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Domenica, 28 Aprile 2024

Chiara Tadini

Responsabile redazione

Il rischio di abituarsi alla violenza: donne, continuiamo a stupirci e a ribellarci

Oggi si celebra la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne. Se da un lato è fondamentale che sia stata istituita una giornata dedicata a questo enorme problema che affligge la nostra società, dall'altro è scoraggiante che ce ne sia bisogno. In un mondo ideale - anzi, meglio dire 'normale' -, questo giorno non dovrebbe essere necessario. Eppure, nel nostro mondo imperfetto e violento, ne abbiamo tanto, troppo bisogno.

Ne abbiamo bisogno perché, secondo i dati del Viminale, a 2023 non ancora finito in Italia si contano già 83 vittime di femminicidio. Quasi una ogni quattro giorni. Ma l'assassinio è solo la "punta dell'iceberg" del problema, per quanto ne rappresenti sicuramente la parte più grave e irreversibile. La parte nascosta, quella che sta sott'acqua, è infinitamente più grande e impossibile da quantificare. È quella parte fatta di violenze verbali, fisiche, psicologiche, maltrattamenti, minacce, aggressioni, intimidazioni, ricatti, molestie, abusi e soprusi di ogni genere.

Quante donne, nell'ultimo anno, sono state vittime di una qualsiasi forma di violenza da parte di un uomo? Dare una cifra, anche approssimativa, è impossibile. Innanzitutto perché ancora il tema non viene studiato e analizzato abbastanza, per cui non abbiamo a disposizione dei dati veri e propri. Ma soprattutto perché è un tipo di violenza spesso subdola e alla quale, purtroppo, molte donne si sono ormai "abituate". Perché qualcuno, probabilmente gli stessi uomini che praticano quella violenza, le ha convinte che è normale, che non c'è niente di strano. Che è solo "troppo amore". E allora quella violenza non può essere rilevata da sondaggi e statistiche. Perché le donne si sono arrese e non denunciano più.

La violenza intorno a noi

E lo dico senza bisogno di immaginare troppo, ma semplicemente guardandomi attorno. Guardando alle mie amicizie, ai racconti di ragazze che conosco direttamente o indirettamente. Qualche sera fa ero a cena con due amiche e stavamo parlando del drammatico femminicidio di Giulia Cecchettin. Da lì si è intavolata una discussione sulle "red flag", quei segnali a cui prestare attenzione in una relazione. E una delle due inizia a raccontare di questa amica il cui marito, una sera, l'ha costretta a cambiarsi prima di uscire. La sua colpa? Avere indossato una gonna "troppo corta", a detta dell'uomo. E lei cosa ha fatto? È tornata in camera e si è cambiata.

L'altra amica racconta poi che da poco ha iniziato a uscire con un ragazzo. "Gli ho spiegato che a letto certe cose non mi piacciono". Risultato? L'uomo, alla prima occasione, ha messo in pratica proprio quei comportamenti che la mia amica si era raccomandata di evitare. Condendo il tutto, durante una discussione, con frasi tossiche del tipo "Sei come tutte le altre".

Eppure le capisco. Perché smascherare il "lupo" non è facile, anche perché spesso il lupo non ha denti lunghi e orecchie pelose, ma indossa una maschera da "agnellino". Ricordo benissimo di un collega con il quale lavoravo anni fa. Eravamo diventati molto amici, sembrava una persona educata, simpatica, rispettosa insomma. Una persona della quale mai avrei potuto pensare male. E invece qualche anno dopo, parlando con due diverse sue ex fidanzate, scoprii che era solito picchiare entrambe. Che le costringeva a praticare certi comportamenti e a evitarne altri. Rimasi sconvolta.

Mai abituarsi

Ed è giusto rimanere sconvolte. Continuiamo a condividere tra di noi le nostre esperienze tossiche e continuiamo a stupirci, a scioccarci, a indignarci. Perché l'alternativa, appunto, è quella di abituarsi alla violenza. Abituarsi a essere vittima. E abituarsi a non parlarne più, a non denunciare più, a subire tutto a testa bassa. Ed è proprio quello che vogliono quegli uomini contro i quali, invece, dobbiamo combattere e ribellarci. Per noi stesse e per tutte le altre donne.

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