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Venerdì, 26 Aprile 2024
L'intervista e il libro

"Cospito leader di nessuno": anarchici, chi sono e dove vanno

Pino Casamassima, giornalista, autore tv e scrittore, racconta le storie di veri anarchici in un libro. "Mettere Cospito al 41 bis è stato un errore". L'intervista

Da quando Alfredo Cospito è diventato un caso giudiziario e politico, si legge spesso indicare il 55enne in carcere al 41 bis, che potrebbe evitare l'ergastolo, come "leader degli anarchici italiani". Una definizione più che fuorviante, un errore storico. A spiegare il perché, facendo chiarezza sul mondo anarchico, è Pino Casamassima, giornalista, autore tv per "La storia siamo noi" e scrittore. Casamassima è autore del libro "Anarchici", edito Diarkos, che racconta le storie di veri anarchici che hanno fatto la storia d'Italia e d'Europa. Direttamente a Today fa luce su un mondo sconosciuto ai più e lo fa partendo dall'esperienza di giovane militante politico. 

Alfredo Cospito, perché l'anarchico può evitare l'ergastolo

Casamassima il tuo libro è un pezzo di storia ma tu non sei stato solo uno studioso giusto?
"Sono stato un attivista dal '72 al '76 nel Partito comunista. Poi ci fu la deriva del caso Aldo Moro. Noi, che appartenevamo a un collettivo autonomo, siamo usciti dal Pci a causa di un compromesso storico che non approvavamo. A Salò abbiamo aperto una sede di Giovani comunisti: facevamo i mercatini rossi, le affissioni di manifesti e aiutavamo le persone a risparmiare sulle bollette, sempre nella legalità. Ma non era più possibile fare militanza attiva. Ci fu una deriva di repressione da parte dello Stato. In pratica un giorno sì e l’altro no, avevamo nella sede i carabinieri, che chiedevano un contratto d'affitto o la Guardia di finanza che ci chiedeva i conti delle attività. Dopo quattro anni, abbiamo chiuso. Qualcuno è tornato nelle braccia del Pci, qualcuno è andato con i socialisti. Io ho smesso di fare politica".

Pino Casamassima

Erano anni di violenze quelli. La politica era violenta. 
"Ecco noi, nelle primissime riunioni in cui avevamo posto le prime basi di quello che si poteva considerare uno statuto, mettemmo subito in chiaro: non avremmo mai praticato violenza non solo contro le persone ma perfino contro le cose. Le ritenevamo azioni sciagurate che non servivano a nessuno".

Hai vissuto quegli anni e hai studiato il mondo anarchico. Ma perché Alfredo Cospito è leader degli anarchici?
"Cospito non è leader di niente, intendiamoci bene. Tanto per cominciare, avrai visto che la Fai (Federazione anarchica italiana) ha preso le distanze da Cospito, il quale si ritiene appartenere alla Fai anche lui ma non è la Federazioni anarchica italiana bensì la Federazione anarchica informale". 

Puoi spiegarci la differenza fra Federazione anarchica italiana e quella informale?​
"La prima è il risultato di una costola dell’Unione anarchici italiani (Uai), nata nel 1920, poi messa fuori legge dal regime fascista. L'Uai resta una organizzazione clandestina fino al '46, quando rinasce come Federazioni anarchici italiani. Gli anarchici italiani hanno sempre rimproverato agli informali di aver fatto un gioco sporco, di aver fatto una appropriazione indebita. Gli informali hanno lasciato la sigla, sostituendo "italiani" con "informali", che non significa nulla. La Fai (informali), che nasce nel 2003, raccoglie i rimasugli di quelli che erano stati i movimenti violenti dei black bloc dei primi anni 2000. Di fatto la Fai (informali) è diventata il punto di aggregazione di una serie di frange violente. Cospito, che si riconosce nella Fai (informali), ha brillato di luce propria in questo mondo sciagurato con due attentati, quello contro la caserma degli allievi carabinieri e quello in cui ha gambizzato Roberto Adinolfi, amministratore delegato di Ansaldo nucleare".

Ma se Cospito non è leader di nessuno, come si spiega tutta questa solidarietà che arriva dall'esterno?
"Quelli della federazione degli informali stanno utilizzando Cospito, che è diventato l'utile idiota di molte persone, di molti orientamenti politici, degli stessi anarchici informali che lo usano per farsi pubblicità".

Ma a che pro?
"Per avere proseliti. Lo dipingono come eroe, pro domo loro per avere maggiore consenso nell'area antagonista. Anche perché è di per sé una bizzarria avere un leader fra gli anarchici, che non hanno leader per definizione". 

Ma se gli anarchici informali sono violenti e cavalcano il caso Cospito per un loro tornaconto, quali interessi hanno?
"Non c’è un progetto politico né può esserci, è la filosofia del fare, cioè tanto peggio tanto meglio: ci si infiltra nelle manifestazioni del sabato e poi alla fine ci si stacca e si devastano le vetrine, che sia di una povera disgraziata che ha messo su un negozio di vestiti indebitandosi o la Deutsche Bank poco importa. Senza alcun pro, l'importante è essere contro il sistema capitalista, che è oppressivo per loro. Poi magari tornano a casa e trovano la minestra pronta". 

E gli anarchici storici, quelli della Federazione anarchica italiana per intenderci, non sono violenti?
"No, sognano una società priva di legami, senza i legacci dello Stato perché, senza scomodare i pensatori del grande anarchismo, citando invece De André, ritengono che ogni persona, ogni individuo sia in grado di darsi delle regole in modo da non fare del male agli altri, in modo da autoregolarsi". 

Possibile che non ci sia mai stato un riferimento fra gli anarchici?
"Nel 1921 c'era Enrico Malatesta, quello sì, ma non perché diceva agli altri quello che si doveva o non doveva fare. Perché aveva disegnato un pensiero in Italia, un'idea intorno al quali far germogliare un movimento antagonista a ogni briglia dello Stato. Ma assolutamente non violento". 

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E Cospito non ha nulla a che fare con loro?
"Cospito ha avuto una sovraesposizione mediatica per quando accaduto ma è sepolto dalla storia. Come lo sarebbe una rediviva formazione brigatista. A suo tempo avevano una spiegazione storica in un momento in cui c'era una effervescenza giovanile antagonista, con il fermento della classe operaia. Non c'è l’acqua in cui Mao Zedong diceva dovessero nuotare i pesci della rivoluzione. Cospito è una persona amorale perché, quando ha gambizzato Adinolfi, ha messo nero su bianco che si è sentito in una dimensione paradisiaca". 

Ma tu sei contro il 41 bis?
"Non nasce come elemento giuridico punitivo nei confronti di chi subisce 41 bis ma per proteggere la società. Applicare il 41 bis a Nadia Desdemona Lioce dal 2003 non ha senso. A chi può mandare messaggi? Davvero potrebbe riorganizzare le Br? Non esiste. Lo stesso vale per Cospito. La grande stupidaggine è stata quella di mettere Cospito al 41 bis perché, se il suo percorso fosse rimasto quello di una persona violenta, con trenta anni di galera, magari sotto controllo in un carcere di alta sicurezza, avrebbe avuto senso. Metterla al 41 bis è sembrato un atto propagandistico. Cospito allo stesso modo rappresenta se stesso in qualità di criminale, non tanto per aver gambizzato Adinolfi quanto per aver piazzato una doppia bomba che non ha ucciso solo per caso". 

Però non si può certo dire che Cospito non sia un anarchico. 
"Sì, sì, può definirsi come vuole ma uno come Cospito non lo vorrei mai nel mio libro sugli anarchici: lo sporcherebbe". 

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