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Venerdì, 26 Aprile 2024
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L’Italia che (non) cambia: il rapporto Ispra sugli stabilimenti a rischio di incidente rilevante

In Italia 1.142 stabilimenti a rischio incidente. 756 comuni italiani ospitano sul loro territorio potenziali bombe ambientali

L’Ispra diffonde la Mappatura dei pericoli di incidente rilevante in Italia. Sono 1.142 gli stabilimenti pericolosi, la metà dei quali concentrata nelle regioni più produttive del nostro Paese nell’ordine Lombardia, Veneto, Piemonte ed Emilia Romagna.
756 sono invece i comuni che ospitano sul proprio territorio almeno uno stabilimento a rischio (il 9% dei comuni italiani) con Ravenna capofila con ben 26 stabilimenti.
A livello provinciale, con l’eccezione di Macerata, non c’è realtà che non contribuisca alla mappatura dell’ispra con le province di Milano, Bergamo e Brescia sul podio. Altro primato lo detiene la provincia di Monza Brianza dove troviamo la più alta concentrazione di stabilimenti a rischio, uno ogni 21 Km3.  Gli stabilimenti pericolosi ovviamente aumentano in presenza dei poli petrolchimici come ad esempio Trecate (Novara), Ravenna e Porto Marghera (Venezia).


A trasformare uno stabilimento industriale in uno stabilimento RIR (a Rischio di Incidente Rilevante) è la detenzione o l’utilizzo di grandi quantità di sostanze classificabili come tossiche, infiammabili, esplosive, comburenti o pericolose per l’ambiente. Queste sostanze possono infatti essere causa di incidenti che, nell’immediato o a medio - lungo periodo, possono costituire una minaccia importante per l’uomo e per l’ambiente a seguito di incendi, esplosioni o emissione/diffusione di sostanze tossiche.

Negli ultimi 5 anni il numero di impianti pericolosi è rimasto sostanzialmente inalterato, anche se all’interno della distribuzione geografica dei RIR si possono trovare delle variazioni; a “comportarsi meglio” diminuendo gli impianti pericolosi sul territorio Lazio, Campania, Sicilia e Sardegna.  

L’Ispra fa tuttavia notare come  tali variazioni siano solo in parte riconducibili ad effettive modifiche del tessuto industriale (ristrutturazioni aziendali, riconversioni, etc); ad avere un maggior effetto infatti sono le modifiche alla normativa che nel tempo hanno cambiato le soglie di tolleranza che discriminano circa l’assoggettamento (e quindi l’ingresso in questa mappatura) alla normativa conosciuta come “Seveso” dal nome della località in provincia di Monza che nel 1976 fu investita da una nube di diossina fuoriuscita dall’azienda ICMESA del vicino comune di Meda causando l’intossicazione di circa 240 persone .

Il caso Seveso, assieme ad altri incidenti similari che investirono l’Europa nella metà degli anni ’70 servì a far comprendere la necessità di sottoporre a normative più stringenti gli impianti potenzialmente pericolosi estendendo le tutele nei confronti dei lavoratori degli stabilimenti alla tutela delle popolazioni e dell’ambiente nella sua totalità. Lo scopo delle direttive “Seveso” e dei loro recepimenti nazionali è quello di individuare, sulla base delle quantità di sostanze pericolose presenti, le industrie potenzialmente pericolose e di fissare azioni, misure e controlli grazie ai quali si cerca di prevenire un incidente rilevante, ovvero di ridurne gli effetti in modo che le conseguenze possano avere impatti limitati.

Sempre che tutto si svolga nel rispetto delle regole….

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