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Domenica, 28 Aprile 2024

L'analisi

Luca Romano

Divulgatore Scientifico

La conferenza sul clima è fallita, resta solo la "zona blu"

Rientrato ieri sera da Dubai, è difficile fare un bilancio di questa COP28 e delle decisioni che sono state prese. Sebbene per il nucleare sia stato sicuramente un summit molto positivo, la realtà è che la sfida globale si preannuncia molto più difficile di come viene presentata, sia per ragioni geopolitiche che per ragioni prettamente tecniche.

In un panel al Net Zero Nuclear Summit, che si è tenuto parallelamente alla COP nei giorni 7-8 dicembre, un presentatore ha cercato di mostrare l'entità della sfida facendo l'esempio dell'acciaio: le proiezioni vedono la domanda di questo materiale importantissimo crescere entro il 2050 fino a 2,5 miliardi di tonnellate/anno (oggi è a 1,8 miliardi). Il processo di fabbricazione dell'acciaio richiede innanzitutto la riduzione dell'ossido di Ferro, che si può fare o attraverso il Carbonio (producendo CO2) o attraverso l'idrogeno (producendo vapore acqueo, ma serve idrogeno pulito); nella fase successiva serve calore ad altissima temperatura, che si può ottenere in un altoforno (di nuovo, producendo CO2) o in un forno ad arco elettrico (ma serve elettricità pulita).

Solo per decarbonizzare l'intera produzione mondiale di acciaio entro il 2050 al mondo servirebbero quasi 900 reattori nucleari da 1 GW, o, in alternativa, una superficie pari al doppio della Sardegna interamente ricoperta di pannelli solari (più relativi accumuli). Se la produzione mondiale di acciaio fosse uno Stato, sarebbe il secondo al mondo per consumo energetico, dietro alla Cina e davanti agli USA.

Il mondo con 3 gradi in più

Capite anche voi che questi numeri fanno realmente paura. In effetti, la prospettiva di restare sotto la soglia di 1,5° C è ampiamente sfumata, e oggi anche i 2° C sembrano poco realistici: supponendo che tutti gli impegni presi vengano rispettati (ed è un "se" non da poco) oggi siamo diretti verso un +3,2° C di riscaldamento globale - un numero per il quale è molto difficile fare previsioni sull'evoluzione degli ecosistemi e dei fenomeni atmosferici. La probabilità che si tratti di un disastro è molto alta.

A questo si aggiunge il fatto che mai come oggi l'industria petrolifera globale sembra volersi mettere di traverso alla transizione energetica, e lo si è visto bene con la lettera dell'OPEC ai paesi membri, invitati dai leader dell'organizzazione a ostacolare la fuoriuscita dalle fonti fossili in ogni modo. E nondimeno, con questi paesi occorre negoziare, perché il fatto che abbiano in mano il mercato delle fonti energetiche più flessibili ed economiche fa sì che bene o male possano dettare l'andamento della transizione nei paesi emergenti: se ci chiudiamo nel nostro castello e non troviamo il modo di far salire i petrolieri a bordo, metà del mondo continuerà ad andare avanti con le fonti fossili - anche per questo ho detto in un panel che è un dovere morale dell'Occidente fare gli investimenti necessari per rendere le tecnologie pulite economicamente interessanti anche per i paesi emergenti.

Dall'altra parte, se i paesi petroliferi iniziano ad avere paura, è perché per la prima volta dopo moltissimi anni, il nucleare alla COP28 è stato un argomento ampiamente dibattuto: per la prima volta sono stati stabiliti degli obiettivi riguardanti le tecnologie nucleari, con 24 paesi che hanno firmato un impegno a triplicare la potenza installata nel mondo (tra questi USA, UK, Francia e Corea del Sud, ma anche Marocco, Mongolia, Ghana ed Emirati Arabi) e altri che, pur non volendosi impegnare con la comunità internazionale, hanno piani energetici che includono grossi aumenti di nucleare (India, Cina e Russia). Durante le settimane della COP, la Polonia ha annunciato l'approvazione di 6 nuovi siti per costruire un totale di 24 SMR (GE-Hitachi BWRX-300), che quindi passano da "proposti" a "programmati", mentre in Germania il principale partito di opposizione, la CDU, ha inserito il ritorno al nucleare nel suo programma politico e in Australia il ministro-ombra dell'ambiente ha dichiarato che, in caso di vittoria alle elezioni dell'anno prossimo, l'Australia firmerà l'impegno a triplicare il nucleare nel mondo e abolirà la moratoria sulla costruzione di reattori nel paese.

Un altro annuncio relativo al nucleare che è stato fatto dai delegati ministeriali di USA, UK, Canada, Giappone e Francia è l'inizio di una cooperazione per stabilire una catena di approvvigionamento interamente occidentalizzata dell'Uranio, assicurando così totale indipendenza dalla Russia e da eventuali altri fornitori "problematici". Tutto questo, ovviamente, non è ancora minimamente sufficiente, e ci sono molti punti della COP28 che lasciano molto amaro in bocca.

L'inadeguatezza di Meloni e Fratin

Tra questi, sicuramente spicca la totale inadeguatezza del nostro paese di fronte a questa sfida: il primo ministro Giorgia Meloni è venuta a parlare a Dubai, ma non è riuscita ad andare molto oltre il suo argomento preferito, ovvero il cibo. Il ministro Pichetto Fratin invece ha dichiaratoi che sì, lui e il governo sono favorevoli al nucleare, ma non intendono costruire nuove centrali: sperano che in futuro siano gli imprenditori a dotarsi di reattori di piccola taglia per alimentare i distretti industriali off-grid, il che andrebbe benissimo, se nel frattempo la rete elettrica nazionale non continuasse a viaggiare per il 45% a gas e per il 15% con elettricità importata. Un altra cosa che è tremendamente irritante è la quantità oscena di greenwashing che è possibile trovare in giro.

Le truffe del rinnovabile

Al netto del focus sulla cattura della CO2, di cui comprensibilmente parlano tutti - siamo in un paese petrolifero che non vuole rinunciare al suo business - mi sono dovuto sorbire dei panel che parlavano di fusione nucleare come tecnologia disponibile per la transizione (poi, di fronte a domanda ben precisa, il relatore ha ritrattato e ha ammesso che, anche se tutto va per il meglio, la tecnologia non sarebbe disponibile per la produzione in scala prima del 2050), degli stand dedicati al "carbone verde", all' "acqua rinnovabile" e, ciliegina sulla torta, al "generatore smart a intelligenza artificiale" - una specie di macchina del moto perpetuo gentilmente presentata da un manipolo di truffatori. Infine, un ultimo dettaglio rilevante è il fatto che, mentre noi in Occidente continuiamo a parlare soprattutto di riduzione delle emissioni, per tutto il resto del mondo ad essere prioritario è soprattutto il tema dell'adattamento ai cambiamenti climatici. Ovviamente servono entrambe le cose, ma trovo significativo che da noi si scelga di omettere una parte del discorso per paura che renda l'altra meno rilevante.

Un dato interessante di questa COP28 è che, a causa della legge degli Emirati Arabi che impedisce le manifestazioni di protesta, gli attivisti sono stati molto poco presenti - il che non è necessariamente un male: in 8 giorni ci siamo imbattuti in ben due tizi con le spillette "nucleare? no grazie", entrambi con più di 60 anni - ma probabilmente restituisce una dinamica differente dalle COP passate e da quelle future. Cosa succederà in futuro? Difficile a dirsi. Se guardo ai freddi numeri delle emissioni e degli impegni presi dai vari paesi e se guardo allo stato delle tecnologie che dovrebbero portarci verso il futuro sostenibile, mi viene da essere pessimista.

D'altra parte, due anni fa, alla COP26 di Glasgow, il nucleare nei negoziati non è stato nemmeno menzionato, e gli attivisti pro-nucleare erano stati aggrediti dalle truppe cammellate di Greenpeace&Co.: oggi il nucleare ha i suoi spazi nella zona blu, le aziende nucleari parlano coi leader politici e organizzano panel e presentazioni, e l'impegno globale a triplicare la capacità nucleare è stato sottoscritto da paesi che rappresentano poco meno di metà del PIL mondiale. Certamente non è abbastanza, ma la crescita del consenso e dell'attenzione sul tema è impressionante: se saremo in grado di mantenere il trend, non è escluso che gli anni '30 e '40 possano davvero portarci a quella crescita atomica di cui abbiamo bisogno.

Sperando che nel frattempo anche l'Italia si sia ripigliata dal suo sonno antimoderno e antitecnologico.

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