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Sabato, 27 Aprile 2024
Guerra in Israele

Dove sono finiti i miliardi di aiuti ai palestinesi

Mentre la Cisgiordania è cresciuta economicamente, nella Striscia di Gaza si sta peggio di 30 anni fa. Tra gruppi terroristici e continui bombardamenti, il fallimento dell'eterna ricostruzione

Negli ultimi 30 anni sui territori palestinesi sono arrivati oltre 40 miliardi di euro in aiuti internazionali. Di questi almeno 8 miliardi si stima siano stati stanziati nel nome della ricostruzione di Gaza dal 2005 a oggi. Progetti finanziati dai Paesi occidentali, Usa e Ue in testa, e da quelli arabi, in particolare dal Qatar: edifici residenziali, ospedali, strade, infrastrutture idriche. Tutte opere realizzate a singhiozzo, tra un conflitto e l'altro. E con la progressiva presa di potere di Hamas i Paesi donatori, non solo occidentali, hanno ridotto progressivamente i loro impegni per paura di finanziare gruppi terroristicI. Il risultato è che Gaza è rimasta imprigionata in uno stato di guerra perenne e nella povertà. Dall'arrivo al potere di Hamas in poi, il suo Pil è sceso del 2% all'anno, e oggi l'economia della enclave palestinese è pari a quello di un trentennio fa. Nello stesso periodo, l'altra fetta della Palestina, la Cisgiordania, ha visto quadruplicare la sua ricchezza sotto l'amministrazione dell'Autorità palestinese. 

Gli aiuti alla Palestina

La nuova guerra scoppiata a Gaza ha riportato alla ribalta la questione degli aiuti internazionali ai territori palestinesi. Tra il 1993 e il 2021, secondo i dati dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Oecd) in Palestina sono arrivate donazioni ufficiali pari a oltre 42 miliardi di dollari (circa 40 miliardi di euro). Un terzo di queste risorse è andato a sostenere il bilancio dell’Autorità palestinese, mentre il resto è stato destinato a settori economici, progetti infrastrutturali e ong umanitarie. Un quarto di questi aiuti è stato gestito dall'Onu attraverso le sue agenzie, principalmente l'Unrwa che si occupa del soccorso e dell'occupazione dei rifugiati palestinesi nel Vicino oriente. Il resto delle donazioni è arrivato da dieci donatori: in testa c'è l'Unione europea con 7,6 miliardi di dollari (fino al 2020), seguita da Usa (5,7), Arabia Saudita (4), Germania (2,3) e Emirati arabi (2,1). L’Italia è intorno ai 450 milioni.

fondi-palestina

Come dicevamo prima, i fondi alla Palestina si sono concentrati soprattutto sulla Cisgiordania, governata dall'Autorità palestinese. Difficile avere dati certi sui finanziamenti arrivati a Gaza, soprattutto dopo il 2006, ossia da quando la Striscia, appena liberata dagli insediamenti israeliani, è passata sotto il controllo di Hamas. Da allora, la storia di questo pezzo di terra incastonato tra Israele, Egitto e Mediterraneo è segnata da guerre e promesse miliardarie di aiuti alla ricostruzione. Alla conferenza di Parigi del 2007, i donatori internazionali si erano impegnati a versare 7,7 miliardi di dollari per Gaza. Due anni più tardi, alla conferenza di Sharm el Sheik, i miliardi promessi sono stati 4,5. Passano cinque anni, e una nuova conferenza, stavolta a Il Cairo, raccoglie impegni per 5,4 miliardi. All’ultima conferenza, tenutasi nel 2021, per la ricostruzione della Striscia erano stati promessi circa 3 miliardi. Tra il dire e il fare, però, di mezzo c'è stata per l'appunto Hamas, e come ammesso dalla stessa Autorità palestinese, dei miliardi promessi, sono arrivati a Gaza meno della metà. 

Ci sono i 4,5 miliardi di dollari dichiarati nell'ultimo decennio dall'Onu attraverso le sue agenzie. E poi gli 1,3 miliardi messi a disposizione dal Qatar dal 2012 a oggi. Nel 2021, l'Egitto aveva promesso 500 milioni per la ricostruzione della Striscia. Nel 2021, la Germania e altri Paesi europei avevano dichiarato un investimento di circa 100 milioni per progetti idrici. Un elenco delle opere realizzate nell'ultimo decennio è consultabile sul sito del Gaza reconstruction mechanism, gestito dalle Nazione Unite in collaborazione con l'Autorità palestinese e Israele: infrastrutture, scuole, ospedali. Tra i casi di successo si citano gli impianti di trattamento delle acque reflue e quelli di desalinizzazione, su cui ha avuto un ruolo centrale l'Italia. 

Cosa fa l'Italia per la Palestina

L'Italia è presente in Palestina dal 1985, con finanziamenti del governo e organizzazioni della società civile che agiscono sul campo. Negli ultimi 38 anni abbiamo investito circa 450 milioni di euro in programmi di cooperazione allo sviluppo e aiuto umanitario per la popolazione palestinese in Cisgiordania, Gerusalemme Est e Gaza. Per dare un'idea, secondo i dati dell'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo nel 2022 sono stati impegnate risorse per oltre 22 milioni di euro. Secondo i dati più aggiornati, per il 2023 ci sono 19,5 milioni di euro impegnati e 14 utilizzati. 

I finanziamenti dell'Italia alla Palestina: a quanto ammontano i fondi

L'Italia agisce con gli altri Stati europei ed è il primo Paese donatore per due settori, salute e parità di genere ed emancipazione femminile. In generale, gli aiuti della comunità internazionale sono vitali per i territori palestinesi: le Ong sostengono che 8 persone su 10 dipendono dai programmi di sviluppo e dalle donazioni. E proprio le organizzazioni della società civile lavorano sul campo a fianco delle agenzie governative. 

Tra queste c'è Oxfam: "In Palestina noi abbiamo sempre lavorato su 3 settori principali: giustizia economica, di genere e sugli interventi umanitari - dice a Today.it Riccardo Sansone, responsabile dei programmi Oxfam Italia all'estero - Sosteniamo interventi umanitari per proteggere la popolazione, soprattutto in ambito sanitario, idrico e per la sicurezza alimentare. Inoltre, diamo la possibilità di attivare il tessuto produttivo tramite l'accesso ai finanziamenti e la collaborazione con istituti finanziari e lavoriamo con le organizzazioni che tutelano i diritti e l'emancipazione delle donne in Palestina". Ma in concreto, di quali progetti parliamo?

Cosa finanzia l'Italia a Gaza

In un territorio che vive di emergenza da decenni gli aiuti umanitari si adeguano agli andamenti dei conflitti. Ad esempio nel 2014, in 51 giorni di offensiva militare israeliana contro la Striscia di Gaza decine di migliaia di abitazioni sono state distrutte o danneggiate, causando lo sfollamento tra luglio e agosto di 100mila residenti. All'epoca, l'Agenzia per la cooperazione italiana ha partecipato alla ristrutturazione di 280 unità abitative e all'intera ricostruzione del quartiere di edilizia pubblica popolare di Al Nada.

La ricostruzione del quartiere di Al Nada, nella Striscia di Gaza: è stato finanziato dall'Italia

Più di recente sono stati attivati altri progetti e la maggior parte riguarda temi legati all'emergenza, all'istruzione e alla sanità. Nel 2023 gli interventi più importanti riguardano il "Rafforzamento integrato del sistema sanitario palestinese" (4 milioni di euro), i diritti umani e l'uguaglianza di genere e il rafforzamento del programma Post emergenza Palestina (Pop).

Il dissalatore di Gaza (finanziato dall'Italia) è fermo: non resta che l'acqua del mare

Ma ora è tutto fermo: "Adesso i progetti in essere sono in stallo - dice Riccardo Sansone, responsabile dei programmi Oxfam Italia all'estero - In corso abbiamo un progetto di sviluppo per dare accesso ai sistemi finanziari per le piccole realtà produttive, come piccoli imprenditori sociali. Ma per molti membri dello staff ora lavorare è impossibile: a Gaza abbiamo circa 30 colleghi intrappolati. Molti hanno perso la casa o i parenti e psicologicamente è difficile portare avanti il lavoro. Stanno facendo uno sforzo incredibile a comunicare, ci danno loro notizie quando arriva l'elettricità".

I soldi di Hamas

A dirla tutta, lo stallo negli aiuti a Gaza era cominciato già prima del conflitto in corso. Dopo l'ultima offensiva israeliana nella Striscia, quella del 2021, anche i Paesi arabi hanno cominciato a centellinare i loro finanziamenti. Un rallentamento arrivato dopo lo stop imposto per anni dall'ex presidente Usa Donald Trump ai fondi statunitensi per la Palestina. Le ritrosie dei donatori, compresi quelli europei, hanno caratterizzato gli ultimi vent'anni di interventi a Gaza. E sono legate alla paura che i soldi finiscano nelle tasche di Hamas.

Israele ha sostenuto più volte che il legame tra aiuti e gruppo terroristico fosse concreto, e ha posto a più riprese il suo veto all'invio dei finanziamenti, in particolare quelli alle ong. "Lavoriamo in gestione diretta o attraverso partner selezionati con criteri stringenti che tengono conto anche delle black list, considerando anche i fornitori. Abbiamo un sistema di monitoraggio tecnico finanziario che ci permette di verificare l'effettivo impiego dei fondi: i soldi non transitano altrove, ne beneficiano i cittadini", assicura Sansone di Oxfam.

Stabilire se Hamas sia riuscita a sottrarre o meno risorse agli gli aiuti resta un mistero. Secondo il Dipartimento di Stato Usa, l'organizzazione riceve aiuti diretti dall’Iran pari a 100 milioni di dollari all’anno. Si stima che Hamas riesca a raggranellare con le donazioni (raccolte tra comunità della diaspora palestinese, sostenitori nel mondo arabo e persiano, attività attraverso le criptovalute) circa 140 milioni di dollari all’anno. 

Differenza tra Gaza e Cisgiordania

In tutto questo, mentre Hamas si finanziava attraverso questi canali e i flussi di cassa verso la popolazione di Gaza languivano, la Striscia è stata oggetto di diversi bombardamenti: secondo l'Onu, le quattro guerre tra Israele e Hamas che sono scoppiate tra il 2008 e il 2021 hanno provocato danni alle case e alle infrastrutture civili di Gaza intorno ai 5,7 miliardi di dollari. Più o meno la stessa cifra che si stima sia stata sborsata in aiuti dai donatori internazionali.

Il risultato è che, mentre la Cisgiordania è potuta crescere economicamente nel tempo, a Gaza il tempo si è fermato. Dall’arrivo di Hamas a oggi, il Pil della Striscia è diminuito del 2% all'anno, secondo il Fondo monetario internazionale, e oggi è pari a quello di 30 anni fa. In Cisgiordania è 4 volte superiore a quello del 1994. Circa il 45% della forza lavoro è disoccupata, e il 53% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà: in Cisgiordania, la disoccupazione è al 13%, mentre i poveri rappresentano il 14% della popolazione. Gli aiuti non hanno aiutato, per farla breve, ma fermarli adesso è problematico.

La stessa Oxfam, una delle Ong coinvolte sui territori interessati, sottolinea che bloccarli "Sarebbe un gravissimo errore". La speranza è che dopo questo conflitto la ricostruzione riparta davvero. E che nessun gruppo terroristico e nessuna bomba vanifichino gli forzi per garantire un futuro migliore ai 2 milioni di uomini, donne e bambini che vivono nella Striscia.  

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