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Sabato, 27 Aprile 2024
L'intervista a Today

Violenza sulle donne, il ruolo ambivalente dei social: "Giovani aperti al dibattito, ma manca ancora la cultura del consenso"

Nella Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza sulle donne, un analisi di quello che accade sulle piattaforme: "I ragazzi sono interessati a discutere, ma mancano nozioni di base", spiegano dalle associazioni. Ne parliamo con Anna Agosta, consigliera nazionale D.i.Re., Isabella Borrelli, attivista transfemminista di Non Una Di Meno e Marco Rossi, psichiatra e sessuologo

Il femminicidio di Giulia Cecchettin ha scosso un Paese intero e riportato l'opinione pubblica a parlare assiduamente - talvolta a sproposito - di violenza di genere. Oggi, 25 novembre, in occasione della Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza sulle donne, proponiamo un approfondimento volto a comprendere al meglio la tematica, con focus principale: i social e i giovani. Oltre alla politica che, logicamente, ha una responsabilità enorme. Di seguito gli interventi di Anna Agosta, consigliera nazionale D.i.Re. - Donne in Rete contro la Violenza -. Ma anche Isabella Borrelli, attivista transfemminista di Non Una Di Meno e Marco Rossi, psichiatra, psicoterapeuta e sessuologo.

I social: spazi per discutere, ma anche luogo di pericoli

Difficile che qualcuno, al giorno d'oggi, non utilizzi i social. Qual è, dunque, il ruolo che svolgono all'interno di una cornice così pesante e delicata allo stesso tempo? Come spesso accade la risposta è "dipende". Il pensiero va, ad esempio, agli episodi di revenge porn. "Ormai l’utilizzo dei social è preoccupante - ha detto Agosta a Today - Lo smartphone può essere davvero pericoloso. Una ragazzina fa un video con il fidanzato, lui magari lo diffonde e via dicendo. Si può arrivare anche a gesti estremi. Chiaramente anche i centri antiviolenza usano i social, per fare in modo che vengano diffusi messaggi informativi su tutte le sfaccettature della violenza". Sulla stessa linea anche Non Una Di Meno: "I social hanno della complessità: da una parte l'uso massiccio che ne facciamo è legato all'isolamento e all'individualismo. Dall'altra parte sicuramente permettono anche delle contronarrazioni, quindi nel momento in cui viene romanticizzato il caso della Cecchetin, i social permettono alle persone di avere uno spazio per poter parlare in un altro modo. Questo è molto importante per poter far passare alcuni messaggi senza che vengano filtrati. 10 anni fa questo era impossibile". Secondo il Dottor Rossi, invece, c'è un altro aspetto da prendere in considerazione: "Sono una cassa di risonanza. Proprio in questi giorni c'è questo sondaggio che  mette alla luce in cui si sottolinea quante ragazze si sentano orgogliose di avere un ragazzo che sia molto geloso. Già questo ci spiazza a noi adulti. Da una parte i ragazzi, fortunatamente non tutti, che esaltano questo e dall'altra il desiderio corretto di autonomia delle ragazze: completamente in contrasto". 

La situazione dei giovani: più informati ma inconsapevoli?

A proposito di ragazze e ragazzi. Essendo loro tra i fruitori maggiori dei social, abbiamo agli esperti di scattare una fotografia dell'attuale situazione dei giovani riguardo alla tematica della violenza contro le donne. Secondo Borrelli, ad esempio, i ragazzi "sono molto interessati a discutere, anche se notiamo una mancanza di nozioni di base come cos'è il consenso o cosa fa un centro antiviolenza. Queste fragilità sono il frutto di quello che è una società italiana che non dà nessun rilievo al tema della violenza di genere o all'educazione affettiva. Insomma, raccolgono i frutti di quello che le generazioni precedenti non hanno fatto". Per lo psichiatra, che ne ha molti tra i pazienti che segue, c'è molta confusione: "Sono molto confusi, hanno un esempio sempre più egoistico. Noi poi ci lamentiamo se non rispettano l'altro. Si pensa solo a se stessi. Poca conoscenza sessuale, l'unico loro insegnante è dottor Google, che ovviamente non è nemmeno attendibile. I ragazzi non hanno gli strumenti critici per valutare l'attendibilità di quello che leggono su internet".

L'educazione all'affettività sia obbligatoria nelle scuole o le donne continueranno a morire

La violenza è un fenomeno sistemico, servono politiche strutturali

Tuttavia, se si parla di futuro non si può non pensare anche alle Istituzioni. A quanto hanno (o non hanno fatto) negli anni e a quanto, soprattutto, c'è da fare. Agosta ha le idee chiare: "Il femminicidio di Giulia ci ha molto scosso. Quello che noi chiediamo ai vari Governi è di assumersi la responsabilità della violenza maschile contro le donne. Noi diciamo: la violenza non è un fenomeno emergenziale ma sistemico, che va contrastato con politiche strutturali. Sostegno costante e finanziamenti ai centri violenza. Ancora adesso la situazione dei finanziamenti è drammatica. Ci sono dei centri costantemente finanziati, mentre altri – come a Catania – non ricevono finanziamenti da anni. Chiediamo inoltre una formazione costante anche per magistrati, avvocati, che hanno in mano le loro vite in determinati procedimenti. Infine pensare a un’attività di prevenzione nelle scuole". Secondo Non Una Di Meno "il Governo dovrebbe dimettersi". "Non basta 'l'educazione sessuale nelle scuole' - ha detto invece Rossi - Prima di quello bisogna far sì che i ragazzi imparino il rispetto dell'altro, cos'è il bene, cos'è il male, cos'è la consensualità". 

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