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Domenica, 28 Aprile 2024

Roberta Marchetti

Giornalista

Cara Laura Pausini, l'antifascismo non è una questione politica

"È una questione politica, 'na grande presa per culo" cantava Antonello Venditti nel 1995, iniziando a degustare il "frutto amaro" dato in pasto agli italiani, secondo lui, con la discesa in campo di Silvio Berlusconi. Una frase che quasi trent'anni dopo, letta davanti a schieramenti sempre meno definiti e alleanze improbabili, non ha casacche. Come non dovrebbe averne, ormai in un 2022 arrivato quasi agli sgoccioli, l'antifascismo. Il condizionale diventa tristemente d'obbligo dopo il 'no' di Laura Pausini alla richiesta di canticchiare 'Bella ciao' in un programma sulla tv spagnola, un gesto che voleva essere apolitico, a detta della cantante, su cui invece destra e sinistra - al fotofinish della campagna elettorale - si accapigliano, provando ad accaparrarsi l'ultima manciata di voti che non guasta. 

"Non voglio che nessuno mi usi per propaganda politica" ha chiarito la Pausini, commettendo il primo grande errore. Qualche ora dopo ecco puntuali sui social le parole di stima da parte di Matteo Salvini, pronto a raccogliere l'accidentale endorsement per sfoggiarlo come medaglia sul petto al posto delle felpe con il nome delle città, e via libera alle urla di giubilo dei nostalgici del ventennio nero mascherati - più o meno - nella vita di tutti i giorni da moderati, ma traditi da rigurgiti fascisti al primo tuffo nel passato. 

Se dunque Laura Pausini con questa mossa voleva schivare qualsiasi tipo di strumentalizzazione - oppure, più semplicemente, non schierarsi politicamente per evitare di deludere qualcuno tra i suoi fan (con il pubblico funziona esattamente come per gli elettori) - è evidente che non ci è riuscita. E il risultato, mi permetto, era anche abbastanza scontato. C'è un altro 'passo falso', però, silenzioso ma che alla fine della fiera fa più rumore di una canzone non cantata. Laura Pausini, in realtà, da che parte sta lo mostra da anni e lo fa schierandosi in prima linea nelle battaglie per i diritti civili. Da sempre sostenitrice della comunità Lgbt, i suoi appelli su legge Zan,  matrimonio egualitario e adozioni gay - per citare i più gettonati tra concerti e ospitate tv - sono prese di posizione chiare. I diritti civili non hanno colore? Facile a dirsi e così dovrebbe essere, ma basta dare uno sguardo ai programmi elettorali di destra e di sinistra - e agli scontri infuocati dei vari leader sul tema - per trovarsi davanti a uno spartiacque evidente. Insomma, con questi presupposti è difficile immaginare Laura Pausini perplessa nella cabina elettorale, indecisa se mettere una croce su Salvini o Giorgia Meloni, e non è certo una strofa di 'Bella ciao' - cantata da chiunque abbia visto almeno una stagione della Casa di Carta (molto probabilmente elettori di destra compresi) - a fare la differenza. 

C'è poi la cantonata peggiore, ma qui la colpa è collettiva, ed è quella di considerare 'Bella ciao' una canzone politica, appannaggio totale della sinistra più radicale (e sempre meno radicata). La canzone da sbandierare alla Festa dell'Unità, da gridare al concerto del Primo Maggio, possibilmente col pugno chiuso ben alzato, quella da cantare tra "compagni". Errore. 'Bella ciao' è di tutti gli italiani liberi. Il resto è una questione politica, appunto. 

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