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Domenica, 28 Aprile 2024
Mafia / L'Aquila

Matteo Messina Denaro è morto

Il boss aveva 61 anni. Era stato arrestato il 16 gennaio scorso dopo 30 anni di latitanza, è deceduto all'ospedale de l'Aquila dove era ricoverato da agosto in una stanza blindata

Matteo Messina Denaro, arrestato il 16 gennaio scorso dopo 30 anni di latitanza, è morto nell'ospedale San Salvatore dell'Aquila, dove era ricoverato, in una stanza blindata, da agosto. Il boss aveva 61 anni, era malato da tre anni di cancro al colon. Venerdì era stato dichiarato in coma irreversibile. I medici, sulla base delle indicazioni date dal paziente, che nel testamento biologico ha rifiutato espressamente l'accanimento terapeutico, nei giorni scorsi gli hanno interrotto l'alimentazione. Non si è mai pentito, era fra i mandanti delle stragi di Capaci e di via d'Amelio, delle bombe di Firenze, Roma e Milano. All'ergastolo era stato condannato anche per il sequestro e l'omicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo.

Matteo Messina Denaro è morto di cancro

Le condizioni del capomafia, sottoposto dal 2020 a quattro operazioni chirurgiche e a diversi cicli di chemioterapia, sono subito apparse gravi ai medici dell'Aquila che l'hanno avuto in cura da gennaio e che inizialmente l'hanno sottoposto alle terapie in carcere, dove era stata allestita per lui una cella con infermeria. Dopo l'ultimo intervento, il boss, molto grave, è stato trattenuto in ospedale. Non è più uscito di lì. Prima di perdere coscienza ha incontrato alcuni familiari e dato il cognome alla figlia Lorenza, avuta in latitanza e mai riconosciuta. La ragazza, insieme a una delle sorelle del capomafia e alla nipote Lorenza Guttadauro, che è anche il difensore del boss, è stata al suo capezzale. È stato proprio il cancro al colon a portare i carabinieri del Ros e la Procura di Palermo sulle tracce del padrino riuscito a sfuggire alla giustizia per 30 anni. "I medici dicono al massimo due anni, ma non ci arrivo... Mi avete preso solo per la malattia", disse Messina Denaro ai pm.

Morto dopo alcuni giorni di agonia

Il capomafia soffriva di una grave forma di tumore al colon che gli era stata diagnosticata mentre era ancora ricercato, poco meno di tre anni fa. Una equipe di oncologi e di infermieri ha costantemente seguito il paziente apparso subito, comunque, in gravissime condizioni. Nei 9 mesi di detenzione, il boss di Castelvetrano è stato sottoposto a due operazioni chirurgiche legate alle complicanze dell'avanzare della malattia. Dall'ultimo intervento non si è più ripreso, tanto che i medici hanno deciso di non rimandarlo in carcere ma di curarlo in una stanza di massima sicurezza dell'ospedale.

La direzione sanitaria della Asl dell'Aquila da giorni stava approntando le fasi successive alla morte del boss e quelle della riconsegna della salma alla famiglia.

Condannato per Capaci, via D'Amelio, stragi del 1993 e per l'omicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo

La cattura dell'ultimo superlatitante mafioso, il 16 gennaio 2023, arrivò trent'anni e un giorno dopo l'arresto di Totò Riina da parte dei Ros. Riina era rimasto libero e ricercato 24 anni, per 43 era rimasto latitante Bernardo Provenzano, non è arrivato a compiere trent'anni di latitanza Matteo Messina Denaro, che era in fuga dal 1993 assieme al padre, Francesco (che morì il 30 novembre del 1998 nelle campagne di Castelvetrano).

L'esistenza in vita di Matteo Messina Denaro era stata messa in dubbio da più di un collaboratore di giustizia nel corso dei decenni, ma gli inquirenti del pool che gli dava la caccia mai avevano concordato o abboccato ai tentativi di far diminuire la pressione. Il testimone dell'ala corleonese della provincia di Trapani era stato raccolto dal boss morto oggi: in una lettera scritta alla fidanzata dell'epoca, Angela, dopo le stragi mafiose di Roma, Milano e Firenze, preannunciò l'inizio della sua vita in fuga. Diabolik, u Siccu, un volto invisibile. Il boss stragista era stato condannato per Capaci, via D'Amelio e per le bombe del 1993 a Roma, Firenze e Milano, oltre che per l'omicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio del pentito.

Di lui si trovarono anche lettere a Bernardo Provenzano, nel covo di Montagna dei Cavalli. Aveva fatto il vuoto attorno a sé, interrompendo qualsiasi collegamento col resto del mondo. Intercettazioni e biglietti su di lui risalivano ad anni e anni fa. Non scriveva personalmente, ma qualcuno che teneva i contatti per lui, evidentemente, c'era sempre. Nel 1993 era stato inserito nella lista dei dieci latitanti più ricercati al mondo. Operato in Spagna all'inizio degli anni duemila, gli investigatori erano riusciti a ricostruire quale fosse la clinica iberica e a prendere il Dna. Decine gli omicidi per cui è stato condannato. Poi la cattura nove mesi fa. Nel supercarcere dell'Aquila era entrato poche ore dopo l'arresto. La Procura di Palermo aveva subito chiesto e ottenuto per lui il 41 bis. 

"L'epilogo di una esistenza vissuta senza rimorsi né pentimenti"

"La morte del boss Matteo Messina Denaro, avvenuta nell'ospedale dell'Aquila, a seguito dell'aggravarsi della sua malattia, mette il punto su una vicenda che racconta di violenza e sangue, sofferenze ed eroismi", lo dichiara il primo cittadino del capoluogo d'Abruzzo, Pierluigi Biondi. "L'epilogo di una esistenza vissuta senza rimorsi né pentimenti, un capitolo doloroso della storia recente della nostra Nazione che non possiamo cancellare ma di cui oggi possiamo narrare la fine grazie al lavoro delle donne e degli uomini che hanno dedicato la loro vita alla lotta contro la criminalità mafiosa. Il 1992 per me, e tanti come me, ha segnato un nuovo inizio dell'impegno politico: non avremmo ceduto al ricatto, ci saremmo battuti per un'Italia forte, orgogliosa, libera e coraggiosa. Oggi continuiamo su quella strada e consapevoli dell'importanza di trasmettere principi sani, anche grazie a iniziative, come il premio intitolato a Paolo Borsellino, utili a far sì che i nostri giovani abbiano memoria di chi ha reso l'Italia un luogo migliore. Di cosa è male e di cosa è bene. Ringrazio il personale del carcere Le Costarelle, le nostre forze dell'ordine, il nostro personale sanitario, per non aver mai fatto mancare professione e umanità", conclude Biondi.

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Fotosegnaletica  Matteo Messina Denaro

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