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Domenica, 28 Aprile 2024

Il retroscena

Fabrizio Gatti

Direttore editoriale per gli approfondimenti

Strage all'università, il nostro terrorista armato dalla politica

David Kozak, 24 anni, invece di pensare alla vita, progettava la morte di tante persone. E, dopo aver ucciso il padre, ci è riuscito: 14 innocenti ammazzati come in un videogioco, 9 feriti gravi, più altri turisti e studenti colpiti tra i viali e i corridoi dell'università di Praga. Quindi la pallottola che lo ha fermato. Ora immaginiamo che invece di quel fucile da assalto, con cavalletto, monocolo, caricatore lungo, David Kozak avesse avuto a disposizione soltanto un coltello da cucina. Un coltello con una semplice lama, come quelli che usiamo nelle nostre case. Forse avrebbe ucciso il padre. Forse avrebbe aggredito qualche studente. Ma non ci troveremmo di fronte all'ennesima strage provocata da un fucile automatico. Qualcuno ha armato la sua mente paranoica. E quel qualcuno è lo Stato: se è vero, come risulta dai primi accertamenti, che questo terrorista della porta accanto possedeva diverse armi legalmente.

Non a caso la tragedia avviene nella Repubblica Ceca, il Paese europeo dove è molto facile per i cittadini comprare armi e portarle in pubblico. L'idea è che la libera circolazione di pistole, mitragliette e fucili protegga le persone dal crimine. Il modello ceco è perfino presentato come traguardo di riferimento dalle lobby delle armi che scorrazzano per i corridoi dell'Unione Europea, nel tentativo di far approvare norme più permissive. Che gli organi di sicurezza di uno Stato siano armati, dalla polizia locale ai corpi della Difesa, è una garanzia per la libertà di tutti i cittadini. Ed è normale che i rappresentanti dei produttori agiscano affinché gli Stati aggiornino le loro dotazioni.

Pistole e armi d'assalto in vendita a Praga (foto Wikipedia)

Ma se estendiamo questo potere ai singoli abitanti, aumentiamo il rischio che non tutti siano all'altezza del ruolo. I politici che hanno approvato la libera circolazione di armi, o cercano di farla approvare nei Paesi dov'è ancora vietata (come accade in Italia), non possono infatti garantire che tutti i detentori siano equilibrati e sani di mente. E che lo siano sempre, anche negli anni futuri. Le vittime di David Kozak dimostrano che i controlli, se mai esistessero, non fermano abusi, omicidi e stragi.

La scorsa estate da Bruxelles, Alessia Capasso aveva raccontato su Today.it l'attività di Firearms United, una delle lobby più attive. I loro modelli sono, guarda caso, la Repubblica Ceca e gli Stati Uniti. Oltre a quest'ultima strage a Praga, i precedenti americani dovrebbero scongiurare ogni idea di giustizia basata sulla diffusione di armi tra la popolazione. Nei sette anni tra il 2015 e il 2022, negli Usa 19 mila persone sono state colpite, ferite o uccise, in una sparatoria di massa: cioè durante un attacco deliberato, non una reazione per legittima difesa. E soltanto nel 2021 le vittime di armi da fuoco sono state 48.830 (dati dell'associazione Everytown).

La lobby che spinge per avere più armi - di Alessia Capasso

Questa immensa strage non ha ovviamente ridotto il crimine negli Stati Uniti. Ha semplicemente aumentato il rischio di essere uccisi. A scuola, nelle università, durante lo shopping. Come era già accaduto nella Repubblica Ceca. Città di Uhersky Brod, 2015: il cliente di un ristorante spara contro sette uomini e una donna, tutti morti, poi si uccide. Ostrava, 2019: un uomo ammazza sette persone nella sala d'attesa di un ospedale. I cittadini cechi armati sono oggi oltre 307 mila, su 10 milioni di abitanti. Posseggono più di 900 mila armi da fuoco. E uno di loro ha appena offerto altre vittime alla politica della giustizia fai da te.

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