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Domenica, 28 Aprile 2024
La retata

Oltre alle tasse, devono pagare il pizzo: presa la banda dei parassiti

Cosa fare quando la criminalità chiede la tangente: così una grossa operazione ha sgominato il clan mafioso che riforniva di cocaina le località turistiche del Gargano. Un imprenditore: lo Stato ci tutela, banche e assicurazioni no

Un gran numero di imprenditori e commercianti italiani è ancora sottoposto alla doppia imposizione: da una parte il fisco con le tasse, dall'altra il racket con il pizzo. L'operazione antimafia “Game over”, fine del gioco, dimostra però che quando le vittime denunciano minacce e attentati, i clan finiscono in carcere. Si è chiusa così la terza puntata di una serie di indagini in corso da anni, che coinvolge la provincia di Foggia e alcune località turistiche del Gargano.

La Procura e la Direzione distrettuale antimafia di Bari, con il supporto della Direzione nazionale antimafia, hanno ottenuto dal giudice per le indagini preliminari l'arresto di 82 persone che gestivano le estorsioni, il traffico e lo spaccio di cocaina. Le indagini, affidate ai carabinieri del comando provinciale di Foggia, hanno bloccato l'attività dei gruppi Moretti-Pellegrino-Lanza e Sinesi-Francavilla.

I primi due capitoli dell'inchiesta, denominati “Decima azione” e “Decima bis”, avevano già colpito i vertici della cosiddetta Società foggiana, la quarta mafia che controlla il nord della Puglia, e i suoi gruppi di fuoco responsabili di sparatorie e omicidi. La terza operazione ora riguarda soprattutto il traffico di droga, alimentato anche dagli incassi delle estorsioni. Una filiera che parte dal tentativo di controllare l'imprenditoria e il commercio sul territorio.

Siccia, Sganga e il Pirata

I gangster si facevano chiamare con nomi in codice come il Pirata, Sganga, Autosalone, Siccia, Accademia. Ma vivevano da parassiti, alle spalle dell'economia locale: la palla al piede che impedisce ad alcune zone del Paese di decollare. Quando dagli atti processuali scoprono che un commerciante ha denunciato uno dei presunti capi, Rocco Moretti, 26 anni, i compari sono tornati dal negoziante e gli hanno chiesto diecimila euro per pagare le spese legali.

"Così i clan foggiani verranno cancellati"

I due compari erano pedinati e l'incontro è avvenuto sotto gli occhi degli investigatori. Il commerciante è stato quindi “convocato dagli inquirenti – è scritto nella relazione dei magistrati – e in quella sede ha raccontato nel dettaglio quanto era accaduto”. Ha così confermato di essere stato avvicinato dai due, che gli avevano intimato di “dover sistemare la questione di Rocco Moretti versando la somma di 10mila euro”.

Oltre al mantenimento delle famiglie dei complici in carcere, gli incassi venivano investiti nell'acquisto ogni mese di circa dieci chili di cocaina, che venivano suddivisi, secondo gli investigatori, in cinquantamila dosi. Il profitto netto dell'organizzazione, rivela la Procura di Bari, alla fine della filiera ammontava a duecentomila euro al mese.

Magistrati e investigatori impegnati nell'operazione Game over (FoggiaToday)

Le minacce non sono l'unico dramma che le vittime di estorsione devono affrontare. Quando lo Stato interviene, poi a volte è il mondo bancario a tirarsi indietro. Un'eventualità che per un'impresa può essere altrettanto devastante. Lo rivela a FoggiaToday Lazzaro D'Auria, 57 anni, imprenditore agricolo che per primo ha denunciato i clan foggiani, coinvolti nell'inchiesta “Decima azione”.

Imprese assicurate in Germania

“Più che i delinquenti, sono state le banche a demoralizzarmi”, dice D'Auria nell'intervista a Maria Grazia Frisaldi e Roberto D'Agostino. Gli imprenditori minacciati di morte dalla mafia, invece di essere sostenuti, finiscono infatti in un indice di rischio: se la loro vita è in pericolo, per la maggior parte degli istituti di credito non rappresentano un buon investimento. C'è però una soluzione anche a questo.

L'intervista a Lazzaro D'Auria - di Maria Grazia Frisaldi e Roberto D'Agostino 

“Colpa del cosiddetto crime-risk – spiega D'Auria a Foggia Today –. È un sistema di valutazione dei soggetti che lavorano con le banche, che però non fa differenza tra un collaboratore di giustizia o un evasore fiscale: finiscono entrambi in una categoria di rischio alta, per rischio vita o rischio crack finanziario. Molti istituti hanno ritrattato i crediti concessi, altri si sono riattivati dopo l'intervento del prefetto. È il paradosso balordo che devono affrontare gli imprenditori che denunciano. I prefetti si sono impegnati per trovare una soluzione. Le assicurazioni invece ci hanno abbandonati del tutto”. Lazzaro D'Auria ha dovuto assicurare le sue imprese in Germania.

“Io mi sono costituito parte civile in tutti i processi e continuerò a farlo ogni volta – aggiunge l'imprenditore agricolo –. Non ci si può fermare alla sola denuncia: quelle assenze nei processi sono input negativi per altri imprenditori, sono un messaggio di debolezza. Bisogna fare leva sui ragazzi, che crescono rassegnati alla convivenza con la criminalità. Bisogna che imparino a capire da che parte bisogna stare e che i mammasantissima hanno un valore mediocre rispetto a un imprenditore che porta reddito: la mafia chiede omertà e porta povertà, l'imprenditore chiede invece forza lavoro, ma porta ricchezza. Adesso ci vogliono pene vere e più denuncianti: non possono ucciderci tutti, la rinascita è possibile”.

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