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Lunedì, 29 Aprile 2024
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C’è ancora domani, Paola Cortellesi sorprende e commuove al suo esordio da regista

L’esordio dietro la macchina da presa dell’attrice romana è una storia che racconta la generazione delle nostre nonne e bisnonne tra realismo e poesia

Il primo film da regista di Paola Cortellesi, C’è ancora domani, è ambizioso e commovente. È stato il film di apertura della Festa del Cinema di Roma 2023 e ora arriva in sala giovedì 26 ottobre e racconta la storia di Delia, una donna tra tante della sua generazione, vittima di violenza domestica e di molte altre ingiustizie, dentro e fuori casa, mischiando toni e generi. La regista si ritaglia per sé la parte della protagonista. Nel cast insieme a lei troviamo: il marito violento Valerio Mastandrea, il suocero Giorgio Colangeli, l’amica fidata Emanuela Fanelli, la figlia più grande Romana Maggiora Vergano, e l’amore di un tempo Vinicio Marchioni.

C’è ancora domani, la trama

C’è ancora domani si svolge all’inizio dell’estate 1946, con Roma ancora presidiata dagli americani e il Paese che deve decidere cosa fare di se stesso, dopo la caduta del fascismo.

Delia, la protagonista del film interpretata dalla stessa Paola Cortellesi, è una donna lavoratrice e madre di tre figli che si sfianca dalla mattina alla sera in mille attività tra gestione della casa e numerosi lavoretti, e nonostante questo è considerata una nullità dal marito violento, ma anche dal suocero, dai figli che non la stimano e non la rispettano perché la vedono succube e, quel che è peggio, da se stessa. Eppure Delia ha in sé incredibili risorse e trova il modo di ribellarsi a una quotidianità che, con i nostri occhi di oggi definiamo piena di abusi, violenza, ingiustizie, fuori e dentro le quattro mura domestiche. Una realtà in cui Delia e tutte le altre che incrocia nella sua vicenda, di diverse zone della città e di diverse estrazioni sociali, sono cresciute, e quindi faticano a mettere in discussione. 

C’è ancora domani, un film ambizioso che mescola registri e racconta in modo originale un tema attuale

L’esordio alla regia di Paola Cortellesi è un esordio brillante. Il suo primo film dietro la macchina da presa, C’è ancora domani, riesce a raccontare un tema che tante volte abbiamo visto portato sul grande schermo, quello della violenza di genere, in una maniera del tutto originale. E riesce sia a sorprendere che ad emozionare durante molti passaggi del film e, ancora di più, nel bellissimo finale.

C’è veramente tanto in questo film che è anche un omaggio a una generazione di donne che tutti abbiamo potuto conoscere, quella delle nostre nonne o, per i più giovani, delle bisnonne, che pur non essendo scese in piazza e non avendo bruciato reggiseni come faranno poi le loro figlie e pur nella loro poca coscienza di quello che ogni giorno subivano, trovavano il modo di andare avanti, ribellandosi a modo loro, nell’ombra e nel silenzio, ovvero nel posto dove le voleva relegate la società di allora.

Delia è una donna normale, e come donna normale subisce quello che sono abituate a subire le donne dell’epoca, ma per lei è così che è da sempre, e la sua vita, oltre le violenze, procede come nulla fosse. Un “come nulla fosse” che è il sottotesto più straziante che ci racconta il film della Cortellesi, che lo fa però mischiando i registri, alternando ironia, cinismo e anche molta poesia. Senza fare spoiler, per lasciare il piacere di scoprirlo, ci sono almeno un paio di grandi passaggi in cui la dura realtà di Delia si trasforma in una favola, di quelle da musical. E a proposito, non si può non sottolineare, tra le tante cose azzeccate di questo film, la colonna sonora, che mischia generi ed epoche, viaggiando tra il passato e la contemporaneità. Una contemporaneità che in una storia di 80 anni fa è chiamata continuamente in causa, perché mette in scena le radici culturali di ciò che si vive ancora in tante case e in genere anche nella società, sui posti di lavoro per esempio.

Ma la storia è raccontata con gli occhi e lo spirito di Delia, e la sua ribellione è silenziosa ma potente, però è la ribellione intesa da una donna della sua generazione, quella di un paio di gesti davvero profondamente rivoluzionari per lei e per il suo piccolo mondo antico che, anche se Delia non lo sa, di lì a poco scomparirà, travolto dall’arrivo della modernità.

La regista tratta Delia e le sue sofferenze senza giudizio e senza pietismo, la racconta nel suo instancabile spirito di sacrificio, nel suo amore costante e silenzioso e nel coraggio e nelle unghie che tira fuori, sempre restando nell’ombra, come un angelo vendicatore, per garantire alla figlia adolescente, una vita un po’ diversa dalla sua. E chissà che, generazione, dopo generazione, di madre in figlia in nipote, quei piccoli passettini non portino davvero a un cambiamento.

Il cast scelto dalla regista è veramente perfetto per raccontare questa piccola ma potente storia: lei è una Delia che oggi forse qualcuno definirebbe resiliente, ma che di fatto è paziente, testarda e coraggiosa; la sua amica e confidente interpretata da Emanuela Fanelli è un personaggio chiave del film che rappresenta la sorellanza su cui Delia può far affidamento anche nei momenti più bui. Bellissima anche l’altra figura femminile, quella della figlia, che racconta di una nuova generazione che comprende la sofferenza delle donne che l’hanno preceduta perché ce l’ha davanti e comincia a dimostrare un minimo di consapevolezza in più. E poi c’è Valerio Mastandrea, in uno dei ruoli più disturbanti della sua carriera. Uscirete dal cinema sorpresi e anche commossi.

Voto: 7,5

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