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Sabato, 27 Aprile 2024

L'editoriale

Maria Cafagna

Editorialista

Perché Taylor Swift è davvero la persona dell’anno 

Taylor Swift è stata incoronata persona dell’anno dalla rivista TIME che ogni anno sceglie un uomo o una donna che più di altri o altre ha influenzato la cultura, la politica o l’immaginario collettivo. Attraverso il ritratto che poi ne viene fatto, TIME racconta cosa sta avvenendo nel mondo, quali cambiamenti o quali pulsioni lo stanno attraversando e perché proprio quella persona incarna tutto questo. Per lo stesso motivo anche gruppi di persone possono essere scelti come persona dell’anno, com’è accaduto lo scorso anno quando il coraggioso popolo ucraino è stato insignito del titolo. 

Non è la prima volta che Taylor Swift finisce nel numero Person of the year: accade anche nel 2017 quando TIME scelse di dedicare questa copertina alle Silence Braker, ovvero alle donne che con le loro testimonianze avevano dato il via al movimento #MeToo. Swift all’epoca aveva ventisette anni e il suo percorso artistico stava cambiando seppur gradualmente anche grazie ai movimenti transfemministi e a causa della vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali americane. La cantautrice non si era mai esposta pubblicamente e, complice il anche il suo aspetto così smaccatamente WASP, molti sostenitori di Trump vedevano in lei il simbolo del ritorno all’America delle origini, quella legata alle tradizioni, alla famiglia, al passato rurale. In poche parole: all’America bianca.

Non sorprende quindi che Swift col tempo abbia cercato di affermarsi come persona e come artista attraverso la sua musica rispedendo al mittente qualsiasi etichetta. Come racconta Sam Lansky, che firma il pezzo di copertina, Swift non ha semplicemente avuto una storia straordinaria, ma è anche una straordinaria narratrice (storyteller è il termine usato nell’articolo) della propria storia “non trova la propria strada nonostante le avversità ma proprio attraverso di esse”.

Nell’elencare tutti i motivi che l’hanno resa così centrale nell’immaginario contemporaneo - non solo il suo tour, ma anche l’impatto avuto da Swift sull’economia di alcune regioni, tanto da spingere i presidenti di alcuni paesi a implorarla di suonare nei loro paesi per salvare l’economia locale - Lansky dice qualcosa di molto importante non tanto sulla popolarità della cantautrice, ma soprattutto su ciò che incarna. Scrive Lansky: “con Swift sta accadendo qualcosa di insolito, senza precedenti nel nostro tempo. [Lei] utilizza il medium più efficace del momento, la canzone pop, per raccontare la sua storia. Inoltre, nel corso del tempo, ha sfruttato il potere dei media, sia tradizionali che nuovi, per creare qualcosa di assolutamente unico: un universo narrativo in cui la sua musica è solo un pezzo di una storia interattiva e mutevole. Swift - conclude - è l’architetto e l’eroina di quella storia di cui è al contempo protagonista e narratrice”.

Insomma qui non si sta solo celebrano un’artista, ma si sta celebrando un nuovo modo di raccontare all’insegna dell’autodeterminazione che passa attraverso uno strumento per certi versi più pervasivo e quindi più efficace, la cultura pop.
Taylor Swift è l’esempio più emblematico ma non è il solo. Basti pensare al grande successo del film Barbie o, per stare nel nostro, a quello di Paola Cortellesi, che solo qualche giorno fa ha fatto registrare 4 milioni di spettatori nei nostri cinema per quasi trenta milioni di incasso.

Tutti questi avvenimenti possono essere presi come casi isolati o possono essere analizzati come un fenomeno culturale e sociale. Un fenomeno forse nato da un altro numero di TIME che vedeva Taylor Swift in copertina, quello del 2017 sulle silence braker, ovvero sulle donne che hanno rotto il silenzio sui loro abusi e in generale sulle loro storie. Quel processo iniziato con l’inchiesta di Megan Twohey e Jodi Kantor sugli abusi del produttore Harvey Weinstein  squarciò il velo di omertà che impediva a molte donne di parlare di quello che avevano subito, ma quell’inchiesta svelò che il controllo dell’immaginario collettivo era in mano agli uomini e che le donne erano escluse da qualsiasi processo decisionale su ciò che vedevamo in tv o al cinema. Da allora molto è cambiato e nonostante molti vedano ancora l’inclusione come un problema e il politicamente corretto come una minaccia al libero pensiero, il successo di Taylor Swift ci sta dicendo che non le élite, non la politica progressista e woke, ma il pubblico di tutto il mondo vuole un altro tipo di narrazione, di storie, di voci. Voci di donne, per dirla come la fantastica Emanuela Fanelli. E vuole parole chiare, semplici, da capire e da cantare. Possibilmente tutti e tutte insieme, in uno stadio, per essere felici anche solo il tempo di una festa. 

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