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Domenica, 28 Aprile 2024
Il reportage

"Dove c'erano i russi ora è un deserto": il disastro nella seconda riserva d'acqua d'Europa

Era un bacino di acqua potabile, ora c'è solo sabbia che nasconde trappole e bombe ecologiche: l'inviato di Today cammina tra i villaggi devastati dall'inondazione del Dnipro dopo il crollo della diga di Nova Kakhovka. Qui gli abitanti "scorpioni" provano a riappropriarsi della propria vita devastata dalla guerra

Sotto la città di Zaphorijia, nel sud dell'Ucraina, si trovava il bacino di Kakhovka, una riserva d'acqua di diciotto chilometri cubi di volume, lunga 212 chilometri e in alcuni punti larga venti. Creata dopo la costruzione, nel 1956, dell'omonima diga che si trova più a sud, poco sopra Kherson, è un polmone idrico che ha permesso la coltivazione di terre nelle regioni aride del sud dell'Ucraina e che riforniva anche la Crimea, naturalmente sprovvista di acqua. Lo scorso 6 giugno la diga, sotto controllo russo, è saltata. È la più grave catastrofe ambientale avvenuta nel Paese dopo quella di Chernobyl. Villaggi, terreni agricoli e riserve naturali sono stati allagati. La conta delle vittime è ancora incerta, più di cento i morti, ma nessuno sa esattamente quanti siano stati dall'altra parte del fiume, territorio controllato dalle forze di occupazione russe.

Nel distretto di Korabelny, la città scende quasi a livello del fiume. È qui che l’acqua ha invaso case, giardini, parchi, lasciando dietro si sé solo morte e distruzione. Olha Tsylenko è una dei residenti che quella mattina è dovuta scappare con la sua famiglia. Una bella casa, a due piani, al cui interno non è rimasto quasi nulla. Il giardino, un tempo un roseto curato, popolato da piante morte, insetti e fango maleodorante.

"Quella mattina ci siamo svegliati alle 6 del mattino perché dovevamo andare a Mykolaiv per lavoro. Abbiamo subito guardato le notizie su internet, come ogni giorno dall'inizio dell'invasione, e abbiamo saputo della rottura della diga". A un centinaio di metri dalla casa di Olha c'è la ferrovia e subito dopo il fiume. "Poi è arrivata la comunicazione ufficiale da parte delle autorità. Ci hanno anche detto che il picco massimo sarebbe arrivato entro quattro, cinque ore e che sarebbe stato massimo di un metro. Guardavamo l'orologio di continuo. Mia figlia Sonia si è fatta prestare la macchina da un vicino e ha iniziato a evacuare le persone più anziane e anche tutti gli animali che trovava. Verso le dieci l'acqua aveva già incominciato a entrare nelle case. Non abbiamo avuto il tempo di raccogliere nulla. L'acqua è salita fino a quattro metri. E mentre stavamo scappando, i russi hanno iniziato a bombardarci".

Il palazzo della cultura di Osokorivka (Foto Cristiano Tinazzi)

Lyudmyla Stovba cammina in mezzo alle rovine del suo villaggio. Per mesi è stata sotto i bombardamenti dei russi, che si trovavano alla periferia, su un’altura. Il 95% delle case è stato distrutto. L'acqua potabile non c'è da più di un anno e neanche l'elettricità. E dal 6 di giugno non c'è più neanche l'acqua del bacino. Siamo a Osokorivka, centocinquanta chilometri a nord di Kherson. Dove c'era un lago, adesso c'è solo una distesa brulla di terra che si estende per chilometri. Lontano, si vede il fiume Dnipro. "Mio figlio è nelle forze speciali ucraine. Stava nel villaggio di fronte, a Novovorontosvka, a soli tre chilometri da qui. Lui e un volontario venivano a portarci acqua, cibo e generatori, rischiando ogni giorno la loro vita. Questo è il mondo russo, eccolo. La scuola, il comune, la chiesa, non c'è più nulla". "A Osokorivka c'è un memoriale dedicato alla grande guerra patriottica, la resistenza contro l'invasione nazista, come in tutti i villaggi dell'Ucraina. Più di cinquecento i nomi dei soldati dell'Armata rossa caduti combattendo contro i nazisti, segnati su stele di marmo. "C'è anche il nome di mio nonno, eccolo qui".

La stele è rovinata dalle schegge, colpita da un colpo di artiglieria, come il monumento dedicato ai caduti. Sulla sua base c'è scritto 'gloria agli eroi, siete caduti perché la pace sia eterna'. Dentro il palazzo della cultura, colpito da due missili Tochka-U, due manichini in vestiti tradizionali ucraini sono stati posti su due sedie. Una composizione macabra. Lei ha un buco in testa, lui una maschera antigas. C'è anche un elmetto tedesco arrugginito per terra su un mucchio di calcinacci, una delle poche cose rimaste del museo locale. Anche qui i russi hanno distrutto non solo il presente dell'Ucraina, ma anche il loro passato. La grande storia si concentra tutta in questo piccolo villaggio. Solo che adesso gli invasori sono i russi.

"Siamo come gli scorpioni - dice Lyudmyla - sopravviveremo anche senza l'acqua del bacino, come i nostri padri quando il villaggio si trovava molto più in là, prima che ci portassero via quando il governo sovietico iniziò a costruire la diga e poi allagassero le nostre case e i nostri cimiteri. Quello che vogliamo è che la smettano di bombardarci, quello ci fa paura".

L'acqua. Il marito di Ludmyla, ironia della sorte, è morto d'inverno, annegato, mentre pescava. Lo hanno ritrovato a riva, a guardare il cielo da sotto una lastra di ghiaccio. Lo ha recuperato il figlio, quello che oggi combatte contro i russi e che all'epoca aveva dodici anni. All'improvviso, Ludmyla urla "Zitti, zitti!". Due caccia arrivano veloci, lanciando missili contro i russi dall'altra parte del fiume e virando all'interno, mentre tutt'intono i flare lanciati dagli aerei - contromisure di difesa usate per ingannare i sensori ottici a guida infrarossa dei missili - scatenano incendi nei campi.

Osokorivka foto cristiano tinazzi

"Le conseguenze di questo disastro sono diverse: a Nord, dove si è prosciugato il bacino di Kakhovka, parliamo di desertificazione. Dobbiamo capire cosa fare con questa vasta area di territorio, come ripopolarla, quale flora reintrodurre, perché ricostruire la diga adesso è impossibile. Ci vorranno almeno quattro anni dalla fine della guerra e almeno altri tre per ricostituire le condizioni precedenti", dice Mikola Vlasenko, Vice capo dell'ispettorato statale per l'ambiente del distretto meridionale.

Il Dnipro a Osokorivka foto cristiano tinazzi

"A Sud, invece, abbiamo avuto il problema contrario, una terribile inondazione che devastato anche quattro parchi naturali. A Kherson abbiamo decine di fabbriche sul fiume e sono presenti due porti, quello marittimo e quello fluviale dove si trovava una elevata quantità di prodotti industriali di ogni tipo e ingenti quantità di prodotti chimici e fertilizzanti. Nelle turbine della diga e nei suoi depositi c'erano centinaia di tonnellate di oli lubrificanti che si sono riversati nelle acque finendo poi nel Mar Nero".

Le acque inquinate del Dnipro

Buona parte della costa adesso è stata militarizzata. Gli ucraini hanno costruito postazioni e trincee lungo tutta l’area del bacino, soprattutto quella più vicina ai russi. Ma la possibilità che i soldati di Mosca possano attraversare il fiume Dnipro è remota, devono prima attraversare un’area scoperta di diversi chilometri con un terreno molle e sabbioso. La guerra qui continua a distanza, scandita dai colpi di artiglieria tra i due eserciti.

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