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Sabato, 27 Aprile 2024
Dietro l'omicidio

Uccisa in chiesa a 16 anni: cosa c'entra ora il Vaticano

La protesta per la decisione di papa Francesco di riaprire alla messa il luogo dove Elisa Claps è stata assassinata e il cadavere nascosto per 17 anni. In occasione dell'uscita della serie Sky-Chora Media "Dove nessuno guarda", Today.it ripercorre i misteri mai risolti: il corpo "ritrovato" più volte e la mano che ha rubato i reperti più importanti

Trent'anni di silenzi sulla morte di Elisa Claps risvegliati all'improvviso dalle proteste, davanti alla chiesa della Santissima Trinità a Potenza. Mille persone in piazza contro la decisione di papa Francesco di riaprire alle celebrazioni il luogo dove la studentessa di 16 anni è stata uccisa e nascosta. Il suo corpo abbandonato per diciassette anni, nel sottotetto sopra la navata centrale e le preghiere dei fedeli. Poi, una volta ritrovato il cadavere, altri tredici anni di chiusura. Fino all'apertura, lo scorso 24 agosto. E alla prima messa, domenica 5 novembre 2023. Una funzione solenne, con la partecipazione dell'arcivescovo, monsignor Salvatore Ligorio, che con l'elevazione dell'eucarestia ha archiviato senza risposta, in nome del papa, le decine di domande rivolte al Vaticano e all'allora parroco, monsignor Domenico Sabia. Per tutti, a Potenza, don Mimì.

Non capita spesso che una città protesti contro una decisione papale. È proprio l'arcivescovo Ligorio a tirare in ballo Bergoglio. “La riapertura della chiesa è avvenuta su mandato che papa Francesco mi ha dato, incontrandomi di persona. Il Pontefice ha sottolineato che la chiesa deve essere un luogo di preghiera”, dice Salvatore Ligorio all'Avvenire, il quotidiano dei vescovi italiani.

La protesta contro la decisione di papa Francesco di riaprire la chiesa di Potenza

L'arcivescovo risponde così alla manifestazione, convocata dall'associazione Libera di don Luigi Ciotti davanti al portone della chiesa, mentre dentro cento fedeli seguivano la prima messa. In testa al sit-in Gildo Claps, 54 anni, l'instancabile fratello di Elisa che con l'anziana mamma Filomena, e una gran parte della città al loro fianco, da trent'anni attende che anche le autorità ecclesiastiche facciano giustizia al loro interno. “Non hanno mai chiesto scusa alla nostra mamma – fa notare Gildo Claps –. Abbiamo chiesto soltanto una cosa: una presa di coscienza. Ma probabilmente per loro è difficile”.

Un manifesto a Potenza, un anno dopo il ritrovamento del corpo di Elisa Claps (foto Fabrizio Gatti)

L'ulteriore replica dell'arcivescovo è sembrata a molti perfino più sorprendente. Soprattutto di fronte a una mamma che per diciassette anni non ha potuto nemmeno piangere sulla tomba della figlia. “Io resto quieto e sereno – dichiara monsignor Ligorio all'Avvenire – come un bimbo svezzato nelle braccia della madre”.

Elisa Claps viene uccisa tra le 11.30 e le 12.30 di domenica 12 settembre 1993. L'aspettano a casa, dopo che era andata a messa nella chiesa della Santissima Trinità. Non la rivedranno mai più e da quel momento Elisa diventa il caso Claps. La scomparsa. Le indagini lasciate a metà. I depistaggi. Gli appelli del fratello Gildo alla trasmissione Chi l'ha visto? di Federica Sciarelli. E all'improvviso, mercoledì 17 marzo 2010, la scoperta del cadavere. Elisa non è mai uscita da quella chiesa.

La dirigente della polizia ricomincia le indagini e incastra Daniele Restivo

La ritrovano nel sottotetto, sotto un cumulo di assi e vecchie tegole. Guardando la facciata, è in alto a sinistra. Nel 2007 alla questura di Potenza arriva una nuova dirigente della squadra mobile, Barbara Strappato, tra le più brave in servizio. Incontra la mamma di Elisa e le fa una promessa. Riapre il caso. Riprende il filo dell'inchiesta naufragata sotto pile di fascicoli, errori incredibili, silenzi. E fissa la sua attenzione su un unico sospettato. L'ultimo ad aver visto Elisa viva: le aveva dato appuntamento alle 11.30, proprio dentro la Santissima Trinità. A quell'ora don Mimì era in piazza a prendere un caffè. Rientrerà alle 12.30, per la messa successiva.

L'ordine di sequestro della chiesa della Santissima Trinità a Potenza dopo il ritrovamento del corpo di Elisa Claps (foto Fabrizio Gatti)

Il ritrovamento del cadavere nel sottotetto è la prova definitiva. Daniele Restivo, l'indagato che quando attira la studentessa nella trappola ha 21 anni e oggi 51, verrà condannato nel 2014 in via definitiva a trent'anni di carcere per l'omicidio di Elisa Claps. Si trova in Inghilterra, dove si è trasferito ed è stato arrestato: è già sotto processo per la morte di una vicina di casa, Heather Barnett, 48 anni, assassinata in bagno a Bournemouth, una cittadina affacciata sulla Manica, il 12 novembre 2002. Un altro 12 del mese, come a Potenza. Un'altra storia di forbici e ciocche di capelli.

“Ho cominciato a tagliare i capelli [alle ragazze] nel 1986 – ammette Restivo davanti ai giudici inglesi che lo condanneranno all'ergastolo –. Poi, a inizio anni Novanta, ci sono stati degli incidenti a Potenza. Alcuni fidanzati delle ragazze cui avevo tagliato i capelli si rivolsero al parroco don Mimì Sabia per lamentarsi. Lui mi chiese una spiegazione. Io confessai a don Mimì e lui cercò di aiutarmi”. Il suo modo di fare intrusivo spaventava le ragazze, gli chiedono i giudici, era così anche in Italia? “In modo diverso, ma sì, me ne resi contro attraverso l'aiuto di don Mimì”. È praticamente una confessione, anche se l'imputato dichiara di non avere ucciso nessuno (nella foto sopra, il provvedimento di sequestro della chiesa della Santissima Trinità a Potenza dopo il ritrovamento del corpo di Elisa Claps).

La mania delle forbici per tagliare le ciocche di capelli alle ragazze 

Invece di fiori e sorrisi, Danilo usa le forbici. Anche a Elisa, scoprirà l'autopsia, sono stati tagliati i capelli. Ma questa volta, probabilmente per il suo rifiuto agli approcci assillanti di Restivo, viene aggredita. Oltre alle forbici, l'assassino usa una lama sottile, forse un coltellino. Danilo Restivo si ferisce e si fa portare al pronto soccorso. Inventa una storia per giustificare il taglio nell'incavo della mano. Dopo aver lasciato Elisa, dice di essersi avventurato nel cantiere delle scale mobili di Potenza, allora in costruzione. E di essere caduto dai gradini di cemento. Anche se a medici e poliziotti sembra una grossolana bugia, la casa dove vive con i genitori non viene perquisita. Se l'avessero fatto, avrebbero trovato i vestiti con cui si era presentato all'appuntamento con Elisa. La madre premurosa li aveva appena lavati e appesi al balcone ad asciugare.

Danilo Restivo in una vecchia foto (da Dove nessuno guarda di Pablo Trincia-Chora Media-Sky)

Al fratello Gildo, che in questura nella denuncia fa il nome di Danilo, dicono che bisogna aspettare: anche se Elisa è minorenne, gli spiegano che devono passare almeno quarantotto ore prima di avviare le ricerche di una persona scomparsa. Sì, la magistratura lo considera un allontanamento volontario. Magari nel frattempo Elisa ci ripensa e torna.

Il 13 e il 14 novembre il giornalista Pablo Trincia ripercorrerà le tappe dell'inchiesta nella serie “Dove nessuno guarda – Il caso Elisa Claps” diretta da Riccardo Spagnoli. Un documentario in quattro episodi, con filmati e documenti inediti (nella foto sopra, Danilo Restivo), realizzato da Chora Media, prodotto da Sky e trasmesso sui canali di SkyTg24, SkyCrime e Now. Fin qui la parte che riguarda l'omicidio. Poi c'è tutto il resto. Quella nuvola opaca su cui il fratello e la mamma di Elisa da trent'anni attendono risposte. Anche dal Vaticano. E che Today.it è in grado di ricostruire.

Il cadavere ritrovato più volte in parrocchia e poi nascosto: perché?

La studentessa, come tante altre ragazze a Potenza, conosce perfettamente le manie di Danilo. A un'amica anticipa che lo avrebbe visto, così per un po' l'avrebbe lasciata in pace. Elisa è una ragazza altruista, non lo considera pericoloso. Ma mai, ricordano ora i familiari, sarebbe salita nel sottotetto da sola con lui. Allora, in quale parte della chiesa è stata uccisa? E soprattutto: chi ha aiutato Danilo a spostare il cadavere, trascinarlo fino al sottotetto e ripulire le tracce di sangue? Ecco entrare in scena quella mano misteriosa che per diciassette anni, dall'assassinio al ritrovamento del corpo, nasconde gli indizi che potrebbero smascherare la rete occulta di Restivo. E cerca di far apparire l'omicidio come una scomparsa volontaria (nella foto sotto, Filomena Claps, la mamma di Elisa).

Filomena Claps, la mamma di Elisa uccisa nella chiesa della Santissima Trinità a Potenza (da Dove nessuno guarda di Pablo Trincia-Chora Media-Sky)

Intanto il ritrovamento: il cadavere di Elisa viene scoperto più volte. Il 24 febbraio 2010 è un mercoledì e qualcuno, ma nessuno dirà mai chi, chiede alle due donne che a Potenza puliscono la chiesa, madre e figlia, di salire nel sottotetto. Le due chiamano il nuovo viceparroco, il brasiliano don Wagno Oliveira. Risalgono fino alla facciata. Il viceparroco fa luce con il suo telefonino. Vede un cranio.

Corre giù dalle scale e non chiama il parroco, suo diretto superiore. Nemmeno la polizia. Telefona all'arcivescovo di allora, monsignor Agostino Superbo, vicepresidente per il Sud della Conferenza episcopale italiana, che è impegnato in una riunione in Vaticano. Qui le loro versioni si separano. Don Wagno, il prete brasiliano, sostiene di aver detto a monsignor Superbo queste parole: “C'è un cranio nella chiesa”. Forse l'accento carioca non lo rende perfettamente drammatico. Infatti l'arcivescovo, interrogato in Procura, dirà di avere capito che il suo viceparroco aveva trovato un ucraino in chiesa. E di avere rinviato la questione al suo ritorno. Le due addette alle pulizie smentiscono invece sia don Wagno, sia il monsignore. Lo stesso viceparroco dirà di avere avuto la febbre quel giorno. E di essersi poi dimenticato del cranio e di tutto il resto. Ovviamente si tratta di Elisa.

Il sottotetto è un'alcova per incontri tra uomini: lo scontrino del 2009

Ci sono altri ritrovamenti. Don Mimì, confessore fidato di tutti i potenti della città, muore a 85 anni nel marzo 2008. Il più famoso tra i suoi fedeli e amici è un ex presidente del Consiglio ed ex ministro democristiano, il senatore a vita Emilio Colombo. Secondo la Procura, monsignor Domenico Sabia non c'entra nulla con quanto sta avvenendo nel sottotetto, tanto che non è stato mai indagato. E la sua famiglia ha messo in campo un avvocato per difenderne la memoria.

Il tetto della Santissima Trinità a Potenza sotto il quale era stato nascosto il corpo di Elisa Claps (foto Fabrizio Gatti)

Due mesi dopo il funerale del parroco, a maggio il corpo di Elisa sarà ritrovato un'altra volta. Lo sostiene una successiva perizia sulla scena del delitto. In quel periodo viene infatti tolta la copertura di assi e tegole che custodiscono il cadavere fin dal 1993. E qualcuno rimuove le tavole di rinforzo del tetto, proprio sopra il corpo di Elisa. Un'apertura per far uscire i miasmi della decomposizione (nella foto sopra, il tetto della Santissima Trinità a Potenza sotto il quale era stato nascosto il corpo).

Altri lavori importanti risalgono al 1995 e durano sei mesi. I cassettoni del soffitto rischiano di cedere. Devono essere restaurati. Nuovi ganci di ferro passano la soletta da parte a parte. Uno di questi viene piegato e cementato tra il braccio e la testa di Elisa Claps. La squadra mobile rintraccerà tutti gli operai che hanno lavorato nel tempo per la parrocchia. Ma nessuno ricorda di essere salito nel sottotetto. Sempre lì sopra, gli investigatori trovano un materasso con tracce di liquido seminale appartenente a due uomini, bottiglie vuote di birra e scontrini del 2008 e del 2009. Quel luogo, accanto ai resti della povera Elisa, è anche una squallida alcova.

La mano misteriosa che ha fatto sparire il sacco con i reperti più importanti

Il 17 marzo 2010, ventuno giorni dopo la telefonata sul cranio-ucraino, il ritrovamento definitivo. La misteriosa manina che ha depistato le indagini questa volta sembra voler mettere fine al caso Claps. Assi e tegole vengono ulteriormente spostate in modo che il corpo sia visibile. Nel sottotetto salgono tre operai romeni per un normale controllo. E lì trovano Elisa. Avvertono il viceparroco. E don Wagno chiama ancora l'arcivescovo. Questa volta però la telefonata è chiara. E monsignor Superbo si rivolge finalmente alla polizia (nella foto sotto, la scala mobile dove Danilo Restivo ha detto di essersi ferito alla mano).

La scala mobile di Potenza dove Danilo Restivo ha detto di essere caduto (foto Fabrizio Gatti)

L'inchiesta nel frattempo viene trasferita da Potenza alla Procura di Salerno. E i depistaggi proseguono anche lì. La polizia scientifica ha suddiviso il sottotetto in un reticolato. Venti quadrati, segnati dalla lettera A alla V. Il riquadro più importante per le indagini è ovviamente quello intorno al corpo di Elisa. Lì è stato trovato il bottone di un abito talare, archiviato a parte e che non corrisponde a quelli della veste di don Mimì. Sono stati poi raccolti altri reperti più piccoli da esaminare al microscopio. Potrebbero esserci capelli, tracce biologiche da sottoporre al test del Dna, impronte digitali. L'ennesimo sabotaggio lo denuncia Eva Sacchi, il perito incaricato dal giudice per le indagini preliminari. Scopre che “il sacco indicato con la lettera A aveva all'interno un foglio con stampata la lettera I”.

“Dalla documentazione video relativa ai lavori di rimozione del materiale sul sottotetto – continua il perito del Tribunale di Salerno – è stato possibile verificare che, al momento in cui il sacco relativo al settore I è stato chiuso, all'interno è stato posto un foglio con tale lettera. La stessa lettera è stata poi posta all'esterno con l'ausilio di un nastro adesivo. Il sacco A, quindi, quello relativo al luogo in cui è stato scoperto il corpo della vittima, non è stato trovato”. Qualcuno insomma ha sostituito le lettere. Il sacco I è diventato A. E il vero sacco A, quello con i reperti più importanti, è scomparso.

Il bottone da cardinale trovato accanto al corpo di Elisa: l'ennesimo depistaggio?

Chi di così importante è salito nel sottotetto a vedere il cadavere di Elisa, tanto da doverne nascondere le tracce? Un indizio potrebbe essere il bottone, ma nessuno esclude che a sua volta sia un depistaggio. “Ammettendo l'appartenenza del bottone a un abito talare, dato il particolare tipo di rosso (rosso ponsò) e ammettendo che il colore delle fibre non abbia subito variazioni, cosa verosimile data la composizione – scrive nella sua perizia Eva Sacchi – il bottone potrebbe essere appartenuto a un abito cardinalizio”.

La guerra delle lapidi lungo la Gradinata IV Novembre a Potenza (foto Fabrizio Gatti)

Perfino i muri, a Potenza, certificano l'inquinamento delle indagini. Ecco la prima targa, inaugurata dal Comune il 12 settembre 2006 sulla Gradinata IV Novembre: “Lungo questo percorso il 12 settembre 1993 spariva Elisa Claps”, è stato scritto a sostegno della tesi dell'allontanamento volontario. Poco sopra, una successiva lapide avverte i passanti: “La targa sottostante testimonia i depistaggi che hanno accompagnato la vicenda di Elisa Claps”. È lo stesso Comune che ci parla, ma in epoche differenti (nella foto sopra). La guerra delle lapidi rivela la lacerazione della città.

Monsignor Domenico Sabia (nella foto sotto, la sua tomba) resta comunque una figura enigmatica. Secondo la famiglia di Elisa, il parroco non ha offerto quella collaborazione che ci si sarebbe aspettati dopo la scomparsa di una ragazza di 16 anni dentro la sua chiesa. “Don Mimì ha sempre avuto un ruolo ambiguo in questa vicenda, fin dalle prime ore – racconta il fratello Gildo Claps durante un'intervista a Tonia Cartolano di SkyTg24 –. Mamma lo affrontò nei primissimi giorni e gli chiese di dire cosa fosse successo, se sapesse qualcosa. Lui disse: non conosco Restivo e non conoscevo Elisa. Al che la mamma lo affrontò dicendo: perché ne parli al passato? Ma lui sviò la conversazione”.

Don Mimì, il parroco del caso Claps che non voleva aprire la porta alla polizia

La chiesa della Santissima Trinità diventa il centro dell'indagine soltanto dopo l'arrivo a Potenza della nuova dirigente della squadra mobile, Barbara Strappato. “Prima non c'era stato nessuno – ammette a SkyTg24 la funzionaria di polizia –. Noi abbiamo ispezionato un solo locale, quello dove erano alloggiate le caldaie, perché erano dietro l'altare. […]. Un accesso, quello alla chiesa, che difficilmente potrò dimenticare, visto che quando abbiamo bussato ci ha aperto don Mimì. Era novembre 2007. Ci ha richiuso la porta, una volta che ha ascoltato quello che dovevamo fare. Ha detto: no, non entrate. Non ci ha permesso di entrare”.

La tomba di monsignor Domenico Sabia, arciprete della Santissima Trinità (foto Fabrizio Gatti)

“Ho contattato subito la Procura di Salerno che trattava il caso e subito dopo, d'accordo con il pubblico ministero, ho chiamato il vescovo Superbo – rivela la ex dirigente della squadra mobile di Potenza –. E soltanto dopo aver parlato con il vescovo, abbiamo avuto accesso alla chiesa, dove siamo entrati per fare un'ispezione con il Luminol, quindi alla ricerca di tracce di sangue”. Non ne verranno trovate. Ma l'inchiesta ha ormai Danilo Restivo nel mirino.

L'unico a essersi avvicinato al corpo di Elisa è il fratello Gildo. È il 12 settembre 1993, poche ore dopo l'omicidio: “Nell'immediatezza entrai alle tre del pomeriggio nella chiesa. Me la feci aprire, perché Restivo mi aveva detto che il luogo dell'incontro era stato la chiesa della Trinità. Ebbi l'istinto di salire ai piani superiori, ma la porta era sbarrata e mi dissero che le chiavi le aveva solo don Mimì. Non ho mai potuto appurare se questo fosse vero”. Elisa, ormai morta, è lì dietro. E comunque, fino al 2007, nessuno busserà più a quella chiesa che oggi papa Francesco ha voluto riaprire. Senza dare risposte alla famiglia Claps. Senza avviare un'inchiesta interna. Come se a Potenza, in questi trent'anni, non fosse accaduto nulla.

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