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Venerdì, 26 Aprile 2024
L'intervista

Il tesoriere che ha cambiato la storia del Partito Comunista

"Il Tesoriere" è il primo libro di Gianluca Calvosa, editore di Formiche, magazine multimediale di economia e politica

È una unione romantica quella tra fantasia e storia, tra immaginario e fatti realmente accaduti nelle segrete stanze dei palazzi, impossibile da scindere quando questi si fondono in un romanzo storico. Soprattutto quando più di 400 pagine affrontano la storia dei grandi blocchi dei partiti nell’Italia del ‘900, diventa impossibile distinguere la realtà dall’invenzione dello scrittore. Così è leggendo “Il Tesoriere”, edito da Mondadori, il primo libro di Gianluca Calvosa, imprenditore ed editore di Formiche. È lui a regalarci uno spaccato di Italia, attraverso la storia di un funzionario di partito capace di cambiare il corso della storia politica di un Paese. Così, sullo sfondo di un Guerra Fredda mai finita, vive un “romanzo criminale” visto dall’interno dei partiti e del Vaticano. 

Perché parlare di politica e storia dei partiti con un romanzo e non con un saggio?
"Io ero partito dall’idea di un saggio, avevo accumulato materiale e volevo metterlo in una forma che fosse accessibile agli altri. Poi mi sono reso conto che un testo sugli anni ’70, che parla di politica, sarebbe stato accessibile solo al solito ambiente ristretto della politica. Ma il mio obiettivo era aprire certi ragionamenti ad un pubblico più vasto e per questo ho scelto la forma del romanzo, della narrativa. Sono contento di averlo fatto perché una delle recensioni che mi ha fatto più piacere è stata quella di una ragazza di 30 anni che poi mi ha scritto. Mi ha ringraziato perché ha detto che era spaventata dal libro e dalle dimensioni, dall’argomento e dall’idea di non essere preparata. “Invece, ha detto lei, sono entrata nel libro e non solo, ne sono uscita soddisfatta, ma adesso mi sono incuriosita di quel periodo e ho deciso di scoprirne di più”. Ecco secondo me un saggio non avrebbe mai avuto questo effetto".

Sono tanti gli argomenti del libro e i riferimenti a fatti storici, per cui, per un curioso che sa poco della storia italiana, sarà forte la voglia di scoprire di più. 
"Diciamo che è già partito il giochino di chi mi chiede chi era quel personaggio o quell’altro. Mi sono anche arrivate telefonate di chi mi chiedeva: Ma il ragazzo a pagina 38 che si picchia con l’atro ragazzo è per caso quello lì? Diciamo che sono riuscito a scatenare un effetto di curiosità per chi fosse quel personaggio o quell’altro. L’altra cosa che mi fa piacere è che, per chi quel periodo l’ha vissuto, ha ritenuto che il libro fosse verosimile. Per questo ho voluto raccontare questa storia, che è la storia di un oscuro funzionario del partito comunista della provincia di Milano che, all’improvviso, viene chiamato a Roma, alla direzione nazionale. Arriva in via delle Botteghe Oscure dove gli viene conferito l’incarico di essere tesoriere del partito e, per sua sorpresa, gli viene detto che deve chiudere il rapporto finanziario con Mosca. Questo incarico trascina un archivista in un mondo di spie, Vaticano, soldi, politica, servizi deviati. Secondo me la cosa più interessante è che, nella narrativa giallo-spionistica che abbiamo vissuto, per lo più cinematograficamente, per lo più a Londra e Berlino, nel libro si vive a Roma, dove non c’erano muri, dove capitalismo, vaticano e comunismo si incrociavano, anestetizzate dall’abbraccio della dolce vita".

Siamo negli anni ’70 e non ci sono molti romanzi ambientati in quell’epoca che parlano di partiti. Come mai?  
"Secondo me perché, a differenza di altri popoli che hanno scritto molta narrativa sui loro anni bui, noi non esorcizziamo i nostri spettri attraverso la narrativa. Ecco perché un romanzo. Perché non ce ne sono. In Italia non c’è una grande tradizione di thriller spionistici. Non amiamo fare i conti con il nostro passato oscuro raccontando le persone. Noi ci limitiamo ai fatti, il saggio racconta i fatti. Ma i fatti non bastano ed è il motivo per cui ho deciso di scrivere libro. Ho conosciuto le persone di cui parlo, che in quel periodo avevano ruoli apicali nel Pci e nella Dc e la cosa che più mi ha interessato sono state le persone, non i fatti. Perché alla fine ti rendi conto che sono diverse da come arrivano con la televisione e i saggi: sono più umane, sono persone che hanno fatto errori, per cui ti serve la narrativa per raccontarle nel profondo".

Ci fai l’esempio di un fatto vero che troviamo nel tuo libro?
"Parlo dell’organizzazione del rapimento di Aldo Moro, che io rielaboro in modo diverso, con un meccanismo alla sliding doors, per cui prenderà un’altra direzione. Ma non sveliamolo perché se no spoileriamo il libro. Però i fatti sono tanti, la commistione fra storia e fantasia è forte. Chi ha letto, avendo vissuto quel periodo da protagonista, ha detto che il romanzo è verosimile: significa che, pur rimanendo fantasia, si basa su fatti accaduti veramente, noti e non raccontati pubblicamente".

Siamo nel passato, ma è un lavoro di grande attualità perché uno dei temi è il finanziamento ai partiti, tanto che libro si apre con valigette piene di soldi che si muovono dagli Stati Uniti e dalla Russia con direzione Roma. 
"È stato sempre un tema. Diciamo che io mi concentro sulle origini di questo tema, nel senso che, nel dopoguerra, il mondo si è diviso in due, in Italia c’era il Partito Comunista più grande del mondo oltrecortina, era finanziato da Mosca, mentre dall’altra parte arrivavano i soldi della Cia per la Dc. Per questo io parlo di luna park dello spionaggio. Perché poi tutti questi soldi servivano per finanziare la carta stampata, la propaganda, alimentavano anche tutto un sottobosco di spie e informatori, che facevano di Roma il vero centro di spionaggio internazionale. A Roma si potevano fare tutte le cose che non si potevano fare a Berlino perché lì c’era il muro". 

Anche oggi Roma è una città particolare.
"È tornata. Nel senso che, ricollegandomi a tua domanda sul finanziamento, c’è stato un pendolo di finanziamenti. Una questione nata in quel periodo, ma che c’è sempre stata, tanto che il libro termina con la genesi dell’indagine che poi ha portato a Mani pulite".

Stai lavorando a qualcos’altro?
"Sì, sto studiando per scrivere un romanzo ambientato sul set cinematografico di un film neorealista nell’immediato Dopoguerra. È una cosa che mi affascina perché è un periodo decisivo per la storia recente del nostro Paese. Molto di ciò che siamo lo dobbiamo a quel periodo e l’idea di trovare in un set tutte le contraddizioni dell’Italia di quel periodo, òla trovo molto suggestiva".

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