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Venerdì, 26 Aprile 2024
LAVORO

L'Italia non è un Paese per mamme

Il mobbing per la maternità colpisce mezzo milione di lavoratrici ogni anno. Vessazioni e discriminazioni subdole per le donne meno "produttive" nelle aziende. Storie di ordinaria ingiustizia

Da anni il tasso di natalità nel nostro Paese non cresce e sempre più coppie decidono di non avere figli. Le ragioni sono le più svariate: lavoro e contratto precario, pochi guadagni, assenza di sussidi statali concreti per le nuove nascite. C'è però una piccola parte della popolazione che fa ancora il grande passo e chi poi subisce le conseguenze di questa scelta nel mondo del lavoro sono le donne

SEMPRE PEGGIO CON LA CRISI - Tra crisi, spending review pubblica e privata e vita quotidiana essere una neomamma in Italia è sempre più difficile. In particolare da 5 anni a questa parte, da quando i casi di mobbing da maternità sono aumentati del 30%. La denuncia arriva dall'Osservatorio nazionale mobbing che ha diffuso uno studio sul caso: solo negli ultimi due anni sono state licenziate o costrette alle dimissioni 800mila donne, 350mila discriminate per maternità o per aver chiesto di conciliare lavoro e vista familiare. Il "mobbing post partum" avrebbe colpito quattro donne su dieci. Il problema è anche che molte di queste lavoratrici non possono permettersi economicamente di portare avanti un'azione legale. 

Per tutte queste ragioni è stata lanciata la campagna #mobbingmaternita promossa su Megashouts.org. L'appello è rivolto direttamente al ministro del Lavoro e delle Politiche sociali Giuliano Poletti, che per ogni nuova adesione riceverà un messaggio tramite i social network.   

A confermare i dati diffusi dalla campagna mediatica ci sono anche i sindacati e le associazioni di categoria: loro raccolgono le storie delle donne vittime del mobbing durante la gravidanza o al rientro dal parto. Considerate dalle aziende "poco produttive", tra loro ci sono le impiegate, le operaie ma anche le professioniste specializzate come le architette, le manager e tante altre. Per ora quello che ha fatto il governo Renzi è stato dare il via all'operazione "bonus bebè", una serie di incentivi economici per le coppie che decidono di avere dei bambini. Ma il dramma delle neomamme è diverso e di fronte alla nascita di un piccolo, che dovrebbe essere un lieto evento, si spalanca lo spettro della disoccuppazione. Il tutto nonostante la legge 151 del 2001, che riguarda e stabilisce le norme per il congedo parentale

UN PROBLEMA DELLE METROPOLI - Di fronte alle discriminazioni di genere sul lavoro, non c'è regione d'Italia che le eviti. Ma sempre secondo i dati dell'Osservatorio nazionale mobbing, il fenomeno è più diffuso nelle metropoli, in particolare nella frenetica Milano. Secondo alcuni dati ottenuti da L'Espresso a rivolgersi allo sportello del Centro donna della Cgil sono state 1.771 lavoratrici dalla sua apertura e il fenomeno è in aumento. 

Di recente è stata denunciata una situazione simile anche nella città di Bologna: il consigliere comunale Corrado Melega del Partito democratico ha dichiarato che nella solo provincia emiliana sarebbero quasi mille le mamme he hanno lasciato il lavoro dopo il parto a causa delle pressioni subìte dalle aziende. Melega è stato primario di Ostetricia e Ginecologia dell’ospedale Maggiore di Bologna e quello che racconta riguarda proprio la sua vicenda personale: "Nel corso della mia attività avevo ovviamente incontrato diverse volte casi come questi ma ora le cifre sono veramente preoccupanti".

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