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Sabato, 27 Aprile 2024

Così la Croazia si prende il petrolio italiano: "Roma ha perso troppo tempo"

I No Triv che hanno fermato con la loro lotta i progetti di trivellazione alle Tremiti si sono scordati, scrive Il Messaggero, di quel che accade a poche decine di metri di distanza

Pelagosa è un'isoletta nel mare Adriatico, vicino alle isole Tremiti.

Secoli fa furono i pescatori di Ischia a colonizzarla, tanto che si parlava anche lì un dialetto napoletano riarrangiato.

Poi, dopo le guerre mondiali, l'Italia se n'è dimenticata.

E ora la Croazia ha deciso di farla diventare un punto basilare della sua politica energetica, perché l'isola di Pelagosa è nel «blocco 19», 1.448 chilometri quadrati di Adriatico che il governo croato ha messo a gara per la ricerca e lo sviluppo di idrocarburi.

I No Triv che hanno fermato con la loro lotta i progetti di trivellazione alle Tremiti si sono scordati, scrive Il Messaggero, di quel che accade a poche decine di metri.

Il ministro croato degli esteri, Ivan Vrdoliar, è stato chiaro che più chiaro non si può. Sotto i 12 mila chilometri quadrati di mare divisi in 29 concessioni ci sono 3 miliardi di barili, per i quali sono pronti a sfidarsi a suon di rilanci milionari tutte le grandi major mondiali, dalla Shell a Exxon, compresa l’italiana Eni. Questo, ha detto il ministro, può fare della Croazia «una piccola Norvegia di gas a Nord e di petrolio a Sud». Zagabria, insomma, vuole diventare «un gigante energetico europeo».

All'Italia resteranno le briciole, come già ieri l'ex premier Romano Prodi spiegava al quotidiano romano: "La gran parte delle trivellazioni si trova lungo la linea di confine delle acque territoriali italiane, al di qua delle quali ogni attività di perforazione è bloccata" dice Prodi. Si tratta di giacimenti che si estendono nelle acque territoriali di entrambi i paesi ma che, se non cambierà la nostra strategia, verranno sfruttati dalla sola Croazia".

E le istituzioni cosa dicono? Gianni Bessi, vice presidente della provincia di Ravenna: "Oltre le 12 miglia al largo di Chioggia - spiega al Messaggero - sono noti da tempo 16 giacimenti per un totale di circa 30 miliardi di metri cubi di riserve certe, alle quali vanno aggiunte quelle che debbono essere ancora individuate: [...] si tratta di un patrimonio di ricchezza di 10,5 miliardi di euro"

Come ha ricordato Prodi, se solo l’Italia accelerasse sui progetti già individuati, potrebbe raddoppiare entro il 2020 la sua produzione di idrocarburi a 22 milioni di tonnellate, attivando anche investimenti per oltre 15 miliardi di euro. Questo permetterebbe in pratica anche di mettere in sicurezza il sistema energetico nazionale ancora troppo dipendente da Russia, Libia e Algeria.

Ma Roma perde tempo, mentre Zagabria ha fretta.

Fonte: Il Messaggero →
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