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Venerdì, 26 Aprile 2024
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Redazione

Sacro e precario

Sacro e precario Il sole è alto, l’estate che volge al termine ancora surriscalda. C’è attesa, c’è fermento. La piazzetta antistante la chiesa vigila l’orizzonte, in attesa di scorgere da lontano l’auto nuziale. Lo sposo freme, dopo aver stretto tutte le mani degli invitati non vede l’ora di ricongiungersi alla sua amata. Il tempo passa e l’ora del ritrovo, della cerimonia, è già passata da un po’. Si aspetta, altro non si può fare. Anche il prete incaricato di celebrare l’unione inizia a perdere la pazienza. Chi ha deciso di attendere fuori dalla chiesa si ripara all’ombra dei palazzi.

Poi, all’improvviso, un’auto veloce raggiunge la soglia della chiesa. Gli invitati come formiche spaventate raggiungono il loro posto mentre il coro solenne dà il via al matrimonio. La passerella lungo la navata e la coppia, come per magia, si ricompone. L’emozione è evidente. Uno sguardo d’intesa prima che la donna si porti all’orecchio di quello che entro poco sarà suo marito. “Scusa il ritardo caro, sono andata a firmare il contratto d’insegnamento per il prossimo anno scolastico” gli sussurra prima che il sacerdote prenda la parola.

Con un pizzico di goliardia, io me lo immagino così l’avvio del matrimonio di Carmela Santoro, l’insegnante pugliese di Martina Franca, provincia di Taranto, diventata famosa per essersi presentata in abito da sposa a scuola per l’accettazione di una supplenza annuale in matematica. Una scena surreale che, “spogliata” dalla mia fantasiosa narrazione, racconta di come il sacro, quell’amore di coppia disposto a benedirsi per sempre, si trovi oggigiorno costretto a sporcarsi nella burocrazia italica e nella precarietà. C’è chi vede nell’insegnante il coraggio di chi non demorde, di chi, nonostante tutto, nel giorno del proprio matrimonio, è disposto a fare una deviazione lungo la strada che conduce alla cerimonia per sottoscrivere un contratto di lavoro annuale. "Ne abbiamo viste tante nella scuola, ma una così mai. Una nuova collega, almeno per quest'anno, doveva firmare l'assegnazione dell'incarico annuale per la disciplina di Matematica, aveva un impegno molto importante ma ha trovato il modo di venire comunque a scuola. Auguri Carmela, sei già entrata nei nostri cuori" hanno scritto su Facebook dall'istituto scolastico superiore “Majorana”. C’è chi, invece, la definisce lo specchio di un’epoca. “Sono stata costretta ad andare a scuola a firmare altrimenti avrei perso un anno di lavoro" ha spiegato la diretta interessata.

Guardo la foto che ritrae Carmela sottoscrivere l’accordo. Il bianco del suo vestito diventa un faro nel buio della precarietà, nell’impossibilità di progettare. Come una luce frontale nell’oscurità della notte contemporanea, firmare un contratto annuale diventa essenziale per scorgere le pietre lungo il cammino. Non è il mancato utilizzo, da parte dell’istituzione scolastica, della tecnologia per effettuare la nomina da “remoto”, come non è il mancato ricorso, da parte della docente, alla delega di qualche caro per l’accettazione dell’incarico. La questione è come la precarietà sia diventata endemica nella popolazione dei giovani adulti italiani.

Contratto dopo contratto, firma dopo firma, stipendio basso dopo stipendio basso, una generazione (non volendo esagerare) si è convinta che la precarietà fosse cosa normale. Tanto ordinaria, come fare tappa a scuola, tra i banchi vuoti di inizio settembre, il giorno del proprio matrimonio. A distanza di pochissimo tempo l’insegnante ha apposto due firme, prima a scuola poi in chiesa. “Sacro” e precario si sono uniti, testimonianza fortuita e concreta di come molti oggi vivano “a vista”, obbligati a costruire la propria vita, anche professionale, con fatica e pazienza. Chissà se sull’altare, o magari dopo esser stati travolti dal riso copioso lanciato dagli amici sul sagrato della chiesa, i due sposi, stringendosi forte, abbiano pronunciato la parola “futuro”.

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