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Venerdì, 26 Aprile 2024
giovani e lavoro

Choosy? No, disperati: i giovani d'oggi saranno autonomi a 40 anni

Italia penultima in Europa per quanto riguarda l’indice di equità tra le generazioni: nel 2020 i giovani impiegheranno in media 18 anni per realizzarsi nel lavoro. E in futuro andrà sempre peggio: è il quadro desolante che emerge da uno studio della fondazione Visentini

Forse saranno anche bamboccioni e un po’ choosy, ma tra lavori precari e stipendi quasi da fame la verità è che i giovani d’oggi sono le vere vittime del declino italiano e di una crisi che non accenna a finire. Questo almeno è ciò che si evince da uno studio della fondazione "Bruno Visentini" presentato oggi alla Luiss.

Il quadro che emerge è piuttosto desolante per le giovani generazioni: se nel 2014 i giovani di vent'anni raggiungevano l'indipendenza economica dopo 10 anni, nel 2020 per realizzarsi impiegheranno 18 anni e nel 2030 addirittura ventotto. In sostanza, nel 2020 diventeranno "grandi" a quasi 40 anni, mentre nel 2030 a cinquanta.

Secondo il rapporto il nostro Paese è penultimo in Europa per quanto riguarda l’indice di equità tra le generazioni: l’Italia è ferma a quota 130 punti mentre la media europea si attesta sui 100 punti. Peggio di noi fa solo Grecia. I giovani italiani, si legge nella ricerca, 

"crescono" in una società costruita e gestita a misura delle generazioni mature, che preclude ai giovani anche la visione, la speranza e l’aspettativa stessa di un benessere futuro: una società “dominata” dai baby boomers che hanno goduto di una confortevole gioventù e che oggi approdano a una confortevole vecchiaia da silver boomers. La questione del "divario generazionale", così come le possibili soluzioni a essa connesse, chiamano in causa innanzitutto i principi di solidarietà (art. 2) e di uguaglianza sanciti dalla nostra Costituzione (art. 3): non è possibile, infatti, essere «eguali di fronte alla legge» ovvero esercitare i medesimi diritti, sia civili che sociali, se prima non vengono rimosse le condizioni di diseguaglianza che impediscono a tutti di fruirne effettivamente. 

Nel rapporto si parla espressamente di "emergenza generazionale" e vengono prospettate anche alcune possibili soluzioni per allontanare lo spettro del precariato a vita. La fondazione Visentini propone un "eccezionale sforzo solidaristico nell’ambito un intervento organico e sistematico che ponga la questione giovanile al centro dell’attenzione politica". Insomma, per dirla in maniera sintetica e forse brutale, i più anziani devono cedere in un modo o nell’altro parte della loro "ricchezza" alle giovani generazioni, altrimenti "il rischio di una deriva è molto elevato". Bene. Ma come?

Vedove della crisi in corteo a Bologna. Le Foto

La fondazione prevede una rimodulazione dell’imposizione fiscale con funzione redistributiva e un contributo solidaristico da parte delle generazioni che godono di pensioni più generose. Viene ipotizzato il coinvolgimento, per tre anni in un vero e proprio patto generazionale, di circa 2 milioni di pensionati posizionati nella fasce più alte “con un intervento rigorosamente progressivo rispetto sia alla capacità contributiva, sia ai contributi versati".

In tal modo le giovani generazioni potranno ad esempio godere di incentivi fiscali o altri tipi di agevolazioni. Nel rapporto viene inoltre auspicata la creazione di un Fondo di solidarietà per le politiche giovanili che avrebbe la funzione di finanziare le misure necessarie a colmare il gap generazionale. Ma si tratta di proposte che difficilmente saranno ascoltate da chi si candida a governare: la lobby dei baby boomers. da sempre molto redditizia dal punto di vista elettorale, è ancora lontana dall’esser scalzata.  
 

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