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Lunedì, 29 Aprile 2024
Il rischio / Armenia

Perché si parla di un nuovo genocidio armeno

All'inizio del Novecento oltre 1,6 milioni di armeni furono uccisi dall'impero ottomano e ora c'è chi teme una nuova pulizia etnica nel Nagorno-Karabakh da parte degli azeri

L'Armenia ha definito l'operazione militare lanciata dall'Azerbaigian nel territorio conteso del Nagorno-Karabakh un "crimine contro l'umanità", denunciando al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite che "è in corso" una "pulizia etnica". "L'Armenia ha costantemente informato questo Consiglio dell'imminenza della pulizia etnica. Oggi è in corso. Ma i civili del Nagorno-Karabakh sono intrappolati e non hanno modo di evacuare, poiché l'Azerbaigian continua a bloccare l'unica via di salvezza per l'Armenia", ha dichiarato l'ambasciatore armeno, Andranik Hovhannisyan. "Non si tratta solo di una situazione di conflitto, ma di un crimine contro l'umanità che deve essere trattato come tale", ha aggiunto.

Martedì l'Azerbaigian ha lanciato un'operazione militare lampo contro i separatisti, costringendoli a capitolare in meno di 24 ore e a consegnare tutte le armi. La Russia di Vladimir Putin, un tempo alleato e protettore dell'Armenia, e che ha forze di pace nella regione, non ha ostacolato l'offensiva azera, con la Federazione che ormai è concentrata principalmente sul conflitto in Ucraina. Baku vuole ora negoziare la reintegrazione del territorio che si è separato dopo il crollo dell'Urss, portando a due sanguinose guerre negli anni '90 e nel 2020. Per gli armeni il conflitto ha fatto tornare l'incubo di un nuovo genocidio, come quello perpetrato dall'Impero ottomano tra il 1915 e il 1919, quando le deportazioni ed esecuzioni di armeni causarono circa 1,5 milioni di morti. Ancora oggi la Turchia, il principale alleato e sostenitore dell'Azerbaigian, non riconosce il genocidio, che invece è stato riconosciuto dagli Stati Uniti, da 16 Stati membri dell'Ue e dal Parlamento europeo.

Da sempre sono stati gli artisti a prodigarsi per tenere viva la memoria di quanto accaduto. Tra questi in passato il cantante francese di origini armene Charles Aznavour. Oggi il volto forse più noto a livello mondiale dell'Armenia è quello di Kim Kardashian, che proprio recentemente dalle pagine del Rolling Stones ha lanciato, insieme al professore dell'università californiana Ucla, Eric Esrailian, un appello al presidente Joe Biden affinché fermi "un nuovo genocidio armeno". "Purtroppo, il potenziale genocidio degli armeni dell'Artsakh/Nagorno-Karabakh si aggrava ora a causa degli attacchi su larga scala dell'Azerbaigian contro la popolazione civile, dopo mesi di blocco e fame. Ci appelliamo al governo degli Stati Uniti e alla comunità internazionale affinché intervengano immediatamente per evitare un disastro umanitario", ha scritto la donna di spettacolo oggi su X, la piattaforma un tempo conosciuta come Twitter.

Sempre sui social oggi anche Serj Tankian, il cantante della band rock System of a Down, anche lui di origini armene, ha pubblicato un duro attacco contro la comunità internazionale, sostenendo che è complice del genocidio. "L'Azerbaigian è colpevole di genocidio. La Turchia è colpevole di genocidio. La Russia è colpevole di genocidio. Il Pakistan è complice del genocidio. Israele è complice del genocidio. L'Ue è complice del genocidio. Gli Stati Uniti sono complici del genocidio", ha scritto a corredo di un video in cui denuncia cosa sta accadendo nel Nagorno Karabakh, l'enclave il cui nome ufficiale è Repubblica dell'Artsakh, uno Stato abitato da armeni che dal 1992 si è proclamato indipendente dall'Azerbaigian ma non riconosciuto da nessun Paese Onu.

Le tensioni sono tornate altissime lo scorso agosto quando l'esercito azero ha ripreso sotto il suo controllo la città di Lachin e i villaggi vicini di Zabukh e Sus, di fatto tagliando il corridoio che collega l'Armenia con il territorio dell'enclave nell'enclave in cui vivono circa 120mila armeni. Da allora è iniziato un blocco contro l'Artsakh che ha portato a una scarsità di rifornimenti, compresi quelli di viveri, creando una situazione umanitaria difficilissima. Ora dopo l'incursione militare sembra che l'indipendenza della regione sia arrivata al suo termine. Centinaia di armeni stanno già fuggendo, con le immagini che riportano drammaticamente alla mente quelle del genocidio di inizio novecento, e si teme per il destino di quelli che resteranno, per la loro incolumità e per il rispetto dei loro diritti.

Ripristinare il controllo della regione era da tempo il sogno del presidente azero Ilham Aliyev, che controlla la nazione con il pugno di ferro, di fatto dalla dissoluzione dell'Unione sovietica e la sua famiglia anche da prima. Heydar Aliyev, padre dell'attuale presidente, è stato a capo del partito comunista al governo prima di diventare presidente dell'Azerbaigian nel 1993, dopo l'indipendenza da Mosca. Da allora ha governato ininterrottamente fino alla sua morte nel 2003. In quell'anno il potere è passato nelle mani di suo figlio, che da allora guida la nazione con fare autoritario. Nel suo discorso alla nazione dopo l'operazione militare, Aliyev ha attaccato la leadership del Karabakh: "Dopo la resa della giunta criminale, questa fonte di tensione, questo covo di veleni, è già stato consegnato alla storia".

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La sconfitta è un boccone amaro per i separatisti e per l'Armenia, che ha aiutato i suoi connazionali nell'enclave a mantenere la propria autonomia e ha combattuto due guerre con l'Azerbaigian nell'arco di 30 anni. Il primo ministro armeno Nikol Pashinyan ha riconosciuto, nel discorso pronunciato in occasione del giorno dell'indipendenza del suo Paese, che gli armeni stanno sopportando "indicibili sofferenze fisiche e psicologiche". Ma ha affermato che, per garantire la propria sopravvivenza, il suo Paese ha assolutamente bisogno di pace, scatenando proteste in piazza nella capitale Yerevan, con la folla che ha chiesto le sue dimissioni.

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