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Domenica, 28 Aprile 2024
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Testa (Flaei-Cisl): "Sulla transizione energetica non interrompere il cammino"

"Come ha detto il nostro segretario generale Luigi Sbarra, abbiamo davanti tempi cruciali, serve un forte impegno per la gestione dell’emergenza sociale". L'intervista a Today.it

«L’Italia ha bisogno di amministratori competenti, di una visione strategica sul futuro energetico, di lavorare al più presto a un piano di Transizione Ecologica veramente sostenibile dal punto di vista economico e sociale, dove gli approcci alla trasformazione in atto nel settore dell’energia non possono essere ideologici».

Lo ha detto Amedeo Testa, segretario generale della Flaei-Cisl, sindacato che rappresenta i lavoratori del comparto elettrico, dopo la firma del rinnovo del contratto nazionale con Filctem e Uiltec, che prevede per i dipendenti delle imprese un aumento salariale di 243 euro in busta paga e l’adozione di un protocollo per la valorizzazione dei lavoratori nelle imprese attraverso il diritto alla formazione e una riduzione dei carichi di lavoro.

«In tema di Transizione Ecologica, elettrificazione della mobilità, riduzione dell’uso delle fonti fossili – ha detto Testa – il nuovo governo deve essere in grado di uscire dall’ambiguità di fondo che ha caratterizzato nei mesi scorsi gli studi avviati per risolvere il problema del costo dell’energia salito alle stelle con lo scoppio della guerra in Ucraina. Si fissano obiettivi, date, quantitativi e scadenze, dando per scontato che si possano realizzare degli investimenti su eolico offshore e fotovoltaico grazie alle iniziative dei privati, che al contrario si muoveranno solo se sarà conveniente e se saranno previsti, come in passato, cospicui incentivi statali».

«Oggi – ha aggiunto – per produrre energia utilizziamo 76 miliardi di metri cubi di gas all’anno. Dai nostri giacimenti ne arrivano meno di 4 miliardi, estratti dai circa 500 giacimenti attivi su 1.300 disponibili tra mare e terraferma. Uscire in tempi brevi dalla dipendenza dal gas non sarà affatto facile e se vogliamo evitare nuovi rincari delle bollette per famiglie e imprese dobbiamo intervenire sulla filiera. A Putin per un metro cubo di gas arrivano circa 60 centesimi di euro ma per noi il costo si moltiplica di 2,7 volte, arrivando a circa 1,6 euro, per intermediazioni, speculazioni, passaggi di mano di cui nessuno parla».

Testa, segretario generale della Flaei-Cisl, sindacato che rappresenta i lavoratori del comparto elettrico, ne è consapevole: «Come ha detto il nostro segretario generale Luigi Sbarra, abbiamo davanti tempi cruciali, serve un forte impegno per la gestione dell’emergenza sociale». Con Filctem e Uiltec è stato da poco sottoscritto il rinnovo del contratto di settore. «Siamo estremamente soddisfatti, la firma è giunta al termine di un lavoro attento e puntuale. E’ un passo in avanti per quella che abbiamo chiamato Giusta Transizione. L’accordo con la controparte prevede un aumento salariale di 243 euro in busta paga, importanti avanzamenti normativi, come l’adozione di un protocollo per la valorizzazione della persona nell’impresa, la crescita del diritto alla formazione e un cambio di paradigma sulla sicurezza incentrato sulla riduzione dei carichi di lavoro».

Un impegno sindacale che s’inserisce in una strategia più ampia: costruire con le istituzioni, ognuno facendo la propria parte, l’economia energetica del futuro, movendo dalla considerazione «che la Francia, con l’annuncio del suo governo di tornare in possesso del 100% delle quote del gigante elettrico Edf, è tornata a controllare il suo futuro, mentre noi brancoliamo nel buio». 

Segretario, lei parla della necessità di adottare una strategia integrata, basata su una valutazione razionale del mix tra fonti rinnovabili, gas, carbone, per predisporre scelte realistiche e non ideologiche. Partendo appunto dai numeri. Quanto ci costerà la transizione energetica?

«L’Europa stima una spesa di circa 650 miliardi di euro all’anno, fino al 2030. Quanti di questi faranno carico all’Italia non è facile dirlo, perché il nostro è un Paese senza il nucleare con una percentuale di utilizzo di gas che non ha eguali e arriva al 60%.  Dipenderà anche dal tipo di rinnovabili che verranno impiegate, ma verosimilmente il costo per l’Italia sarà intorno a 50 miliardi di euro l’anno. Almeno 400 miliardi fino al 2030. Il costo della transizione non riguarda solo le installazioni delle fonti alternative e la ricostruzione della rete elettrica, ma pure gli indennizzi da riconoscere a chi oggi gestisce impianti da bloccare perché alimentati da idrocarburi. Per non parlare dei costi sociali causati dall’abbandono di tutte le strutture, degli apparati produttivi esistenti, con gravi effetti sull’occupazione. Una classe politica lungimirante deve tener conto della complessità dei processi, aggravati dalla crisi economica, sanitaria e ora bellica. Ripeto, gli approcci alla trasformazione del settore non possono essere ideologici».

Si può fare una stima sulle rinnovabili?

«La premessa da fare è se per costi delle rinnovabili intendiamo la spesa pubblica o i costi di sistema pubblici e privati, in larga parte sostenuti dai cittadini. C’è un’ambiguità di fondo: si fissano obiettivi, date, quantitativi e scadenze, dando per scontato che si possano realizzare grazie alle iniziative dei privati, che al contrario si muoveranno solo se sarà conveniente. E’ come un cane che si morde la coda. Allo stato attuale, comunque, la forma più incentivata è quella delle comunità energetiche che presenta però enormi problemi dal punto di vista della gestione. La realizzazione di Fonti da Energia Rinnovabili, nei decenni scorsi, si è avvalsa di cospicui incentivi statali. I contributi che vengono riconosciuti ogni anno si aggirano intorno ai 17 miliardi di euro, ogni anno più di quanto costerebbe il Ponte di Messina. I contributi finora erogati a famiglie e imprese superano i 300 miliardi di euro”.

Quanto ci rimettiamo per il gas russo?

«Mi limito a riportare un dato su tutti. Anche se ora la dipendenza dalla Russia è al 40%, sanzioni a parte, continuiamo a versare a Putin cifre talvolta cinque volte superiori rispetto al passato. La narrazione secondo la quale con i rincari del gas finanziamo la guerra di Putin è vera in parte. Il costo del gas ai nostri rubinetti non è quello che riscuote il dittatore russo. Il costo si moltiplica per 2,7 volte, da 60 centesimi al metro cubo arriva a circa 1,6 euro al metro cubo per intermediazioni, speculazioni, passaggi di mano di cui nessuno parla».

E’ utile potenziare le nostre fonti energetiche?

«Premesso che tutto ciò che possiamo prendere dalle nostre fonti dobbiamo farlo, si tratta di una scelta che solo in piccolissima parte può risolvere il problema dell’autonomia energetica. E’ utile ma non risolve. I numeri, del resto, si commentano da soli: mentre noi utilizziamo 76 miliardi di metri cubi di gas all’anno, ne produciamo dai nostri giacimenti quantitativi inferiori ai 4 miliardi di metri cubi che arrivano dai circa 500 giacimenti attivi su 1.300 disponibili, in numero più o meno equivalente tra mare e terraferma». 

A quanto ammonterà il costo della decarbonizzazione?

«Oggi il sistema energetico italiano costa oltre 60 miliardi di euro all’anno. Oltre la metà di questi sono imputabili ai combustibili fossili dei quali, oltre la metà, al gas. Il Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (PNIEC, ndr) della prim’ora prevedeva una crescita di costo del sistema di circa il 5,4%. Dopo le ultime modifiche e le accelerazioni del processo di decarbonizzazione, tale crescita s’impennerà. Come Italia dobbiamo urgentemente fermarci a ripensare tutto il sistema, per ripartire bene. Abbiamo bisogno di un nuovo governo, di interlocutori competenti, di una visione strategica, in altre parole di quel grande sguardo sul futuro che noi chiamiamo la Giusta Transizione. Le imprese e i lavoratori del settore energia sono pronti a fare la loro parte nell’interesse di tutti».

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