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Venerdì, 26 Aprile 2024

Scontri in autostrada

Fabrizio Gatti

Direttore editoriale per gli approfondimenti

La legge di Piantedosi: guerra alle Ong, ma non agli ultrà del calcio

Ancora una volta il calcio ha bloccato l'Italia. Non davanti alla tv, ma in fila sull'autostrada del Sole. Domenica 8 gennaio, direzione Nord, area di servizio di Badia al Pino, provincia di Arezzo: tifosi della Roma contro tifosi del Napoli e viceversa. Traffico paralizzato per un'ora, venti chilometri di coda, la Penisola divisa in due nella giornata di ritorno dalle vacanze di Capodanno. Sono passate più di ventiquattro ore dal fatto e il ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi, promette massima severità. Tutto qui?

Certo, se a fermare l'autostrada fossero stati i tiratardi di ritorno da un rave-party o gli attivisti di una Ong, Piantedosi avrebbe avuto a disposizione una rassegna di norme su misura, alcune delle quali portano il suo nome: decreto rave-party, decreto Ong, decreto sicurezza, tanto per citare le prime tre. Ma di fronte al potere delle lobby calcistiche e, soprattutto, dei teppisti da curva, i governi – di qualunque colore – si limitano a poche parole di circostanza. Compreso quello attualmente in carica.

Il ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi (foto Ansa)

I fan del leader della Lega, Matteo Salvini, e quindi del suo allievo (in senso politico, s'intende) Matteo Piantedosi, cosa avrebbero scritto sui social se oggi ministro dell'Interno fosse ancora la prefetta Luciana Lamorgese? E cosa avrebbe dichiarato lo stesso Salvini? Il video che accompagna la cronaca di Alberto Berlini è spietato. Pochi agenti impotenti di fronte agli scontri. E decine di tifosi partiti da Napoli e da Roma armati di spranghe e aste per bandiere che, in caso di necessità, diventano bastoni: in pochi minuti hanno preso possesso dell'autostrada e del viaggio dei poveri automobilisti incolonnati. Eppure non siamo di fronte a insospettabili raver o a migranti sconosciuti. I teppisti che inquinano lo sport italiano si ritrovano settimanalmente in un luogo chiamato stadio e hanno nomi, numeri di telefono e indirizzi di residenza ben noti ai club e alle questure.

Il daspo a vita

Altrettanto inquietante è la presenza nelle curve di esponenti della criminalità organizzata e di attivisti di estrema destra. Come hanno dimostrato le indagini di qualche anno fa a Torino, tra le frange dei tifosi della Juventus. E, recentemente, lo sgombero forzato della curva nord di San Siro a Milano durante Inter-Sampdoria, lo scorso ottobre subito dopo l'omicidio del capo ultrà, Vittorio Boiocchi: il leader nerazzurro aveva già scontato ventisei anni di carcere per attività ben poco sportive come rapina, traffico di droga, detenzione di armi e sequestro di persona. Ma c'è anche la condanna a 7 anni per droga a maggio 2022 di Luca Lucci, omologo di Boiocchi, ma nel Milan. E per finire, meritano una citazione anche gli attivisti di estrema destra intorno ai quali già ruotava la tifoseria storica del Monza, ancor prima che la squadra venisse acquistata e portata in serie A dalla Fininvest della famiglia Berlusconi.

Legittimo criticare l'operato delle Ong europee, che investono milioni sul soccorso in mare, ma dimenticano che i viaggi vanno fermati prima che i profughi raggiungano la Libia. Comprensibile che un governo cerchi di contrastare le occupazioni abusive e la vendita di stupefacenti, di cui i rave-party sono spesso veicolo. Ma se la legge è uguale per tutti, deve valere anche per i teppisti. Oggi Cremona ha dato l'addio al suo Gianluca Vialli, simbolo europeo di uno sport pulito. Il ministro e i club ripartano dal suo esempio e si diano un obiettivo comune: riportare le famiglie sulle curve e tenere fuori i criminali. L'economia del calcio, in profonda crisi, non ha alternative. Cacciamo per sempre dagli stadi con un daspo a vita chiunque abbia precedenti specifici per violenze, spaccio e associazione a delinquere. L'Inghilterra ci è riuscita. Dobbiamo farlo anche noi.

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