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Lunedì, 29 Aprile 2024

Stefano Pagliarini

Responsabile redazione

Ci dimentichiamo sempre di una piccola cosa: chi è la vittima

Di recente, due sentenze giudiziarie hanno fatto molto discutere. La prima è quella con cui il tribunale di Roma ha assolto un bidello che aveva infilato la mano nei pantaloni di un'alunna. La seconda è quella con cui è stato esentato dall'ergastolo l'assassino di Carol Maltesi, la 26enne massacrata e fatta a pezzi perché voleva tornare a Verona per vivere vicino al figlio piccolo.

Nel primo processo l'assoluzione è arrivata perché il giudice ha messo in dubbio l'elemento soggettivo (cioè il dolo), quindi la volontarietà di violare la libertà sessuale della ragazza, "considerato proprio la natura di sfioramento dei glutei, per un tempo sicuramente minimo, posto che l'intera azione si concentra in una manciata di secondi, senza alcun indugio nel toccamento" si legge nella sentenza. Nel secondo caso, per i giudici, "lei era giovane e disinibita, lui innamorato perdutamente" e lei "si stava allontanando da lui, scaricandolo".

È giusto che queste sentenze facciano imbestialire e provochino una reazione forte che va dalla rabbia alla provocazione. Nel primo caso perché abbiamo un giudice che dubita della volontarietà di violare una ragazza sulla base di un tempo giudicato da lui "minimo"; nel secondo perché la toga, al solito, fa passare lui come un povero innamorato e lei come la femme fatale capace di provocare ogni istinto più basso, quasi disumano.

I giudici non parlano delle vittime

Ma la cosa peggiore è un'altra ed è il minimo comun denominatore di questi decreti: in entrambi i giudici non fanno il minimo cenno alle due vittime della violenza. Non vengono presi mai in considerazione i sentimenti o le posizioni delle due donne, finite nelle mani di due uomini che hanno pensato di poter disporre del loro corpo. Nella violenza di Roma si cronometrano i secondi in cui la mano del bidello è stata poggiata sulle natiche della studentessa; si parla di natura di sfioramento per dimostrare come manchi "l'indugio nel toccare"; e poi si legge che "appare verosimile che lo sfioramento dei glutei sia stato causato da una manovra maldestra dell'imputato che […] potrebbe avere accidentalmente e fortuitamente attivato un movimento ulteriore e non confacente all'intento iniziale"; infine viene anche rimarcato come, dopo il fatto contestato, il bidello "la seguiva e le diceva "amo lo sai che io scherzavo". E di quello che ha provato lei? Di come lei abbia vissuto quell'azione "maldestra"? Nulla.

Nel delitto di Carol Maltesi, lui appare quasi come una vittima di lei. Per il Tribunale di Busto Arsizio, "l'idea di perdere i contatti stabili con colei che egli, per sua stessa ammissione e secondo l'amica testimone, amava perdutamente, da cui sostanzialmente dipendeva poiché gli aveva permesso di vincere la sostanziale solitudine in cui si consumava in precedenza e di vivere in modo finalmente diverso e gratificante, si è rivelata insopportabile". E anche qui, di lei, della donna, della madre che era Carol, nulla.

In queste due sentenze la cosa che più di ogni altra ci dovrebbe far riflettere (e imbestialire) è la totale assenza di considerazione per le donne, per le vittime. È forse l'elemento più pericoloso perché in linea con la totale assenza di cura per i bisogni delle donne di cui è pervasa la nostra società. L'uomo è al centro. Tutto il resto ruota intorno a lui. Per cui, ogni volta che una donna protesta, l'uomo cerca di zittirla biasimandola per una presunta esagerazione. "E che sarà mai? Non è mai morto nessuno per un fischio o un buffetto".

Non ci interessa metterci nei panni delle donne

Eppure esistano donne traumatizzate per un buffetto lì dove non si dovrebbe; donne che hanno il terrore di salire sui mezzi pubblici per le molestie subite; donne che odiano il proprio corpo perché troppe volte oggetto di attenzioni non richieste; donne spaventate e in lacrime per un fischio o un cat-calling, capace di ricordare loro un passato di dolore. Non ci pensiamo mai perché non siamo abituati a pensare alle donne e a metterci nei loro panni. Non ci interessa e, a quanto pare, non interessa nemmeno alcuni giudici.

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