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Sabato, 27 Aprile 2024

Charlotte Matteini

Opinionista

E anche stavolta il bravo ragazzo era un mostro

L’epilogo che purtroppo in molti ci aspettavamo è stato tragicamente confermato: Giulia Cecchettin è morta, il suo cadavere è stato ritrovato in un canalone nei pressi del lago di Barcis.

Per un’intera settimana le ricerche di Giulia, rapita dall’ex fidanzato la scorsa settimana, hanno tenuto l’Italia con il fiato sospeso, la speranza era che la ragazza potesse tornare a casa sana e salva. Una speranza flebile, che però si è immediatamente scontrata con lo scontato epilogo di cui tutti abbiamo immediatamente avuto il presagio. Filippo Turetta, l’ex fidanzato che l’ha rapita e poi uccisa, considerava Giulia come una proprietà e proprio per questo non ha mai accettato non solo la fine della relazione, ma anche che Giulia potesse essere una persona autonoma e indipendente durante la relazione.

La sorella di Giulia, Elena Cecchettin, ha raccontato che Filippo controllava il cellulare dell’allora fidanzata, le faceva scenate di gelosia per questioni totalmente assurde, cercava di avere il controllo della sua vita e dopo la fine della relazione ha insistentemente cercato di mantenere un rapporto con la ventiduenne facendo leva sul ricatto emotivo della sofferenza. Dall’altra parte, il padre di Filippo Turetta, probabilmente scioccato al solo pensiero di dover fare i conti con una realtà crudele, ha spiegato che il ragazzo “era un po’ possessivo, ma non in modo patologico” e che era “geloso come lo sono i ragazzi a quell’età”, nulla di allarmante.

È sempre una faccia pulita

Filippo, lo studente universitario con la faccia pulita che mai avrebbe fatto male a una mosca, il bravo ragazzo insospettabile, si è invece rivelato un mostro. Inaspettatamente per molti, perché troppe persone credono che il mostro abbia una faccia ben precisa, che si possa riconoscere da lontano, che un ragazzo dalla faccia apparentemente pulita non possa trasformarsi in uno spietato assassino, nonostante gli atteggiamenti malsani lampanti.

Non è altro che un pregiudizio che nutriamo perché ci fa sentire più protetti, perché pensiamo che evitando quelli che sin dall’apparenza appaiono “cattivi” saremo per sempre salvi. Ma i mostri non hanno un aspetto fisico “standard”, ma degli atteggiamenti tossici sì. Ed sono proprio gli stessi atteggiamenti allarmanti notati da Elena, dal cugino di Giulia, dalla stessa Giulia, dalle amiche di Giulia e anche dal padre di Filippo.

La possessività

Atteggiamenti possessivi, di controllo, di prevaricazione, sminuenti, che però troppo spesso non vengono riconosciuti in tempo o addirittura vengono “derubricati” a ragazzate proprio dagli stessi tutori dell’ordine che dovrebbero raccogliere le denunce. “Ma è una litigata comune, davvero vuole rovinare la vita a una persona per questo?”. “Ma sta solo soffrendo, prima o poi gli passerà”. “Ma perché non lo blocca e basta?”. Queste sono solo alcune delle frasi che si sentono dire le donne quando provano a denunciare uomini prevaricatori. Soprattutto se quelli che vogliono denunciare hanno la faccia e il curriculum da classico bravo ragazzo. Quasi come fosse colpa delle donne se quel pover’uomo o ragazzo è momentaneamente impazzito “d’amore”.

Atteggiamenti di possessività che vengono sempre più spesso normalizzati e anzi incensati su social come TikTok, che pullula di video che mitizzano e promuovono la bellezza delle relazioni basate sul controllo tossico dell’altro: il controllo del cellulare, l’impedire all’altra persona di vestirsi come vuole, l’impedirle di avere amici e amiche, le scenate di gelosia come prova d’amore incontestabile. E centinaia, migliaia di commenti di approvazione festante: “Se non è così non lo/la voglio” “Se non è geloso/a non ci tiene”. Una mitizzazione che rende ancora più difficile cogliere quali siano i segnali di potenziale pericolo perché quando la gelosia e la possessività vengono normalizzate così, diventa difficile anche insegnare che tutto questo è in realtà l’esatto opposto dell’amore.

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