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Venerdì, 26 Aprile 2024
Film al Cinema

“Storia di mia moglie”: un dramma esistenziale sulla coppia (e una magnifica Léa Seydoux)

Diretto da Ildikó Enyedi e tratto dall’omonimo romanzo di Milán Füst la pellicola è un melodramma con protagonisti Léa Seydoux e Gijs Naber; nel cast anche Louis Garrel, Sergio Rubini e Jasmine Trinca. Distribuita da Altre storie, sarà nelle sale a partire dal 14 aprile

“Sposerò la prima donna che entrerà nel bar”. Parte da una scommessa Storia di mia moglie, film presentato al Festival di Cannes e diretto dalla regista ungherese Ildikó Enyedi, già vincitrice dell’Orso d'Oro al Festival di Berlino nel 2017 con “Corpo e anima”. Una scommessa che Enyedi, in primis, fa puntando su una storia intimistica e oscura come quella scaturita dalla penna di Milán Füst, autore dell’omonimo libro a cui la pellicola s’ispira, e che valse allo scrittore ungherese una candidatura al Nobel per la letteratura.

La trama 

Anni Venti. Störr è un instancabile capitano di mare, dedito al proprio lavoro e rispettato da tutti. Un giorno, mentre si trova in un bar con un amico, scommette con lui di sposare la prima donna che entrerà nella caffetteria. È così che Jacob conosce Lizzy, sua futura moglie. Una semplice scommessa, fatta quasi per gioco, cambierà per sempre la vita semplice e disciplinata del capitano. Dai ponti di comando, si ritrova improvvisamente assieme a Lizzy in un bell’appartamento a Parigi, nonostante non sappia molto della sua misteriosa consorte. La nuova vita matrimoniale, però, si dimostra più complessa del previsto. La tranquillità del capitano Störr viene sconvolta dalla ricerca sempre più ossessiva di comprendere una donna sfuggevole, che non si fa dire da nessuno come vivere. 

Una resa intimistica e oscura del romanzo di Füst

Storia di mia moglie è un dramma raccontato con eleganza e particolare attenzione alla scenografia e alle musiche. Porta in scena il dramma di una relazione che, nonostante gli sforzi, è destinata a naufragare probabilmente già dal primo incontro tra i due. Un incontro che avviene in un lussuosissimo caffè di Parigi, dove il capitano Störr sta incontrando il cinico e astuto Kodor (Sergio Rubini), che gli suggerisce quanto il matrimonio possa essere vantaggioso per un uomo come lui. Störr sta al gioco e dice scherzosamente che sposerà la prima ragazza che entrerà nel bar e fortunatamente (o sfortunatamente) per lui, quella donna è Lizzy, interpretata da una magnifica Léa Seydoux. Lizzy è elegante, sensuale e non sembra nemmeno troppo confusa quando il capitano le si avvicina e le dice che vuole sposarla. Per gioco, (forse) lei accetta la proposta, dando vita ad una relazione oscura e molto intima. 

Trailer 

Il rapporto tra Lizzy e Störr è scandito, letteralmente, da sette lezioni di vita. Sette capitoli differenti che servono alla regista per raccontarci l’evoluzione del sentimento di un marito per sua moglie; il sentimento di un uomo diviso tra terra e mare, tra il silenzio di una camera da letto e il rumore della società, quella che Lizzy ama tanto frequentare e che Störr rifugge. Lo spettatore si ritrova catapultato nei panni del silenzioso capitano: è lui la lente attraverso la quale analizziamo i movimenti della moglie. Un vero e proprio uomo di mare, che soffre poco il bel mondo, che si barcamena in una Francia, prima, e in una Germania poi, così inserite nel contesto cosmopolita e sofisticato dell’epoca. Soltanto quando affronta le onde Störr è in grado di tornare ad essere l’uomo forte e impavido in grado di superare ogni ostacolo. Sulla terra ferma, invece, non è che una pallida imitazione di sé, in balia di pensieri ossessivi e compulsivi che lo portano a convincersi che sua moglie abbia una relazione con il suo amico, lo scrittore Dedin (Louis Garrel). E la regista fa in modo che anche il pubblico non possa non dubitare di Lizzy, non possa non chiedersi se i sospetti di Störr non abbiano un fondo di verità. 

“Non aspettare che sia la vita ad adattarsi a te”

Se la prima parte della narrazione è ben riuscita, però, altrettanto non si può dire della seconda. Il film si perde man mano che scorrono i minuti, quando la coppia si sposta dalla divertente e frivola Parigi alla fredda e austera Amburgo, dove Störr, inevitabilmente perde la sua connessione con Lizzy. È in questa sezione che sia il film che il suo protagonista soffrono. Le paure del capitano sembrano diventare una profezia che si autoavvera, un mistero pronto, finalmente, a rivelarsi. Ma ciò non avviene e il film non si imbarca in una vera e propria risoluzione dei conflitti, tanto che la trama, invece di dipanarsi quando dovrebbe, si dilunga inutilmente calcando la mano, in modo eccessivo, sui sospetti di Störr, sulla sua sofferenza. Fino al finale, sorprendente, che capovolge la sceneggiatura, dando una svolta completamente diversa agli eventi. "È inutile aspettare che la vita si adatti a te: sei tu che devi adattarti a lei", dice Lizzy a suo marito in una scena del film. E per arrivare a questa consapevolezza, l’intrepido capitano, rischia di affondare, letteralmente, con tutta la sua ciurma. 

“Storia di mia moglie” è un film sorretto da un ottimo cast. Bravissimi sia Léa Seydoux che Gijs Naber, capaci di rendere tutte le sfaccettature dei loro personaggi. Ottimo anche il cast a supporto. La pellicola sarebbe stata senza dubbio un vero e proprio must watch se non si fosse persa nella resa, se non fosse rimasta intrappolata tra le pagine del libro. Superata la metà, infatti, il film sembra quasi una lettura del romanzo di Füst, con le sue 400 pagine scarse che vengono dispiegate in 180 minuti; una lunghezza che se – da un lato – ha il merito di mostrarci l’evoluzione dei personaggi a 360°, dall’altro impedisce alla storia di defluire, destinandola ad arrancare verso il finale per vie tortuose. Un vero peccato visto che “Storia di mia moglie” aveva tutte le carte in regola per essere considerato una piccola perla del cinema. 

Voto 6,5

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