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Venerdì, 26 Aprile 2024
La storia / Stati Uniti d'America

L’uomo che ha salvato la vita ad un premio Nobel, senza saperlo

Nel 1938 un venditore di vernici del New Jersey fece una scelta di altruismo puro: aiutare una famiglia in fuga dai nazisti, con la promessa di non essere mai contattato. Non poteva sapere che tra le persone salvate c’era un bimbo di nome Arno Penzias, che qualche anno più tardi sarebbe divenuto uno dei fisici più importanti al mondo

Cosa fareste se uno sconosciuto, nel cuore della notte, venisse a bussare alla vostra porta, chiedendovi di sostenere economicamente una famiglia di immigrati in fuga dalla guerra, che non avreste mai incontrato e che ancora non era arrivata nel vostro paese? Una proposta complicata da accettare per chiunque, ma non per Barnet Yudin, un ebreo russo-americano che nel 1938 si è trovato di fronte ad una scelta: aiutare una famiglia di sconosciuti a fuggire dai nazisti o no.

Alla vigilia della seconda guerra mondiale, un immigrato tedesco di 28 anni, Leo Gelbart, bussava freneticamente ad ogni porta di Belleville, nel New Jersey (Stati Uniti), chiedendo ai membri della comunità ebraica di aiutare una famiglia nel difficile viaggio dalla Germania al Nord America. "Questa famiglia ha bisogno di andare via dalla Germania - spiegava il giovane a chiunque aprisse la porta, mostrando una loro fotografia - io non ho abbastanza soldi per aiutarli, tu puoi?".

La scelta di salvare una famiglia sconosciuta

In quello scatto, rovinato e ingiallito, c'erano Karl Penzias e sua moglie Justine Eisenreich, insieme ai loro due figli Arno e Guenther, di sei e quattro anni. Il regime nazista di Adolf Hitler aveva già iniziato a perseguitare e rastrellare gli ebrei, così la famiglia Penzias aveva un’unica possibilità per sfuggire ai campi di concentramento: scappare negli Stati Uniti. Ma in quel particolare momento storico compiere quel viaggio non era certo semplice. Per emigrare in America servivano diversi documenti: Gelbart si sarebbe spacciato per un cugino di Karl Penzias, ma per completare l’iter era necessario qualcuno con una disponibilità economica da poter ricoprire il ruolo di "sponsor" della famiglia, garantendo il sostegno economico totale ai Penzias fino a quando non sarebbero diventati autosufficienti.

Quella notte del 1938 il 52enne Barnet Yudin, che all'epoca era proprietario di un negozio di vernici, ha detto "sì", nonostante questo non comportasse una semplice donazione. Il commerciante ha dovuto firmare una dichiarazione di sostegno alla famiglia, in cui affermava che avrebbe provveduto a loro, fornendo informazioni bancarie sul suo patrimonio, sulle entrate mensili e la documentazione per aiutare i Penzias ad ottenere i visti di immigrazione. Il tutto in cambio di una promessa: nessuno lo avrebbe mai contattato. Una risposta affermativa, forse inaspettata, che avrebbe avuto un impatto incredibile su una delle scoperte scientifiche più importanti della storia. 

Arno Penzias, premio Nobel per la Fisica nel 1978

Infatti, uno dei due figli di Karl Penzias non è altro che Arno Allan Penzias, vincitore del premio Nobel per la Fisica nel 1978 per la scoperta della radiazione cosmica di fondo, un misterioso "rumore’", residuo di un'esplosione avvenuta circa 15 miliardi di anni fa e che avrebbe dato luogo alla nascita dell'universo. Una radiazione che viene ritenuta una delle principali "prove" del Big Bang. Ma il cammino per diventare un fisico di fama mondiale di Penzias, che oggi ha 89 anni, è stato pieno di ostacoli. Un destino che probabilmente non si sarebbe compiuto senza la generosità di quel commerciante di vernici. Nato a Monaco di Baviera nel 1933, quando Hitler stava salendo al potere, nel 1938 Arno e la sua famiglia vennero costretti, insieme ad altri ebrei, a salire su un treno per la Polonia, diretto verso un campo di concentramento. A causa di un ritardo, i loro passaporti non sono risultati validi al confine polacco: in questo modo hanno potuto fare ritorno in Germania, per poi tentare la fuga Oltreoceano. 

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Dopo aver preso accordi con l'America, la famiglia Penzias è stata costretta a dividersi, con i due bambini "volati" in Inghilterra per prendere parte al Kindertransport, un’iniziativa portata avanti dal 1938 al 1940 dal Regno Unito, e che ha permesso di salvare oltre 10mila bambini dallo sterminio nazista. Dopo diversi affidi presso famiglie inglesi Arno e Guenther sono riusciti a riunirsi con i genitori Karl e Justine, che nel frattempo avevano reperito le carte necessaria per approdare negli States. Il 3 gennaio del 1940, dopo un viaggio attraverso l'Atlantico in cui hanno dovuto evitare uragani e sottomarini tedeschi, la famiglia Penzias (visibile nelle foto d’epoca di Richard Barnes di National Geographic) mette piede sul suolo americano e inizia una nuova vita.

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(L'antenna dei Bell Laboratories, in New Jersey)

La coppia riesce a stabilirsi nel Bronx, mentre i piccoli iniziano la scuola e imparano l'inglese. Arno mostra subito di avere una mente fuori dal comune: dopo essersi diplomato alla Brooklyn Technical High School e al City College, presta servizio nella US Army Signal Corps (i corpi di comunicazione dell’esercito americano ndr.) e consegue un dottorato di ricerca in Fisica alla Columbia University. La svolta arriva negli anni ’60, quando Arno Penzias inizia a lavorare nei Bell Laboratories insieme al suo collega Robert Wilson. Il lavoro congiunto con il fisico statunitense porta alla scoperta della radiazione cosmica di fondo, ipotizzata negli anni ’40 dall’astrofisico George Gamow, e considerata la più importante delle prove sperimentali a sostegno delle teorie cosmologiche che prevedono il Big Bang. Una scoperta che nel 1978 valse il premio Nobel per la Fisica per Wilson e per Penzias, che in una lettera di ringraziamento ai complimenti espressi dall’allora presidente Jimmy Carter, aveva espresso parole di ringraziamento nei confronti di un Paese che lo aveva accolto 39 anni prima, quando era un bimbo in fuga dai nazisti senza un soldo in tasca, per poi permettergli di realizzare i suoi sogni in libertà. 

Il contatto tra le famiglie 

Eppure, Arno e la sua famiglia non avevano mai potuto ringraziare quell'uomo misterioso, quel benefattore ignoto che aveva firmato la dichiarazione di sostegno ai Penzias e aveva mantenuto la sua parola, dando loro una seconda possibilità, una seconda vita lontano dall’orrore. I dati e i dettagli riguardanti Barnet Yudin erano sempre rimasti un mistero, almeno fino al 2012, quando David Penzias, il figlio di Arno, non ha trovato una busta con alcune vecchie carte, tra cui c’era proprio una copia della dichiarazione firmata dal un certo Barnet Yudin. E non solo, tra le scartoffie vi erano anche i documenti con tutte le informazioni bancarie del benefattore, comprese le entrate settimanali, il saldo dell’estratto conto bancario e gli attestati di proprietà del negozio di vernici e di un edificio in New Jersey. 

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(Il fisico Arno Penzias)

Finalmente, dopo così tanto tempo, quell’uomo che aveva aiutato la sua famiglia senza aver alcun legame diretoa aveva un nome ed un cognome. I familiari di Arno hanno così iniziato una ricerca che, come raccontato da National Geographic, di recente ha portato i suoi frutti. David Penzias è riuscito a rintracciare Robert, il nipote di Barnet Yudin, facendo però una terribile scoperta: Barnet Yudin era morto di cancro nel 1950. Un terribile destino toccato anche alla moglie e alla figlia, tanto che il nipote non ricordava di aver mai sentito parlare di una famiglia fuggita dalla Germania o di una dichiarazione giurata. Una volta visti i documenti originali, però, tutti i pezzi del puzzle sono andati al loro posto e ogni dubbio è svanito. Su richiesta di David le due famiglie hanno anche organizzato un incontro, in cui hanno condiviso ciambelle e ricordi, incentrati su una foto di Arno Penzias insieme ai suoi cinque figli e dieci nipoti. "Nessuno di noi sarebbe esistito se non fosse stato per Barnet Yudin", ha detto il figlio di Arno al magazine statunitense. 

Barnet Yudin, ritratto di un benefattore

Ma perché Yudin decise di aiutare una famiglia sconosciuta? Un gesto di incredibile altruismo che secondo chi lo ha conosciuto rispecchia in maniera fedele la persona umile e generosa che era, con un passato da immigrato, che forse gli ha permesso di comprendere più di chiunque altro cosa volesse dire essere costretti a scappare dalla persecuzione. Nato in Russia nel 1986, Barnet ha sempre avuto un desiderio: diventare medico. Dopo aver superato gli esami d’ammissione alla facoltà di Medicina, si vede negata l’ammissione per le sue origini ebree. Così nel 1906 decide di salpare alla volta degli Stati Uniti, dove inizia a vendere vernici con un semplice carretto. Un'attività che rivela subito fruttuosa, tanto da permettergli di acquistare un negozio, portato avanti con successo per diversi anni insieme alla moglie Anne.

"Sapeva cosa voleva dire essere rifiutato - ha spiegato Sydney Neuwirth, artista in pensione e nipote di Barnet Yudin, cresciuta in uno degli appartamenti costruito sopra al negozio di vernici del nonno - Ha sentito un legame con quella famiglia e quello era il suo modo di aiutare”. “Ha fatto quel che ha fatto perché era giusto - ha raccontato il pronipote Joe Yudin - Non ne ha parlato con nessuno. Questo era sicuramente il suo quadro generale di come dovrebbe essere l’umanità".

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(L'artista Sydney Neuwirth)

E allora la domanda si ripropone. Cosa fareste se uno sconosciuto bussasse alla vostra porta chiedendovi di aiutare economicamente una famiglia in fuga dalla guerra? Uno scenario verosimile anche oggi, mentre infuria il conflitto in Ucraina e migliaia di famiglie scappano dall’invasione russa. Di fronte ad una richiesta del genere, la maggior parte delle persone reagirebbe con scetticismo. Alcuni probabilmente neanche aprirebbero la porta e, tra chi non può e chi non vuole, quelli disposti a finanziare una famiglia in fuga dall’inferno si potrebbero contare sulle dita di una mano. E starebbero pure larghi.
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(20 marzo 2009 -I premi Nobel, (da sinistra) Thomas Schelling, Roald Hoffmann, Robert Mundell, John Nash, Arno Allan Penzias insieme all'allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e Piergiorgio Odifreddi, Direttore del Festival della Matematica - Foto Ansa)

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