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Lunedì, 29 Aprile 2024

Media e falsità

Massimiliano Melley

Giornalista

Perché dobbiamo dar spazio a ogni fesseria della propaganda russa?

È una scelta saggia dare voce, da parte dei media, a qualsiasi punto di vista? L'attentato al Crocus City Hall di Mosca dà l'occasione per riproporre questa domanda, che cammina su un delicato equilibrio tra la libertà di espressione di qualunque idea e la difesa dalla propaganda straniera, soprattutto se "nemica".

Prendete l'intervista che Evgenij Minchenko, docente universitario e consulente politico di Putin, ha rilasciato al Corriere all'indomani dell'attentato. Minchenko ha sfruttato lo spazio concessogli per sostenere l'ipotesi che i mandanti dell'attentato debbano essere cercati in Ucraina. E ha aggiunto: "Da molti anni, loro uccidono civili nelle strade di Donetsk, praticamente ogni giorno". Un'affermazione falsa, e dimostrabile come tale, che, però, al lettore disattento dà l'immagine di uno Stato terrorista, dal quale ci si può aspettare anche l'organizzazione di un attentato come quello al Crocus.

Corriere

Un altro importante quotidiano, Repubblica, e una televisione nazionale hanno invece intervistato Amedeo Avondet, il giovane piemontese collaboratore del sito "Il Corrispondente", noto per essersi recentemente dimostrato "bene informato" sulle attività dei servizi segreti russi: è stato proprio questo sito, di cui non è del tutto chiara la gerenza, a rivelare l'identità di Maksim Kuzminov, ex pilota russo, disertore, ucciso in Spagna. Avondet, che si trova a Mosca, durante queste interviste ha detto, tra l'altro, che "solo l'Ucraina avrebbe potuto fare una cosa del genere".

Le balle russe e l'assurdità del "terrorismo ucraino"

Fin dal primo momento, Putin ha accreditato la versione della "mano ucraina" dietro l'attentato del Crocus. Il capo della Federazione russa ha fornito questa narrazione senza curarsi della sua assurdità. L'Ucraina, infatti, non ha mai utilizzato atti di stampo terroristico per rispondere all'aggressione russa: non ne ha alcun interesse, non è nel suo Dna e, anche a voler guardare solo all'aspetto utilitaristico, sarebbe controproducente rispetto al processo d'integrazione con l'Unione europea già in atto. Non si può dire lo stesso del Cremlino, che ha mostrato di non guardare in faccia ai civili, alle donne, ai bambini e agli anziani, alle scuole, agli ospedali, ai parchi giochi e alle centrali elettriche per colpire il "nemico", per non dire delle stragi nella scuola di Beslan (2004) e nel teatro Dubrovka (2002), per i quali è affiorato negli anni il fondato sospetto di una complicità dei servizi segreti.

Perfino il fatto che gli Stati Uniti avessero avvertito con due settimane di anticipo del rischio attentati (tanto che la stessa Farnesina, l'8 marzo, aveva avvisato gli italiani a non frequentare luoghi affollati a Mosca), viene interpretato come "prova" del coinvolgimento ucraino e/o occidentale. Niente di più assurdo: gli Stati Uniti hanno oggi le migliori informazioni sulle azioni dell'Isis-K, avendo affrontato questo gruppo sul campo, in Afghanistan, fino al 2021. Che l'avvertimento statunitense venga ignorato, è un fatto che semmai dovrà spiegare Mosca.

Avondet

Dobbiamo veramente dare spazio a tutte le versioni?

Ma, nonostante le incongruenze nei dettagli propinati dal Cremlino, in parte smentite perfino dal suo alleato di ferro Lukashenko, capo della Bielorussia, i media italiani restano permeabili a una ricostruzione propagandistica sulla matrice ucraina, dando il microfono ai suoi portavoce (russi e italiani). A chi giova dare questo palcoscenico? La libertà di espressione, tutelata dalla Costituzione, non si traduce in un diritto di tribuna a tutti, che invece bisogna conquistarsi. L'impressione è che, sull'onda del metodo del talk show, il sistema dell'informazione si stia adeguando al perenne confronto tra opposte visioni, meglio se estreme. Il che sarebbe ancora legittimo, sebbene non efficace per informare il pubblico; ma, quando si traduce in tribuna a propagandisti (evidenti o dichiarati), che ne approfittano per divulgare la versione "ufficiale" del capo della Federazione russa, il nostro sistema diventa cedevole a quella che, non da oggi, si chiama "guerra ibrida": un insieme di influenze e fake news sulla società che si vuole colpire.

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