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Domenica, 28 Aprile 2024
La storia

Così Giorgio ha sfidato la malattia che toglie il sorriso: "Ci ha insegnato che la felicità è una scelta"

Ha lottato fino alla fine e sfidato la statistica. Il bimbo, affetto da sindrome di Thay Sachs, è morto due giorni dopo il suo settimo compleanno. Manuela, la mamma, ci ha raccontato la sua storia: "Giorgio è riuscito a unire e far a riflettere un’intera città"

“A Teramo lo chiamavano tutti 'Re Giorgio': a sette anni per la sua malattia teoricamente non doveva  più sorridere. Eppure fino a un mese fa ha continuato a regalarci sorrisi: anche questo è stato un segno".  

Manuela e Paolo hanno 49 anni. Per sette anni sono stati i genitori di Giorgio, bambino affetto da una malattia chiamata Thay-Sachs. Una patologia genetica molto rara neuro - degenerativa, per la quale non esiste al momento nessuna cura. Nel caso della forma infantile e acuta, la morte insorge entro cinque anni

Giorgio ha sfidato la statistica ed è diventato per tutta una comunità un simbolo di resistenza e resilienza. Si è spento nella notte di sabato 4 novembre, appena due giorni dopo aver festeggiato il suo 7° compleanno. Una scomparsa che ha unito nel dolore un’intera città. Il lutto è stato ricordato anche da Gianguido D’Alberto, sindaco della città abruzzese, mentre sui social sono stati centinaia i messaggi di cordoglio. 
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I funerali del piccolo sono stati celebrati nel duomo di Teramo, di fronte a una folla commossa e incredula. E la sua morte prematura è riuscita a riunire, nel dolore, ma paradossalmente anche nella riflessione, un’intera comunità, come ricorda la mamma. E la sua breve parabola umana è diventata una vera e propria lezione di vita.

“Sei dovuto passare attraverso un calvario per poter testimoniare il valore immenso della vita. In un mondo troppo frenetico, cinico e sempre più distante dai diritti civili tu hai dato uno stop. Ci hai detto di fermarci a riflettere. Ci hai fatto pensare che dobbiamo concentrarci e ringraziare per ciò che abbiamo e non rincorrere sempre ciò che vorremmo. Ci hai fatto rallentare e ci hai fatto godere il presente senza pensare troppo al futuro. La felicità è un modo di vivere la vita. Una scelta. Vedere sempre il bicchiere mezzo pieno anche quando ce n’è una goccia. Si può essere felici, basta volerlo” scrive la mamma sui social. 

Qualche giorno fa Manuela ci aveva raccontato la sua storia. La riproponiamo qui sotto nella certezza che possa essere un esempio per tutti e che possa aiutare anche a comprendere maggiormente i disagi a cui vanno incontro quotidianamente i genitori di bambini o ragazzi affetti da malattie genetiche rare o da disabilità.  E scegliamo di raccontarla volutamente al presente perché, anche se Giorgio non c’è più, la sua storia può continuare a ispirare grandi e piccoli. 

La scoperta della malattia

"Verso i 16 mesi mi sono accorta di un rallentamento della crescita, la pediatra mi ha inizialmente rassicurato, ma i problemi diventavano più evidenti e allora mi ha indirizzato verso una specialista" racconta Manuela a Today.it. Da qui comincia, per lei e il marito Paolo, un iter diagnostico piuttosto lungo.

Contattano inizialmente un reumatologo per i problemi motori di Giorgio e altri specialisti, ma i medici non riescono a dare un nome alla patologia. Giorgio intanto comincia anche a parlare con difficoltà. Una neurologa predispone un esame genetico (generico) molto ampio che non dà nessun esito. L'ipotesi è quindi quella di una miopatia (una malattia muscolare) e la famiglia di Manuela viene indirizzata verso l'Ospedale Bambin Gesù di Roma. Giorgio, nel frattempo, non riesce più a stare in piedi in maniera autonoma: se corre o cammina casca dopo pochi passi. Ha anche problemi di deglutizione. Ed è Manuela a suggerire ai medici dell'ospedale romano che nei suoi occhi vede uno strano sfarfallio. A questo punto viene predisposto un esame del fondo oculare: suo figlio presenta una macula rosso ciliegia. 

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"Ho memorizzato questa informazione, sono uscita dalla stanza e sono andata su Internet: come prima patologia è uscita la Thay-Sachs. Ho riconnesso tutti i problemi che Giorgio stava avendo e sono stata colta dallo sconforto: purtroppo tutto tornava. Ero sconvolta. Quando sono tornata dal medico è stato lui stesso a domandarmi se avessi cercato su internet la malattia di Thay-Sachs" racconta Manuela.

Parliamo di una patologia genetica ereditaria molto rara, causata dal deficit di un enzima utilizzato dal nostro corpo per degradare i gangliosidi. Si tratta di molecole, particolarmente abbondanti nel cervello, che si occupano di varie funzioni. Il loro mancato smaltimento porta a livelli elevati di tossicità, specialmente nei neuroni, e alla morte delle cellule a cui si legano. Ne deriva una grave malattia neurologica degenerativa che provoca vari sintomi come progressiva rigidità muscolare, paralisi degli arti, ritardo nello sviluppo, perdita della vista e dell'udito o delle abilità già apprese. Non esiste al momento nessun tipo di cura e, nel caso della forma infantile e acuta, la morte insorge entro cinque anni. 

Il binario è purtroppo quello giusto. I medici predispongono degli esami del sangue per i due genitori e il bimbo e arriva il responso. Gli specialisti fanno presente a Paolo e Manuela che la malattia è aggressiva. Giorgio a 3 anni camminava e parlava, ora comincia a peggiorare sensibilmente. Ha difficoltà a stare in piedi, necessita di tutori ortopedici e dopo un po' non è più in grado di nutrirsi autonomamente. Per alimentarlo servono sonde e cateteri. Perde anche la parola, ma non la capacità di comunicare con i genitori. Adesso lo fa con lo sguardo e con piccoli versi che mamma e papà imparano a leggere. Intanto si impegnano per cercare una cura sperimentale, ma il percorso è in salita. 

La corsa contro il tempo per la ricerca 

Sì, perché il problema, come per ogni malattia genetica rara, è la ricerca. In tutta Italia esistono appena due casi di questa malattia a livello infantile. La prevalenza della Thay-Sachs è di un malato su un milione nella popolazione mondiale. Un'evidenza che non incoraggia le grandi industrie del farmaco a investire nella ricerca e purtroppo nemmeno gli stati nazionali. Alle famiglie colpite non rimane altro che scambiarsi informazioni: fare rete è l'unico modo per avere delle notizie anche sui possibili canali terapeutici. Alcuni progetti di ricerca, anche italiani, partono, ma poi si bloccano. Succede perché gli studi per essere completati devono andare avanti per anni. Nel caso della Thay Sachs i casi sono pochi e il decorso veloce, quindi è spesso difficile portare avanti trial clinici e avviare poi sperimentazioni terapeutiche. 

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"In Italia non esistono al momento sperimentazioni per la Thay Sachs, negli Stati Uniti stava avendo successo un programma sperimentale. Era basato su delle infusioni intracraniche: il principio era lo stesso utilizzato per sviluppare i vaccini contro il Covid - sottolinea Manuela - Si utilizza un virus modificato per veicolare l'informazione corretta e riparare il patrimonio genetico. Ma questa sperimentazione non vale per i malati avanzati". E rientrare in questa casistica è molto difficile per due ragioni: in primis perché la diagnosi della malattia non è immediata e in secondo luogo perché queste sperimentazioni sono difficili da ricercare.

I genitori di Giorgio non si perdono d'animo e riescono a contattare un trial avanzato negli Usa. La direttrice del progetto gli comunica però che il progetto è fermo: lo sponsor si è ritirato e non possono più portare avanti la sperimentazione. Entrano a fare parte anche della famiglia Telethon ma, a parte qualche studio isolato, le opzioni terapeutiche, anche sperimentali, non esistono. Rimangono quindi le cure palliative che sono fondamentali per assicurare una vita dignitosa, ma alle quali non tutti gli ospedali italiani sono attrezzati. 

"Il decorso della malattia va almeno 5 volte più veloce di quello della nostra burocrazia" 

A questo punto la battaglia quotidiana della famiglia diventa quella contro una burocrazia dai tempi biblici e una sanità sempre meno finanziata. Manuela porta Giorgio all'asilo fino a quando le è possibile: un modo per farlo giocare con gli altri bambini e garantirgli una vita normale. Il punto è che per portarlo a scuola i genitori hanno bisogno di un seggiolino particolare perché la muscolatura non riesce a sostenere più il suo collo. Fanno domanda alla Asl, ma l'autorizzazione tarda ad arrivare. Manuela decide quindi di rivolgersi a un giornalista locale per denunciare l'accaduto e scopre il motivo del "ritardo".

"Era successo che la dirigente sanitaria voleva spostare molti acquisti ad anno nuovo, perché alla fine di ogni anno si fa un bilancio e lei era stata brava a non spendere - spiega Manuela a Today.it - Quindi era questo il vero motivo del ritardo". Dopo l’uscita dell’articolo, che denunciava la condizione della famiglia, arriva immediatamente l'autorizzazione all'acquisto del seggiolino di Giorgio. È solo un piccolo esempio della battaglia quotidiana a cui queste famiglie sono sottoposte. Una lotta quotidiana contro ospedali che si sono trasformati in vere e proprie aziende e dove l'essenziale è ormai risparmiare e non intaccare i tetti di spesa. A complicare ulteriormente le cose c'è poi la burocrazia che non considera quello che è il fattore fondamentale per tutti questi malati: il tempo. 

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"Anche per gli ausili o le medicine la pratica è lunghissima: serve la documentazione del dottore che rilascia il certificato specifico, poi deve essere portato e autorizzato dal reparto malattie rare. Una volta ottenuta tutta la documentazione comincia l'odissea fra i vari uffici. Il tempo che passa tra l’una e l’altra autorizzazione è infinito. Quando arriva, ad esempio, un tutore ortopedico, ne serve spesso un altro perché nel frattempo la malattia è peggiorata o il bambino è cresciuto - racconta a Today.it la mamma di Giorgio che aggiunge - Per chi ha queste patologie il tempo corre veloce, e va almeno 4 o 5 volte più veloce di quello della nostra sanità. Il processo va snellito e digitalizzato, non si può stare dietro a tutta questa burocrazia". 

Perché poi, al pari di quanto succede per le liste di attesa, la risultante è che molte famiglie cerchino soluzioni di tasca propria. Spendendo anche moltissimi soldi. Perché gli strumenti medici per convivere con queste patologie sono costosi e la speculazione è dietro l'angolo. 

Per i pazienti o per i genitori dei bambini affetti da malattie rare esistono poi dei bonus che però molti di loro, presi da mille urgenze, non hanno il tempo di conoscere. Anche in questo caso il processo potrebbe essere automatizzato e digitalizzato, ma la sanità italiana sembra essere ancora ferma alla carta bollata. 

Esiste poi il tema essenziale delle cure palliative. I malati nella condizione di Giorgio non possono sperare in una cura definitiva. Ma possono essere aiutati a vivere al meglio il presente accanto a chi li ama. Secondo un report della Fnopi (Federazione italiana nazionale ordine e professioni infermieristiche) in Italia su 30mila bambini malati incurabili, solo il 18% riceve le cure palliative pediatriche necessarie, che consentono di migliorare la qualità di vita e di convivere con la patologia anche per lunghi periodi.

Non è fortunatamente il caso di Giorgio che ha trovato molta disponibilità da parte dei medici dell'ospedale abruzzese: "Fino a poco tempo fa eravamo in cura a Roma al Bambin Gesù, poi siamo tornati a Teramo, anche perché per Giorgio viaggiare è problematico. Qui c'è purtroppo meno preparazione sulle malattie genetiche rare, ma sicuramente più ascolto e un buon rapporto umano con medici e infermieri. Ci hanno dato perfino una camera dove possiamo recarci per i ricoveri continui ai quali nostro figlio è sottoposto". E pian piano una storia tragica diventa anche una storia di umana e quotidiana resistenza. 

La mamma di Giorgio: "Noi genitori abbiamo il dovere di essere un esempio" 

Giorgio non è l'unico figlio di Paolo e Manuela. Il bimbo ha una sorellina che si chiama Bianca. Le viene diagnosticato ad appena un anno, dopo una crisi epilettica, un raro tumore cerebrale. Bianca, che oggi ha 9 anni, viene curata e inserita in un follow up europeo e la malattia arretra. Ma tuttora deve sottoporsi puntualmente a risonanze magnetiche di controllo. La malattia di Giorgio, nato dopo la sorella, è stato un vero e proprio tsunami per tutta la famiglia. 

Eppure il messaggio è positivo: "Siamo stati sommersi da tanto affetto e Giorgio è un bambino che fa miracoli - ci racconta la mamma - nonostante la sua vita sia così compromessa, e così difficile, ha una grandissima tenacia e ha superato crisi molto dure. Questa è una lezione per chiunque, che mi piacerebbe condividere specialmente con i tanti adolescenti,che hanno sofferto psicologicamente la pandemia e il post-Covid. Il risvolto positivo in questo dramma è questo: reagire e non ripiegarsi nel proprio dolore". 

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Nel 2020, in piena pandemia, anche Manuela scopre di avere un tumore al seno. Si sottopone a due interventi e circa 30 cicli di radioterapia. Oggi ci racconta che i suoi capelli sono ricresciuti e che sta meglio. Sia Bianca che Manuela devono sottoporsi a ulteriori controlli, ma la fase più critica sembra passata. E la famiglia sembra oggi temprata da una forza e un'energia vitale palpabile. E ha una lezione valida per tutti: nessuno di noi può prevedere cosa ci capiterà nella vita, ma la nostra libertà sta nello scegliere come reagire. 

"Un genitore non si può mai dare pace per un evento simile, credo che l'importante sia cambiare la prospettiva e trasformare una problematica importante in un esempio. Noi abbiamo il dovere morale di farlo. Quello che viene tolto ai nostri figli possiamo utilizzarlo per fare capire agli altri il vero valore della vita. Siamo come dei messaggeri - conclude Manuela - Di fronte a eventi simili o si soccombe e si rovina la proria vita, e quella di chi ci sta a fianco, o si trasforma il dolore in risorsa. Il mio messaggio, di fronte alle avversità della vita, è avere il coraggio di scegliere la seconda strada".

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