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Martedì, 30 Aprile 2024

La mostra

Eva Elisabetta Zuccari

Giornalista

Dovreste vedere queste foto, perché ci riguardano tutti

Come siamo, come eravamo, come non vogliamo tornare, che cosa possiamo invece recuperare. C'è una mostra a Bologna che si chiama "Bologna Fotografata" e che, a dispetto del nome, ci riguarda un po' tutti, non solo quelli che vivono la città. Appesi alle pareti ci sono i volti, le rughe, le mani di chi ha costruito questo Paese dalla fine dell'Ottocento fino al Novecento: non ci sono i classici "vincitori che hanno scritto la storia", quelli celebrati dai manuali scolastici e dal proverbio, bensì le persone comuni, i bambini, gli operai, i soldati mutilati che l'hanno plasmato giorno dopo giorno; quelli che a volte si sono fatti condizionare dalla propaganda politica ed altre hanno saputo reinventare i costumi di fronte allo spavento (presto assimilato) di certe nuove tecnologie arrivate all'improvviso.

Sono quelle persone "che hanno costruito il tessuto sociale del nostro Paese e che non sono mai state ringraziate", potremmo aggiungere prendendo in prestito le parole con cui Paola Cortellesi ha lanciato il suo film "C'è ancora domani", ambientato negli anni '40. E visitare questa rassegna fotografica "regala la coscienza dei propri diritti, ricorda la libertà da praticare ogni giorno". 

"Ricordarsi di praticare la libertà ogni giorno"

Piazza Maggiore è solo un pretesto geografico attorno a cui far ruotare gli eventi, la storia di Bologna è in chi la attraversa. Ed è la storia dell'Italia intera. Queste foto sono per voi anche se odiate i passatismi nostalgici, perché qui non ce ne sono: riconoscersi negli sguardi dei diciottenni al fronte, delle commesse del boom economico, degli studenti delle contestazioni, ci ricorda che erano uomini come noi. Che la storia si fa giorno dopo giorno. E che vale sempre la pena cercare diritti per cui combattere, oggi. 

Dalle piazze pubbliche dei grandi eventi del passato - come i funerali di Giosué Carducci, oppure il bagno di folla per Benito Mussolini nel 1936, o ancora il giorno in cui uno sbarbatello Guglielo Marconi "scoprì la comunicazione senza fili" - qui si passa infatti agli interni intimi delle case comuni, tra bambini assiepati nei letti in ferro battuto e madri sedute alla macchina da cucire. Un secolo che passa attraverso i dettagli, sempre emblematici, del quotidiano.

Dalle donne dell'800 che tenevano in mano i ventagli per un vezzo di nobilità, al "decoro" imposto dai fazzoletti in testa di inizio '900, fino ai capelli al vento dei cotonatissimi anni '80. Dai tram che venivano trainati dai cavalli a quelli, ormai elettrici, che facevano salire i lavoratori degli anni '70 sfrecciando davanti ai manifesti pubblicitari del Chinotto Neri. Tecnologie che arrivano veloci, immaginari che cambiano. L'opinione pubblica che si modella al passaggio delle generazioni, tra chiusure ideologiche e spinte verso la modernizzazione che tormentano tutt'ora. Ma il progresso trova sempre la strada - anche alternativa - da percorrere, e gli uomini arrivano spesso prima delle leggi. Ce lo insegna la sociologia e ce lo insegnano i contadini del dopoguerra: di fronte all'urbanizzazione, reinventano un nuovo assetto economico. Di fronte alla rivoluzione dell'intelligenza artificiale, vedremo noi che cosa inventare. mostra bologna fotografataGuglielmo Marconi nel giorno della scoperta della comunicazione senza fili, 1895

mostra bologna fotografataTram a cavalli, fine 800

mostra bologna fotografataUna famiglia, fine 800/inizio 900

Entrare nelle trincee in modo "tridimensionale". Un'esperienza mai vista

Gli sguardi, si diceva. I primi che incontriamo sono quelli delle dame di fine '800, curiose e intimidite di fronte a questo nuovo professionista che è il fotografo, prima inesistente: non sanno che stanno passando alla storia, né che la stanno scrivendo.

Poi, qualche decennio più tardi, gli sguardi si svuotano tragicamente, diventando quelli carichi di spaesamento dei soldati che hanno lasciato la propria ingenuità al fronte, insieme al sangue, chissà su quale collina. E qui le immagini sterostopiche di Luigi Marzocchi, all'epoca inviato in guerra dal Reparto Fotografico del Comando Supremo, ci permettono di entrare nelle trincee, tra le divise appese ad asciugare e le ciotole di latta in cui mangiare. La magia - pur nel dramma del tutto - è la tridimensionalità consentita dagli occhiali binoculari forniti dagli operatori della mostra, che consentono un'esperienza inedita e immersiva ben più eloquente dalla bidimensionalità dei libri di scuola, oppure dei documentari stessi. Al ritorno dalla guerra, i mutilati saranno una presenza fissa in città, una vera e propria istituzione a cui rendere merito, celebrata e "normalizzata nella retorica della patria": l'uno accanto all'altro, privi di un arto e muniti di espressioni ancora raggelate, posano insieme nei centri di recupero in cui viene insegnato loro a fare i calzolai con un braccio solo. 

mostra bologna fotografataDonna tranviera, 1916 

mostra bologna fotografata

mostra bologna fotografataCasa di rieducazione per mutilati e invalidi di guerra, 1916-1918 

Juve-Bologna si gioca col braccio alzato: è arrivato il Fascismo

Ma gli anni venti sono alle porte e con essi gli sguardi diventano quelli arcigni - spesso rudi al punto da diventare grotteschi, almeno ai nostri occhi - dei fascisti. Le foto segnaletiche dei sovversivi (Mario Patelli, meccanico, è solo uno degli arrestati nella notte di Natale del 1929) e le immagini iconografiche della propaganda (con la folla oceanica che riempie le piazze) sono due facce della stessa medaglia. La partita di calcio tra Bologna e Juventus del 1934 si gioca solamente dopo il saluto col braccio alzato dei rispettivi capitani. 

mostra bologna fotografataGiovanni Ferrari e Mario Montesanto, partita Bologna-Juventus (2-0), 1934

mostra bologna fotografataIl saggio di ginnastica della Gioventù Italiana del Littorio (GIL)

mostra bologna fotografataBenito Mussolini a Budrio, in provincia di Bologna, 1936

mostra bologna fotografataGiuseppe Panzacchi, fermato dalla polizia nel 1934 per "idee sovversive" al Fascismo 

Partecipiamo al corteo della Liberazione (riproposto a grandezza umana). Una mostra meravigliosa 

Poi, negli anni 40, gli occhi si alzano al cielo: gli aerei bombardano dall'alto. Si corre negli spazi per sfollati messi a disposizione dal comune, mentre fuori la città è ormai militarizzata: i bambini si assiepano in pochi metri quadri, gli adulti accumulano beni personali affinché non vengano distrutti dalla guerra in superficie e poi giocano a carte per ingannare il tempo. In quegli stessi anni 40 arrivano i tedeschi: hanno i nostri stessi occhi, solo che sono più chiari e solo che sono quelli del nemico. 

Al corteo della Liberazione, che arriva finalmente sabato 21 aprile 1945, partecipiamo noi stessi: un meraviglioso escamotage ci catapulta infatti in mezzo ai festeggiamenti di quelle giornate, tra figure a grandezza umana, musiche dell'epoca lasciate suonare nelle sale e gigantografie di fotografie storiche (ancora complimenti al curatore della mostra, Giuseppe Savini, che è riuscito nell'impresa di fare un racconto mai polveroso, né didascalico o retorico, ma semplicemente curioso e rispettoso). 

mostra bologna fotografataAerei nel cielo, Giovanni Bonani, 1944. Comincia la guerra

mostra bologna fotografataBombardamenti, anni 40

mostra bologna fotografata

mostra bologna fotografata

mostra bologna fotografata

mostra bologna fotografata

mostra bologna fotografataFamiglie contadine sfollate, durante i bombardamenti degli anni '40

mostra bologna fotografataIl giro d'Italia tra le macerie, 1947, Walter Breveglieri

mostra bologna fotografataLa Liberazione, 1945

mostra bologna fotografataLe foto della Liberazione alla mostra 

Gli anni Cinquanta. C'è da ricostruire un Paese

Siamo all'alba degli anni Cinquanta. Qualcuno agli occhi ha ancora le lacrime perché non ha visto tornare un amore, un figlio, un fratello, ma deve scendere in strada perché c'è l'Italia da ricostruire: i muratori sistemano le pietre sulle vie distrutte, costruiscono nuovi percorsi per i bambini che possono finalmente tornare a giocare a pallone senza la paura delle bombe. Alle loro spalle, l'iconografia di regime lascia spazio alla pubblicità: i manifesti pubblicitari in quest'epoca non vengono percepiti in maniera fastidiosa come lo sono oggi, perché sono anzi emblema della nuova società del benessere. Una società che può nuovamente permettersi il tempo libero, l'amore per la cultura; può finalmente rivolgere gli occhi al cinema, alla televisione, alla bellezza di Sophia Loren, stella nascente. Insieme alle strade da ricostruire, c'è infatti anche un nuovo immaginario da reinventare: gli obblighi della dittatura sono alle spalle, insieme alle macerie emotive della guerra. C'è l'entusiasmo di votare, il piacere di riprendere un caffè al bar.  

mostra bologna fotografata

mostra bologna fotografataLa ricostruzione dopo la guerra, 1952

mostra bologna fotografataManifesti pubblicitari a Bologna, 1952

mostra bologna fotografataManifestazioni di braccianti negli anni '50: la campagna si svuotano, gli effetti dell'urbanizzazione

mostra bologna fotografataCesarina Masi nel suo ristorante "Da Cesarina", 1957

mostra bologna fotografataSophia Loren, 1952

mostra bologna fotografataAl bar negli anni Cinquanta

Gli anni della contestazione

C'è invece una piazza da riempire nell'orizzonte visivo degli studenti degli anni Settanta, che scendono nelle strade costruite qualche anno prima dai genitori e reclamano i diritti fondamentali del divorzio e dell'aborto: i diritti a certe libertà di cui tutti godiamo oggi. Sono gli anni della contestazione, dei movimenti studenteschi. Ma anche del sangue e degli attentati: a Bologna si consuma la strage alla stazione. Infine gli ultimi anni Ottanta e gli anni Novanta, decisamente più leggeri (e, a tratti, tristemente più superficiali), che segnano la nascita della cultura pop. E qui la mostra si conclude, "si ferma su questa soglia, che non è una fine ma l'inizio di una vicenda nuova, ancora troppo fresca per essere messa in ordine". La mostra si ferma col "ragazzo del Duemila", per usare le parole di Dalla: quel ragazzo che non ha più bisogno del fotografo come medium per immortalare la propria epoca, munito com'è di una fotocamera incorportata allo smartphone (oggi la fotografia non è più solo testimonianza ma prolungamento dell'ego, nrd). 

mostra bologna fotografataAdele Faccio, attivista e politica alla manifestazione per l'aborto

E oggi? Dalle intelligenze artificiali ai diritti, le sfide del futuro

All'uscita del percorso espositivo - che racchiude oltre mille scatti, tra ritratti, foto di cronaca nera, album di famiglia, immagini pubblicitari e schede della questura - l'appendice è la riflessione instillata nella coscienza di ciascuno di noi. La voglia di riconoscerci in qualcosa per cui combattere, tra le tante sfide del presente: la lotta per l'inclusività, per i diritti, per l'ambiente e il cambiamento climatico, per la rivoluzione alle porte dell'intelligenza artificiale, per la rimodulazione del rapporto tra uomo e macchina, la fiducia nel progresso. Perché la storia siamo stati, siamo e saremo noi. Uscendo dalle sale, a Piazza Maggiore, passa un corteo che sfila per fermare la guerra in Palestina. Domani, 25 novembre, le donne scenderanno in piazza per gridare contro la violenza di genere, che nel 2023 non è più accettabile. Il personale è sempre politico. 

DOVE: Bologna, Sottopasso di Piazza Re Enzo
QUANDO: Dal 12 maggio 2023 al 28 gennaio 2024
CURATORE DELLA MOSTRA: Giuseppe Savini 
COSTO BIGLIETTO: Intero: 10 euro; ridotto: 7 euro
https://bolognafotografata.com/

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