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Domenica, 28 Aprile 2024
Un futuro da costruire

Quando compiere 18 anni non è una festa: la vita dopo la casa famiglia

Diventare maggiorenne in una comunità per minori significa trovarsi soli e senza tutele garantite fino al giorno prima. L'organizzazione Salesiani per il sociale sostiene ogni anno 100mila giovani in situazioni di disagio e li accompagna nel difficile percorso dell'inserimento lavorativo

La patente, la prima tessera elettorale, un viaggio importante e tanti sogni da realizzare. Sono le prime cose che vengono in mente quando si pensa ai 18 anni, traguardo di vita che somiglia più a una partenza visto il sapore di autonomia e indipendenza che si porta dietro da sempre. Eppure compiere 18 anni non sempre è una festa. Per i giovani accolti dalle comunità per minori è un momento di grande ansia e preoccupazione, perché la maggiore età significa la fine di molte tutele e attività di sostegno. Vuol dire muovere i passi in una società spesso inospitale.

I ragazzi che al raggiungimento della maggior età escono dai sistemi di tutela per minori (care leavers) devono aggiungere il peso di dover essere totalmente autonomi alla già difficile situazione che i giovani stanno vivendo in questo periodo storico. Autonomia per questi ragazzi significa in primo luogo avere un lavoro, che non è scontato in un Paese in cui la disoccupazione giovanile è al 20,1% e il fenomeno dei Neet (giovani che non studiano e non lavorano) registra numeri che sono tra i più alti di tutta Europa. Nel 2022, il tasso di Neet è di oltre 7 punti percentuali superiore a quello medio europeo e secondo solo alla Romania: in Italia 1 giovane tra i 15 e i 29 anni su 5 non studia né lavora. Per provare a rispondere a questa situazione, accompagnando i neomaggiorenni accolti nelle comunità alloggio e giovani che provengono da situazioni di disagio e fragilità, Salesiani per il sociale promuove percorsi di inserimento lavorativo e professionale, che ogni anno supportano migliaia di ragazzi, molti dei quali realizzati nelle periferie italiane più fragili. 

Chi vive in casa famiglia

L'organizzazione Salesiani per il sociale ha 88 strutture dislocate in tutta Italia, 54 semiresidenziali e il resto sono case famiglia. Ne parla a Today.it il presidente, don Francesco Preite: "Accogliamo circa 1300 ragazzi in difficoltà. È una goccia in un mare di urgenze, in Italia ci sono 1 milione e 300 mila minori in povertà. Una piccola parte riusciamo a intercettarla. Alcuni ci vengono mandati dai servizi sociali, altri li incontriamo noi sul territorio". Ognuno ha la sua storia, ma di base c'è l'assenza - o quasi - della famiglia di origine: "Oggi i ragazzi sono orfani di padri viventi, è un fenomeno sempre più diffuso. L'assenza genitoriale è molto forte, spesso ci sono padri e madri sottoposti a procedimenti penali, oppure più in generale non hanno la possibilità di prendersi cura dei figli. Ospitiamo ragazzi che non hanno il sostegno di una famiglia, ma anche ragazzi di strada che vengono coinvolti dalla criminalità organizzata con la promessa di facili guadagni". Ogni ragazzo fino ai 18 anni è preso in carico dai servizi sociali e affidato alle case famiglia, ed è l'ente pubblico ad aiutare l'organizzazione nella gestione di questi giovani ospiti. Ognuno ha un progetto educativo individuale e viene seguito da educatori - oltre che da psicologi e da una rete di professionisti e volontari - viene aiutato nello sviluppo delle sue competenze, a partire ovviamente dall'istruzione e la formazione, ma anche a sviluppare i propri talenti. Un percorso importante che viene interrotto. Arrivati alla maggiore età, infatti, i ragazzi devono lasciare la struttura, trovandosi senza tutele e garanzie, senza il sostegno dello Stato e degli enti locali, continua Preite: "Il compimento dei 18 anni solitamente è una grande festa, ma per questi ragazzi che hanno ricevuto meno dalla vita diventa quasi un dramma perché si trovano dall'oggi al domani senza tutele. Devono trovare una casa dove poter dormire, un lavoro per permettersi di mangiare. Noi non vogliamo lasciarli soli, tantomeno per strada, e cerchiamo di accompagnarli fino a quando non recuperano la piena autonomia". 

Un lavoro e un posto in società: la storia di Ousmane

Nasce con questo scopo il progetto Officine Don Bosco, che si sostiene grazie alla raccolta fondi. "Con le risorse dei benefattori riusciamo a garantire un altro tratto di strada insieme, il ragazzo viene accompagnato all'autonomia in maniera graduale" spiega ancora il presidente di Salesiani per il sociale, che sottolinea come dopo i 18 anni di età ognuno di loro deve avere la possibilità di inserirsi nel mondo del lavoro e nella società. Si inizia dalla formazione, con corsi professionalizzanti, poi c'è il tirocinio fino alla possibilità di assunzione in azienda. È un percorso virtuoso che richiede una collaborazione di rete, a partire dalle imprese del territorio: "Facciamo un discorso di matching - prosegue Preiti - Favoriamo l'incontro tra offerta di lavoro e possibilità di lavoro e cerchiamo di creare una relazione". Le opportunità sono tante: a Bari è stata ideata un'Accademia della Ristorazione, a Palermo ci sono corsi professionalizzanti in ambito refrigerazioni/condizionatori e per saldatore elettrico, a Vallecrosia - in Liguria - laboratori artigianali. Nel sud Italia, per la natura del territorio, c'è molta offerta nel settore turistico-ristorativo, quindi abbiamo imprese che ci stanno seguendo e supportando nei percorsi di accompagnamento in questo ambito. La grande rivoluzione è quella digitale, abbiamo tanta richiesta anche nel settore informatico". La possibilità di avere un lavoro cambia la vita di questi ragazzi, come è successo a Ousmane. Arrivato dallo Zambia a Torino, a 17 anni, senza la sua famiglia, per mesi è stato in un dormitorio: "Non sapevo neanche come muovermi in città, non conoscevo le strade - racconta a Today.it - Ho saputo che in questa comunità salesiana aiutavano i ragazzi in difficoltà e sono andato. Loro mi hanno accolto, ho studiato e a 18 anni ho fatto un corso. Ho fatto uno stage in un'azienda e iniziato a lavorare come grafico. Oggi ho un contratto, sempre come grafico, in un'altra azienda a Chivasso, e una casa mia. Posso permettermi di pagare l'affitto ogni mese. La mia vita è cambiata completamente". Come quella di Negin, una ragazza afghana, che ci racconta don Francesco Preite: "Con i talebani al potere scuole e università sono state chiuse per le ragazze. Lei è riuscita a fuggire, è arrivata in Italia, l'abbiamo accolta e adesso si sta laureando in Economia. Sta realizzando il suo sogno". 

La vita dopo la casa famiglia

Oltre all'inserimento lavorativo, Salesiani per il sociale - grazie al sostegno dei benefattori - riesce a offrire anche alloggi: "Abbiamo i gruppi appartamento, ovvero delle case che offriamo per un breve-lungo periodo ai ragazzi che escono dai nostri circuiti - fa sapere il presidente - Molti dei ragazzi che compiono 18 anni non sanno dove andare e gli diamo degli alloggi, almeno per un periodo, finché non trovano un lavoro e una propria collocazione". Fondamentale, dunque, la raccolta fondi: "Questi ragazzi devono tornare a sognare. I giovani che accogliamo sono disillusi e gli va data una seconda possibilità, gli vanno aperti gli occhi ma per farli sognare ancora - conclude don Francesco Preite - Devono capire che intorno a loro non c'è una società che li vuole schiacciare, ma persone che gli vogliono bene e sono disposte a fare un tratto di strada con loro per aiutarli a costruirsi un futuro e a essere liberi".

Per poter continuare ad offrire supporto e accoglienza a bambini e ragazzi soli o in condizione di fragilità, Salesiani per il sociale ha lanciato una campagna di raccolta fondi con numerazione solidale: fino al 30 marzo è possibile contribuire, donando con un sms o una chiamata da rete fissa al 45598. In particolare, attraverso i fondi raccolti, saranno potenziate e migliorate le attività di alcune realtà salesiane in quartieri difficili come a Palermo, Napoli, Roma e Genova e il supporto a minori stranieri non accompagnati.

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