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Sabato, 27 Aprile 2024
Infrastrutture digitali

La sfida sottomarina tra Usa, Europa e Cina per il controllo dei maxi cavi Internet

Già oggi, il grosso dei dati passa attraverso i fondali. Ma le autostrade del mare sono destinate a crescere esponenzialmente sotto la spinta dei giganti del web e degli interessi geopolitici

Tonnellate di informazioni viaggiano ogni giorno attraverso i fondali. E il traffico di dati è destinato a crescere esponenzialmente. Le reti sottomarine gestiscono infatti la maggior parte del traffico mondiale di dati e sono diventate essenziali per garantire ai servizi web e agli utenti il funzionamento fluido delle piattaforme. I 'padroni del vapore’ del web, a partire dai statunitensi di Google e Facebook, hanno investito miliardi di dollari nell’incremento della capacità di trasmissione dei dati e anche la Cina starebbe costruendo una propria rete. L'Europa sta cercando di inserirsi nella corsa: tra i progetti in pentola ci sono i maxi collegamenti con Giappone (via Alaska) e Brasile, mentre l'Italia guarda con interesse a Medusa, il cavo verso l'Africa.

Dove corrono i dati

Contrariamente a ciò che si pensa, i satelliti trasmettono solo l'1% dei dati Internet internazionali (principalmente per raggiungere località remote), mentre il restante sfrutta la connessione sottomarina. Secondo le informazioni raccolte da Telegeography (società che si occupa di ricerche di mercato sulle telecomunicazioni) e riportate da El Diario, sono circa 530 i cavi attivi o in fase di installazione, che coprono circa 1,3 milioni di chilometri di fondale marino. Bisogna però ricordare che "le cifre esatte variano, poiché le installazioni vengono costantemente messe in funzione o smantellate", ha spiegato la società.

New submarine cable to link Japan, Europe, through famed Northwest Passage  • The Register

Da quando è stato posizionato il primo cavo nel 1850 tra l'Irlanda e Terranova (in Canada), le installazioni sono aumentate, prima con l'uso del telefono e poi con Internet. I fili vengono sistemati da navi che, appositamente adattate per questo scopo, li trasportano e posizionano sul fondale. Per interrarli più vicino alla costa, dove attività come l'ancoraggio e la pesca potrebbero danneggiare le infrastrutture, si utilizza anche un aratro subacqueo. Se tradizionalmente i proprietari di queste installazioni erano gli operatori di telecomunicazioni, sia pubblici che privati, ora la loro importanza è tale che i giganti della tecnologia come Google, Meta, Microsoft e Amazon sono diventati i principali investitori nella costruzione di nuovi cavi.

I progetti europei

L'Europa, come dicevamo, sta cercando di non restare indietro nel controllo di questa rete di infrastrutture digitali e guarda in tutte le direzioni. Da un lato, c'è il Sud America, con il cavo EllaLink da 6mila chilometri tra Portogallo e Brasile. Uno dei progetti più ambiziosi è il cavo in fibra ottica, lungo 14mila chilometri, che collegherà la Scandinavia e l'Irlanda al Giappone, passando per Artico, Groenlandia, Canada e Alaska. Il cavo sarebbe il primo a collegare l'Europa e l'Asia senza passare per il Canale di Suez in Egitto, un punto critico per quanto riguarda le infrastrutture internet e il commercio internazionale, perché al centro di un'area geografica potenzialmente soggetta a instabilità politica. Il che dimostra, d'altra parte, come dietro questi maxi cavi ci siano anche strategie geopolitiche ben precise.

Il maxi cavo sottomarino tra Italia e Africa nella "via della seta" dell'Europa

Ne sa qualcosa l'Italia, che fa parte del progetto Medusa, adottato nel 2021 dall'Ue per aumentare la connettività digitale nel Mediterraneo e rispondere alla Nuova via della seta promossa dalla Cina, che mira a rafforzare la sua egemonia nell'Africa. Il progetto Medusa consiste nell’installazione di un cavo sottomarino in fibra ottica ad alta capacità, che dovrebbe collegare cinque Paesi europei del Mediterraneo (Cipro, Francia, Italia, Portogallo e Spagna) con quattro Paesi africani (Algeria, Egitto, Marocco e Tunisia). L’infrastruttura avrà una lunghezza totale di 7100 chilometri e comprenderà circa dodici stazioni di approdo, per un costo di investimento totale di 342 milioni di euro. 

I problemi da risolvere

In generale, trattandosi di tubi relativamente piccoli (circa 18-22 millimetri) protetti da silicone, plastica e materiali come l'acciaio o l'alluminio, i cavi non dovrebbero causare danni agli ecosistemi marini. Dopo alcuni iniziali problemi, come casi di balene rimaste impigliate nei fili, nel corso degli anni le aziende hanno sviluppato degli isolanti per prevenire incidenti simili e nel 2014 Google ha annunciato che le sue strutture sarebbero state rivestite di kevlar, un materiale utilizzato per prodotti come giacche impermeabili e attrezzature da sci.

Non mancano invece le complicazioni dovute ai grandi pescherecci, le ancore delle navi e, anche se in misura minore, fenomeni naturali come i terremoti: ogni anno, circa 100 cavi subiscono guasti di qualche tipo. Il fatto che noi utenti non ce ne rendiamo conto dipende dalla capacità delle aziende di diversificare la propria capacità di connessione tra più cavi sottomarini, in modo che le informazioni continuino a essere trasmesse nel caso in cui uno di questi non funzioni.

Solo in Antartide non esistono fibre ottiche sottomarine, anche se si sta pensando di creare un collegamento per consentire una migliore comunicazione ai ricercatori. Visto che questo riflette in parte la tendenza dell'uomo a occupare sempre più spazi naturali per le proprie attività, le autorità ambientali dovrebbero controllarne l'impatto. Secondo gli esperti che hanno studiato la questione, come la ricercatrice della New York University Nicole Starosielski, bisognerebbe anche promuovere il recupero di alcune di queste installazioni in modo che i loro materiali possano essere riciclati o riutilizzati.

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