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Sabato, 27 Aprile 2024
Animali

Arrivano i ladri di api, il racket degli alveari vale milioni di euro

Sottratte di sera da professionisti che ben conoscono il mestiere, le arnie vengono piazzate sul mercato nero per ricettarle con guadagni altissimi. Il timore è di avere a che fare con la criminalità organizzata

Avrebbe di che essere invidioso Bud Spencer, il ladro di cavalli più famoso del Vecchio West. In Piemonte, Lombardia ed Emilia Romagna i rapinatori di bestiame si danno alle arnie e in una sola stagione commettono 22.500 furti, per un danno stimato in 10 milioni di euro. Sprezzanti dei pungiglioni di ape regina e api operaie, i malviventi razziano gli alveari nelle tre Regioni che da sole fanno i tre quarti della produzione di miele italiano. Che è l’unico al mondo a poter vantare oltre 60 diverse varietà. Nemmeno ospitassimo, da soli, la metà di tutta la biodiversità vegetale europea. “Ma da anni - denuncia la Federazione Italiana Apicoltori - i furti si sono diffusi in tutta la Penisola e minano alle basi la nostra apicoltura, spezzando le gambe a chiunque abbia investito nell’allevamento delle api al fine di integrare il proprio reddito”. E non basta. Le modalità del furto e quelle della successiva ricettazione in un vero e proprio mercato nero parallelo, fanno supporre che ci sia lo zampino di clan mafiosi e criminalità organizzata. Un miele amaro, che quest’anno ha registrato l’annata peggiore dell’ultimo decennio a causa di un clima incompatibile con la vita delle api. Che in alcuni casi ha portato a morti diffuse per fame mentre in tutti gli altri, ha imposto la nutrizione di emergenza. 

A tentare di mettere un freno a un fenomeno che ormai va avanti da parecchi anni è la tecnologia. Tra gli apicoltori, che poi sono piccoli agricoltori con il grande merito di mantenere un ambiente rurale tutt’altro che intensivo, privo di pesticidi e compatibile con le esigenze degli impollinatori, è sempre più diffusa l’installazione di veri e propri antifurti con tracciamento GPS. Sistemi che recentemente, secondo i dati emanati dalla startup AntifurtoArnia, hanno permesso ad un apicoltore di Ferrara di recuperare le sue 45 arnie, finite nientemeno che a Parma. Valore 20mila euro, in un settore che conta per l’economia tricolore un giro d’affari di circa 70 milioni di euro. Vanta 74mila imprese e più di un milione e mezzo di alveari. “Sembra che i furti - prosegue la Federazione - siano compiuti da ladri professionisti che hanno dimestichezza con gli allevamenti di api ed hanno un modus operandi ben oliato: sopralluogo e successivo furto in ore serali. In media scompaiono 30-40 alveari per furto”. E se consideriamo che in alta stagione ogni arnia ospita 50mila esemplari, è presto fatto il conto di quanti animali vengono sottratti all’impollinazione e alla produzione di miele. “Gli alveari, proprio per la loro struttura, si rubano con facilità e sono facilmente ricettabili poiché manca la tracciabilità classica del prodotto, nonostante l’obbligo di iscrizione all’anagrafe apistica nazionale. E oltre al danno economico, c’è quello ambientale”. Solo le api domestiche e le api selvatiche insieme infatti, fanno il 70% dell’impollinazione di tutte le specie vegetali sul pianeta e garantiscono il 35% della produzione totale di cibo. Senza contare che “il racket degli alveari”, rivenduti a costi molto competitivi, inquina i pozzi di un mercato agricolo già in crisi su molti fronti. Ciliegina sulla torta, il cambiamento climatico. Una congiuntura che negli ultimi 8 anni ha lasciato per strada 10mila tonnellate di miele italiano.

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