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Martedì, 30 Aprile 2024

Il commento

Giovanni Pizzocolo

Giornalista Brescia

Il massacro in Palestina (e il troppo silenzio)

In risposta agli attentati terroristici di Hamas, che hanno causato la morte di 1.400 persone, tre mesi fa iniziava la sistematica distruzione della Striscia di Gaza da parte dell'aviazione e dell'esercito d'Israele. I bombardamenti continuano incessanti: da allora sono morti 23mila civili palestinesi, tanti sono donne e bambini, mentre i feriti totali sono 53mila. "Save the Children" ha reso noto che, ogni giorno, dieci bambini perdono una o entrambe le gambe, sottoposti ad amputazioni spesso senza anestesia. La Striscia di Gaza è diventata l'inferno sulla Terra, interi quartieri sono stati distrutti, migliaia di persone sono state costrette a emigrare (sinonimo di deportazione); sotto le bombe sono finiti campi profughi, scuole, moschee e ospedali, chi non muore tra le macerie rischia di perire per l'assenza di cibo, acqua, medicinali. I dati sulla malnutrizione acuta stanno superando la soglia della carestia, l'Unicef si dice particolarmente preoccupato (eufemismo) per le condizioni di 155mila donne incinte e madri in allattamento, nonché di 135mila bambini sotto i due anni. La drammatica conta dei cadaveri dice che oltre l'1% della popolazione della Striscia è stato sterminato: sgomenti, impotenti, assistiamo in diretta streaming a quella che, di fatto, è un'operazione di pulizia etnica. L'olocausto del popolo palestinese.

Scrivevo, in un articolo del 16 ottobre: "Assediare una città come Gaza, con una densità abitativa tra le più alte al mondo, togliendo acqua ed energia alla popolazione e – contemporaneamente – bombardarla radendo al suolo interi quartieri è un crimine contro l'umanità [...]. In un tale contesto urbano, non possono esserci obiettivi mirati: una carneficina in cui a essere presi di mira sono i civili". Cosa stesse accadendo era chiaro già dai primi giorni del conflitto, l'evidenza davanti agli occhi di tutti. Tant'è che Israele, cercando di oscurare il massacro, ha iniziato a uccidere sotto i propri raid decine di giornalisti: ad oggi, sono almeno 80 i cronisti ammazzati mentre svolgevano il loro lavoro. Su Telegram, invece, i maggiori canali di informazione non sono più raggiungibili "perché hanno violato le leggi locali".

Se il massacro era a tutti evidente fin dal principio, così non lo era (e non lo è) per i leader delle grandi potenze occidentali, Europa e Stati Uniti: "L'Italia è al fianco del popolo israeliano in questo difficile momento e continua a lavorare per una pace duratura", è stata la dichiarazione di Giorgia Meloni, dopo l'incontro con il presidente di Israele, Isaak Herzog, avvenuto lo scorso dicembre. Tenendo ben presenti queste parole, torniamo per un momento alla guerra in Ucraina, sparita dai radar ma che, intanto, continua a mietere vittime. Secondo un rapporto dell'Onu, dal 24 febbraio 2022 – giorno dell'invasione russa – sono stati almeno 10mila i civili uccisi. Il mondo intero, giustamente, si è alzato in difesa del popolo ucraino: sono state inviate montagne di soldi e d'armamenti, la Russia ha subito ogni tipo di sanzione economica. Ora, invece, assistiamo impassibili alla ferocia di Israele che, nell'arco di tre mesi (non due anni), ha causato con i suoi bombardamenti più del doppio delle vittime: ma Netanyahu, a differenza di Putin, non è il nuovo Hitler, il nuovo Satana. Anzi, "l'Italia è al fianco del popolo israeliano", un popolo che ogni giorno uccide decine e decine di civili indifesi, e non ha intenzione di fermarsi.

La doppia morale dell'Occidente

È la doppia morale dell'Occidente, pronto a farsi paladino dei valori di pace, sovranità e giustizia, ma solo quando vengono attaccati i propri interessi o quando il colpevole non è un proprio alleato. Una doppia morale che ne squalifica la credibilità di fronte alle altre nazioni e che farà nascere (in un vicino futuro) nuovi terrorismi: per il fanatico di turno – o per chi, senza esserlo, ha perso casa e familiari sotto le bombe – i paesi Nato sono gli alleati politici e militari di Israele e, per questo motivo, saranno giudicati corresponsabili. Non c'è infatti un singolo presidente e primo ministro che si sia speso con fermezza per chiedere un immediato cessate il fuoco, l'unico modo per porre fine alla carneficina. Anzi, la guerra continuerà per tutto il 2024, ha annunciato il nostro alleato, che con l'operazione "Spade di Ferro" – un nome dal tono biblico, per ricordarci le catastrofi del monoteismo – è entrato di fatto tra gli Stati criminali della Storia.

Un ultimo appunto, restando in argomento di doppia morale. La BBC ha deciso di non chiamare "terroristi" i militanti di Hamas, così come non l'ha fatto per i Talebani: la scelta deriva da un lungo e consolidato principio di neutralità nel trattare le informazioni sulle parti in guerra. La decisione è discussa e discutibile: nel conflitto in corso, tuttavia, appare più che mai appropriata o – per lo stesso principio di equidistanza – si sarebbe corso il rischio di dover chiamare "terrorista" anche quello Stato che, da tre mesi, bombarda senza sosta un territorio densamente popolato. In Italia, invece, leggo spesso contrapporre le azioni dell'IDF (Israel Defense Forces, dove 'difesa' è umorismo nero) a quelle dei "macellai di Hamas": ma se loro sono i macellai, sappiamo già chi sono i padroni del mattatoio.

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