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Lunedì, 29 Aprile 2024

L'editoriale

Eva Elisabetta Zuccari

Giornalista

La grande bellezza di Arianna Mihajlovic che si riprende la vita

L'altra sera a teatro mi sono imbattuta nel sorriso magnetico di una donna che in un primo momento non ho riconosciuto. Più tardi ho scoperto che si trattava di Arianna Mihajlovic. Ai nostri sguardi di commiserazione e ai mormorii diffusi in sala per via della tragedia personale che ha vissuto di recente, ovvero la morte per cancro del marito Sinisa, Arianna rispondeva distraendosi con una commedia. In mezzo alle nostre occhiate morbose, lei si stava riprendendo la vita.

Qualche settimana dopo, cioè ieri, su Instagram mi è apparso un video in cui Arianna canta scatenata "Il triangolo" al concerto di Renato Zero e scrive: "Elaboro il mio lutto vivendo. È sbagliato?". Con lei c'è sempre l'amica Fabiola Sciabbarrasi, ex moglie del musicista Pino Daniele, anch'essa rimasta vedova presto, ad appena 45 anni. Le due - bellissime - si abbracciano, ballano, ridono. Qualcuno tra i commenti supporta Arianna in questa spinta a celebrare il presente, mentre il bigottismo di altri la invita ai sensi di colpa, al rispetto di chi non c'è più, alle velette nere sul capo, al passato. Per fortuna però questi ultimi avanzi d'Italia bigotta degli anni Cinquanta sono meno dei primi. 

Non si può negare che chi, come Arianna, ha la disponibilità economica per garantirsi il miglior percorso di analisi possibile, gode di uno strumento in più per affrontare il dolore. Ma se la morte è una "livella" sociale e se è vero - come è vero - che tra gli onori dei personaggi dello spettacolo c'è quello di ritrovarsi a essere modello per qualcuno, mi piace pensare che la signora Mihajlovic lo sia per chi si ritrova in questo momento ad affrontare un lutto somigliante.

Ognuno ha il suo modo di elaborare il dolore, magari anche chiudendosi in una altrettanto rispettabile solitudine, ed è quanto lei stessa ha raccontato nell'unica intervista concessa a un anno dalla scomparsa dell'allenatore: "Un giorno il mio analista mi ha detto che avevo due possibilità: vivere o morire. Da quel momento ho iniziato a vivere. L'ho fatto per i miei figli e per onorare la memoria di Sinisa, che era un combattente e che ha amato molto la vita. La amo anche io e voglio viverla". Praticamente ogni sera poi, quando torna a casa, condivide una vecchia foto del marito, quella di un ricordo felice, uno dei tanti: "Senza di te bene a metà", scrive. E una donna tra i commenti le risponde: "Sto vivendo un dolore identico al tuo, ma so che mio marito lassù vorrebbe vedermi vedermi felice". 

Insomma in un periodo come questo, in cui ogni volto famoso si cerca una battaglia sociale da intestarsi per trovare un senso alle proprie apparizioni pubbliche - soprattutto quando non ha altri talenti utili per posizionarsi nella scena mediatica (pensiamo ai tanti disoccupati che si sono magicamente ritrovati attivisti della salute mentale di professione) -, spero che Arianna possa essere vista ballare da chi potrebbe avere bisogno di guardarla. Il tutto con la stessa spontaneità di oggi, ovvero senza l'arroganza di imporsi come esempio per qualcuno né finendo vittima della pressione degli occhi altrui, ma anzi con la genuinità di un agito benefico per sé e per gli altri e privo di strumentalizzazioni. 

Lei che della malattia parlava al noi ("Col primo trapianto di midollo pensavamo di vincere", ha detto), ma che oggi è tornata violentemente all'io, dopo ventisette anni di matrimonio, cinque figli insieme e la vita di coppia conosciuta come unico modo di vivere l'età adulta. Lei che del marito prese persino il cognome, quando lo conobbe ragazzina a 23 anni, con lui che invece era già Sinisa Mihajlovic: "Per lui e per la nostra famiglia ho deciso di interrompere la mia carriera, se così vogliamo chiamarla", ha detto con enorme lucidità e senza alcuna ipocrisia su presunte rinunce obbligate di cui tante signore si lagnano. Lei che poi, nei quattro anni di malattia, non si è mai fatta vedere piangere: "Lui osservava tutte le espressioni del mio viso e io non potevo togliergli la speranza di farcela, nonostante i medici mi avessero detto che non c'era nulla da fare". Lei che oggi riesce a dirsi felice: "Felice per aver vissuto accanto a questa persona stupenda, nonostante quello che ci è capitato". 

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