Vi fidate dei medici?
L'odissea degli specializzandi tra turni massacranti e mancata formazione
La domanda è volutamente provocatoria e nessuno sostiene che tutti gli operatori sanitari presenti in Italia non siano bravi, anzi. Ma i medici non sono una categoria speciale, esente da critiche. E a ben guardare quello che avviene nelle Università dove i medici del futuro si stanno formando ci sono almeno due problemi che ci devono far preoccupare. Primo: i medici specializzandi lavorano con turni massacranti, in violazione dei loro diritti. Tanto che alcuni scappano: come ci ha raccontato Guido Santini, 31enne della provincia di Arezzo, diventato medico di base dopo essere fuggito dalla scuola di specializzazione a Perugia dove era costretto settimane anche da novanta ore settimanali.
E che sarà mai! Dirà qualcuno. Chi non si è fatto il mazzo per farsi una posizione. Certo. Non si può certo guardare l’orologio quando si tratta di imparare a salvare vite. Peccato che, invece di stare nelle sale operatorie e sui macchinari per gli esami diagnostici, gli specializzandi vengono usati come bassa manovalanza per questioni burocratiche e per tappare i buchi del sottorganico. Insomma, se le cose stanno così, abbiamo il diritto di chiederci: come saranno i medici che, un domani, ci opereranno al cuore o al rene?
Gianmaria Liuzzi, responsabile nazionale dei giovani dell'Associazione medici dirigenti parla di una generazione di medici depressi, mortificati, che si specializzano con una formazione non eccellente e non idonea per gli standard prescritti dalla legge. Tutto per colpa di una visione miope di professori universitari, che non fatica a definire baronale. Già il fatto che i medici in erba non ricevano una formazione, è un problema non da poco. Se si guarda alla contropartita, diventa una beffa. La loro retribuzione è di 1.700 euro al mese, che al netto di versamenti previdenziali, assicurazione, tassa all'Ordine e all'universitaria, si riduce a 1.300 euro. Il tutto poi in un ambiente lavorativo in cui i giovani vedono costantemente violati i loro diritti. Un giovane medico non può godere del ricongiungimento familiare, degli assegni familiari, del congedo di paternità, del congedo per lutto grave, dell'indennità di svolgimento di attività straordinarie.
Inoltre vengono continuamente stressati da orari massacranti. Lo dice chiaramente una ricerca sulla condizione formativa dei medici specializzandi condotta dalla Associazione liberi specializzandi: metà degli specializzandi conferma il superamento delle 48 ore di lavoro settimanali. Ma se il sistema in cui viviamo prevede che i professionisti più esperti insegnino il lavoro alle future leve, possibile che non esista una struttura per tutelare e valutare il percorso pubblico di formazione? In effetti c’è l'"Osservatorio nazionale della formazione medico-specialistica. Peccato sia composto quasi completamente da professori universitari. Di fatto i controllori sono anche i controllati. Una cosa tutta all’italiana.
Se poi pensiamo che ci sono branche della medicina dove i giovani vengono sottopagati, non possono fare attività privata e rischiano anche di essere picchiati…E infatti, come ha detto il Sindacato medici italiani metà delle borse di studio rimangono vacanti, anche per quei posti in rianimazione dove in questi anni abbiamo nostro malgrado imparato a conoscere. Li hanno anche chiamati "angeli" quando la pandemia di covid ha terrorizzato il Paese. C'erano anche loro in prima linea, senza le stesse garanzie e lo stesso stipendio di un dirigente medico. Oggi chiedono di poter crescere. Chiedono di farlo in un sistema sanitario nazionale che, se non saprà cambiare, vedrà Pronto Soccorso senza medici e dovrà prepararsi ad affrontare un esodo di specialisti di alto profilo verso la sanità privata. O peggio all'estero dove un giovane non è un peso ma una risorsa.
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