trade and technology council) per evitare nuove tensioni. Ma il rischio è che, come fu per il Ttip, l'accordo di libero scambio tra Usa e Ue mai andato in porto, anche il Ttc possa naufragare.

Aiuti di Stato

È il timore con cui oggi è partito il nuovo round di incontri del Ttc, che si stanno svolgendo a Washington. Alla vigilia, la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen ha lanciato la sua proposta per rispondere all'Ira di Biden: contro il "Buy American" i Paesi del blocco devono perseguire un "Buy European". E per farlo bisogna "migliorare i nostri quadri di aiuti di Stato e adattarli a un nuovo contesto globale". In altre parole, von der Leyen propone di modificare le norme europee per consentire ai governi di fare un maggiore uso degli aiuti di Stato per promuovere imprese e transizione ecologica. A dirla tutta, è la stessa proposta 'suggerita' all'Europa da Katherine Tai, la rappresentante commerciale degli Stati Uniti, nel corso di una recente visita a Bruxelles. Il problema è che se da un lato questa strada potrebbe evitare uno scontro al Wto come successo in passato, dall'altro rischia di creare tensioni interne alla stessa Ue.

I timori dell'Italia

Il governo italiano lo ha detto chiaramente: la proposta di von der Leyen "potrebbe aggravare la questione europea perché vi sono Paesi come la Germania, che hanno risorse importanti e significative da poter investire ,e altri Paesi come l'Italia, ma anche la Francia, che non hanno queste risorse nazionali", ha avvertito il ministro Adolfo Urso. Il ragionamento è lo stesso di quello emerso con la risposta alla crisi energetica: Berlino ha potuto mettere sul piatto delle imprese tedesche una quantità di aiuti che l'Italia non può permettersi (da sola), e questo comporta una situazione di concorrenza sleale nel mercato Ue che proprio le regole sugli aiuti di Stato dovrebbero impedire. È vero che per ora il nostro Paese può schierare i fondi del Pnrr (parte dei quali provenienti dalle tasche dei contribuenti tedeschi), ma tra inflazione e potenziali intoppi nel ritmo degli investimenti, la coperta potrebbe alla lunga essere troppo corta. Ecco perché Urso ha rilanciato, come fatto dal governo Draghi sull'energia, l'idea di un Recovery fund 2.0 per sostenere "un grande piano industriale produttivo che consenta alle imprese europee di reggere questa sfida e magari di incentivare gli investimenti in Europa". Serve "una risposta europea", ha sintetizzato.

Il convitato di pietra

Per l'Ue, dunque, la strategia per rispondere agli Usa deve fare i conti con i problemi interni, prima di quelli con Washington. Ma non solo: al Ttc, anche se non ufficialmente indicato, c'è un gigantesco convitato di pietra che si chiama Cina. Gli Usa starebbero facendo pressioni da tempo sull'Ue perché recida i suoi legami commerciali con Pechino, non solo sul fronte dell'import, ma anche quello dell'export di prodotti cruciali: l'azienda olandese Asml, per esempio, fornisce delle attrezzature fondamentali per la produzione di chip di fascia alta in Cina, un tipo di tecnologia su cui gli Stati Uniti hanno posto un divieto all'export verso Pechino, scrive Politico. Su tali pressioni, sembra che per il momento Bruxelles abbia fatto orecchie da mercante. Del resto, qualche settimana fa il cancelliere Olaf Scholz è volato in Cina per ribadire a Xi Jinping l'impegno tedesco a mantenere solidi rapporti commerciali tra Berlino e Pechino. Un viaggio che, come successo con gli aiuti di Stato, ha rinfocolato le tensioni interne all'Ue. 

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