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Sabato, 27 Aprile 2024

Perché dovremmo introdurre il salario minimo

Più potere d'acquisto e meno sofferenze rispetto all'inflazione. Emergono i primi risultati della direttiva Ue su salari minimi, in base a uno studio realizzato dal centro Eurofound, la Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro. Per gli Stati che hanno deciso di adottare questo strumento, lavoratori e lavoratrici sono riusciti a resistere meglio agli scossoni generati dall'inflazione galoppante, vedendo in automatico un incremento delle buste paghe. Peccato che questo traguardo non riguardi l'Italia. Il governo guidato da Giorgia Meloni ha deciso di non introdurre questo importante strumento legislativo, preferendo invece restare ancorata agli accordi della contrattazione collettiva, che da anni si dimostra inefficace rispetto al mondo del lavoro contemporaneo.

Criteri per l'aumento

"La direttiva Ue su salari minimi adeguati ha avuto effetto a livello europeo, seppur limitato dall'erosione del potere di acquisto per l'inflazione", si legge nell'indagine annuale della Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro. Diversi Paesi, segnala Eurofound, hanno scelto di usare nei propri obiettivi i 'valori di riferimento indicativi' menzionati nella direttiva. La norma elenca quattro criteri che devono essere rispettati nell'aggiornamento dei salari minimi legali: il potere d'acquisto, tenendo conto del costo della vita; il livello generale dei salari e la loro distribuzione. Vanno inoltre considerati: il tasso di crescita dei salari e i livelli e gli sviluppi della produttività nazionale a lungo termine.

Miglioramenti diversi

Tutti gli Stati membri con una copertura della contrattazione collettiva inferiore all'80% (come l'Italia) sono tenuti a stabilire un quadro di riferimento per le condizioni favorevoli e compilare un piano d'azione per promuovere la contrattazione collettiva. "Nel complesso nell'ultimo decennio i salari minimi nell'Ue hanno beneficiato degli aumenti dei salari minimi legali, aumentando il potere d'acquisto in termini reali", c'è scritto nel report. Nel 2023 l'aumento nominale medio tra gli Stati membri è stato di quasi l'11%, mentre l'anno scorso si era fermato al 5%. I Paesi dell'Europa centrale e orientale hanno goduto dei maggiori incrementi salariali reali lordi e netti nel decennio, anche se va ricordato che partivano da livelli assoluti molto bassi. Il cambiamento più sostanziale si è avuto a Cipro, dove è avvenuta l'introduzione di un salario minimo legale mensile.

Aspetti fiscali

Va notata anche come opera l'aliquota fiscale media dei dipendenti sul salario minimo lordo. Per un lavoratore single l'imposta sul reddito delle persone e i contributi sociali senza figli varia dal 6% in Spagna al 40% in Romania. I percettori di salario minimo sono riusciti a trattenere il 90% o più del salario minimo lordo in Belgio, Estonia, Francia, Irlanda, Malta, Paesi Bassi e Spagna. All'estremo opposto, solo il 60% del salario minimo lordo è stato percepito dai rumeni, mentre gli ungheresi ne hanno percepito il 66%.

Contratti settoriali

L'Italia non ha un salario minimo prescritto dalla legge, ricorda l'agenzia dell'Ue. Nello Stivale l'adozione al momento sembra improbabile: "Il governo Meloni ha già annunciato la sua avversione all'introduzione di un salario minimo legale", scrive il rapporto. Nel nostro Paese i salari minimi sono fissati attraverso contratti collettivi a livello settoriale, con la maggior parte dei dipendenti (circa 13,5 milione di lavoratori) coperti da questa tipologia di contratti. Ciò nonostante i salari sono aumentati in media solo del 3,4%, un incremento molto più basso rispetto a quello visto nei Paesi dov'è in vigore il salario minimo nazionale. Quello dell'Italia è un dato in linea con quelli dei Paesi scandinavi e dell'Austria, dove pure vige la contrattazione collettiva.

La differenza principale sta nel fatto che in questi Paesi i salari sono cresciuti in modo adeguato in questi anni, con stipendi che, a parità di settore, risultano anche il doppio di quelli italiani. Secondo le stime, in Italia ci sono più di 957 contratti collettivi nazionali, ma ben 591 sono scaduti e non sono stati rinnovati. In parole povere gli stipendi italiani in gran parte dei casi sono bloccati sui valori di circa trent'anni fa.

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