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Domenica, 28 Aprile 2024
Lavori da incubo

Contratti irregolari, stipendi fuoribusta, cibo scaduto e straordinari gratis: "Se avessi soldi gli farei causa"

"Non troviamo personale" si lamentano gli imprenditori ma i racconti di chi lavora nel turismo sono sempre gli stessi, anche nella stagione lavorativa estiva del 2023

Anche l'ultima stagione estiva è stata caratterizzata dagli appelli di albergatori, ristoratori e imprenditori balneari che lamentano in tv e sui giornali, ormai da qualche anno, di non riuscire a trovare personale. Baristi, camerieri, cuochi, bagnini, animatori: sembra che nessuno voglia più fare questi lavori. Ma c'è anche l'altro lato della medaglia: anche l'ultima stagione lavorativa estiva, in Romagna, è stata caratterizzata da contratti irregolari, lavoratori 'in nero', stipendi fuoribusta, straordinari non retribuiti e tutte quelle solite irregolarità che caratterizzano il settore del lavoro nel turismo, in cui lo sfruttamento è diventato ormai strutturale.

Solo qualche mese fa l'Ispettorato Nazionale del Lavoro, insieme ai Carabinieri tutela del lavoro, ha svolto una grossa operazione di vigilanza straordinaria in tutta Italia che ha riguardato i settori del turismo e dei pubblici esercizi e che è stata mirata proprio al contrasto al lavoro sommerso e alla verifica del rispetto della disciplina in materia di salute e sicurezza. È emerso che quasi 4 imprese su 5 sono irregolari, ovvero il 76% delle 445 controllate.

Ripetendo quanto già fatto prima dell'inizio dell'ultima stagione estiva, ho parlato con diverse persone che hanno lavorato a vario titolo nel settore stagionale in Romagna durante l'estate 2023. E ciò che emerge in sintesi è che gli anni passano, ma la situazione e le condizioni di lavoro - purtroppo - non cambiano.

Ma prima una necessaria premessa: in questo articolo, per ragioni di spazio, parlano "solo" sei lavoratori stagionali. Ma, tra le decine e decine che mi è capitato di intervistare nel corso dell'ultimo anno, non ne ho trovato uno solo che mi abbia raccontato di condizioni lavorative giuste e che abbia difeso il settore. Certo, esistono anche imprenditori stagionali seri, e fare di tutta l'erba un fascio è - sempre - sbagliato: evidentemente, però, non è così semplice trovarli.

"70 ore alla settimana per 1500 euro, mi dicevano che ero troppo fiscale"

Giorgia ha 24 anni e durante l'estate ha lavorato in uno stabilimento balneare nei lidi ravennati. "Sono stata assunta come apprendista barista, anche se avevo già varie esperienze come barista e alla fine mi sono ritrovata a fare anche la cameriera - racconta - Avevo un contratto da 40 ore settimanali con un giorno di riposo e uno stipendio da 1500 euro, ma mi hanno subito detto che il giorno di riposo non lo avrei fatto e che mi avrebbero però pagato gli straordinari". La realtà, ovviamente, si è rivelata ben diversa: "Facevo 60 ore alla settimana più altre 10 il sabato sera, quelle 10 almeno pagate in nero e a parte, per circa 130 euro. In più le pulizie che facevamo alla fine di ogni giornata non erano contate come ore di lavoro. Quando abbiamo provato a lamentarci, i titolari ci hanno detto che lo stipendio era "forfettario" di 1500 euro qualunque numero di ore facessimo, e quando una volta ho provato a dire qualcosa mi hanno accusata di essere "troppo fiscale". Oltretutto c'erano anche problemi di sicurezza: mi hanno costretta a firmare un foglio in cui attestavo che avevo ricevuto le scarpe anti-infortunistiche, che in realtà non ho mai ricevuto. Vorrei fargli causa, ma non ho soldi per farlo e loro sono troppo "grossi", so che continueranno a fare così come fanno da anni. Sicuramente però il prossimo anno non tornerò".

"Mio figlio minorenne messo a lavorare come bagnino senza brevetto"

Giacomo è uno chef e ha alle spalle 36 anni nella ristorazione. Anche lui durante l'ultima stagione ha lavorato in un grosso stabilimento in un lido ravennate. "Lavoravo 10 ore al giorno senza giorno di riposo - spiega - In realtà, da contratto, avrei dovuto farne 40 alla settimana e avere un giorno libero. In busta paga prendevo 1700 euro, più qualcosa fuoribusta. In più hanno iniziato a lavorare lì anche mio figlio e la mia compagna, e solo a fine stagione ho scoperto che non erano mai stati regolarizzati. A mio figlio poi, che è minorenne, è capitato un episodio gravissimo: durante la stagione un bagnino ha preso il Covid; loro ci hanno detto di non fare i tamponi per evitare di perdere altro personale, e mio figlio è stato messo a fare il bagnino, nonostante non abbia alcun brevetto. C'erano tanti bambini in piscina, ma loro pur di non chiudere hanno preferito rischiare che annegassero. Mio figlio ha provato a reagire, ma lo hanno minacciato dicendogli che lo avrebbero lasciato a casa. A quel punto io non ci ho più visto: ci siamo licenziati tutti e ci siamo rivolti all'ispettorato. Per non parlare poi degli scontrini inesistenti e dei controlli: tutte le cucine hanno un'uscita di sicurezza, e se arriva un controllo chi non è in regola esce da lì o viene fatto nascondere in bagno. Ma è capitato anche di ricevere dei controlli "annunciati", per cui quel giorno chi non era in regola stava a casa".

"13 ore al giorno per 4 euro l'ora, dormivo in una casetta fatiscente insieme ai topi"

Lucia ha 23 anni e nell'estate 2023 ha lavorato in un camping sulle spiagge ravennati. "Avevo un contratto come apprendista addetta di sala, nonostante avessi già esperienza nel lavoro e quindi non fossi apprendista. Infatti mi hanno subito nominata responsabile di sala - dice la ragazza - Da contratto avrei dovuto lavorare 40 ore alla settimana per 1300 euro al mese: in realtà ne facevo dalle 10 alle 13 ogni giorno. Iniziavo alle 10 fino alle 17, poi dalle 18 fino a chiusura, che andava da mezzanotte alle 2 di solito, ma se c'erano delle feste si andava anche oltre. Avevo anche l'alloggio, per così dire... Una casetta fatiscente che cadeva letteralmente a pezzi. A me è caduto addosso l'armadio quest'estate, e prima di quella ero in un'altra casetta con il tetto che crollava e la muffa, trovavamo anche le feci dei topi. In ogni casetta poi si vive in 3 o 4 persone, ma sono davvero piccolissime. Da mangiare invece ci davano i prodotti scaduti e infatti molti di noi lavoratori sono stati male. Quando ci sentivamo lamentarci o parlare di stipendi tra di noi, poi, si arrabbiavano".

"Dopo l'infortunio hanno smesso di darmi il fuoribusta come ripicca"

Filippo, 43 anni e tante "stagioni" alle spalle, la scorsa estate ha lavorato come aiuto-cuoco in un ristorante nella zona più turistica del Ravennate. "Ad aprile mi hanno fatto un contratto da 40 ore settimanali, ma in realtà ne facevo almeno 55". Ciò significa che ogni mese Filippo "regalava" circa 60 ore gratis al suo datore di lavoro. Il tutto per 1385 euro netti in busta paga: una cifra che, come spesso capita nei contratti stagionali, contiene al suo interno anche ferie, permessi, tredicesima e quattordicesima (che vengono "diluite" mese per mese). "Il titolare aveva promesso che mi avrebbe dato anche 200 euro fuoribusta ogni mese, ma dopo che mi sono infortunato sul lavoro e mi sono messo in malattia non me li ha più dati, come ripicca. Spesso poi saltavo il giorno di riposo: in quel caso venivo pagato 50 euro per l'intera giornata, ovvero 8-9 ore di lavoro. L'anno scorso comunque mi è andata peggio: avevo un contratto da 24 ore e ne facevo almeno il doppio. Ho fatto vertenza e alla fine ho ottenuto 2400 euro, ma ho calcolato che nei 4 anni di lavoro in quel locale avrei dovuto riceverne quasi 11mila. E per quanto riguarda i controlli, posso dire che io in tanti anni di lavoro non ne ho mai visti, e in ogni caso venivamo "formati" per saper cosa rispondere. Dicono che non trovano personale, ma le condizioni sono queste...".

"Lo sanno tutti che i contratti stagionali non vengono rispettati, allora perché non aumentano i controlli?"

Cristina ha solo 20 anni, ma nel curriculum "vanta" già tre stagioni lavorative sulla riviera romagnola. L'ultima in uno degli stabilimenti balneari più frequentati dei lidi ravennati. "Sono stata assunta come cameriera con un contratto part time da 20 ore settimanali, ma fin da subito mi hanno detto che sarebbero state di più - racconta - Infatti lavoravo una cinquantina di ore a settimana. A giugno prendevo 1200 euro, a luglio e agosto 1400, con dentro ferie, tfr e tutto. In questi posti puntano molto a creare l'idea di famiglia, perché non ti metteresti mai contro un tuo familiare, anche se ti paga poco. È un lavoro faticoso e disumanizzante, a fine servizio non mi sentivo più un essere pensante. E nonostante ciò io ero tra quelle fortunate, perché lavoravo in un posto molto grosso: so di altre ragazze che in stabilimenti balneari diversi venivano trattate molto peggio. Ormai lo sanno tutti che nello stagionale i contratti non vengono rispettati, allora perché non aumentano i controlli? E poi, visto che è un settore in cui si assumono molti giovani che spesso non sanno leggere la busta paga, penso che ci voglia anche più formazione, magari già a scuola".

"12 ore al giorno e cibo scaduto da mangiare, mi sono ammalata"

Ambra, 21enne diplomata all'Istituto Alberghiero, nell'estate 2022 ha lavorato in una rosticceria sul mare. "Da contratto avrei dovuto lavorare part time 4 ore al giorno prendendo otto euro l'ora, inquadrata come comis di cucina. In realtà era un sottoinquadramento, perché lavoravo come chef de partie (responsabile di settore) dei secondi. Non solo: lavoravo fino a 12 ore al giorno, dalle otto a mezzanotte. Le condizioni igieniche poi... Non ci facevano rispettare le norme Haccp e a noi dipendenti facevano mangiare cose scadute, tenevano le cose fuori frigo, la cucina sporca, in tutta la stagione non è mai stata pulita la cappa per non pagarci delle ore di lavoro in più per fare le pulizie. Ore che tanto poi non pagava comunque...". Per queste 12 ore di lavoro al giorno, Ambra prendeva appena 850 euro netti, più 50 fuoribusta. "A un certo punto non ce l'ho più fatta e sono andata via: piangevo nei camerini e mi ero ammalata a causa del ritmo insostenibile. Prima io e il mio collega abbiamo provato a chiedere di assumere altro personale, ma la titolare ha minacciato di licenziarci. Era un governo del terrore. Alla fine ci siamo rivolti all'Ispettorato del lavoro perché vogliamo giustizia per tutte quelle ore non retribuite e per tutto quello che abbiamo passato. Non si può lucrare sulle spalle dei lavoratori, servono contratti giusti, giuste retribuzioni, e a quel punto gli imprenditori vedranno che la gente che ha voglia di lavorare si trova".

Il sindacato: "Serve un cambio culturale per combattere lo sfruttamento strutturale"

"Quanto emerge dalle testimonianze di questi lavoratori riflette tristemente la dura realtà del settore turistico nel nostro territorio - commenta Maura Zavaglini, responsabile dell'ufficio vertenze della Uil di Ravenna, al quale tutti gli intervistati si sono rivolti a fine stagione - Pagamenti insufficienti, orari estenuanti e talvolta un trattamento disumano sono le amare constatazioni fornite dai partecipanti al sondaggio Uil nell'ambito della campagna "Zero schiavi in riviera", iniziativa che mira a raccogliere direttamente le esperienze dei lavoratori, mettendo in luce un fenomeno che troppo spesso rimane nell'ombra. I dati raccolti verranno ufficialmente presentati durante una tavola rotonda dedicata a discutere di sfruttamento e delle possibili soluzioni per riformare il sistema. Si prevede di coinvolgere sia le istituzioni che le rappresentanze datoriali, affrontando la questione prendendo in considerazione tutti gli aspetti del problema e cercare soluzioni sostenibili e a lungo termine, piuttosto che affrontare solo i sintomi superficiali del problema. La Uil sostiene l'importanza non solo di intensificare le attività ispettive, ma anche di promuovere un cambio culturale nell'approccio imprenditoriale del settore. La massimizzazione dei profitti in breve tempo non deve ricadere sulle spalle dei lavoratori. La Uil auspica un impegno collettivo per promuovere un ambiente lavorativo equo che garantisca ai lavoratori il rispetto dei propri diritti e che combatta lo “sfruttamento strutturale” che affligge questo settore".

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