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Sabato, 27 Aprile 2024

L'editoriale

Roberta Marchetti

Giornalista

Gasparri fa il bullo con Ranucci e fa vergognare anche chi è di destra

In Vigilanza Rai con carota e cognac. Ci si va così in audizione se ti chiami Maurizio Gasparri, sei il vicepresidente del Senato - ex ministro, ex sottosegretario - e con una carriera politica utilizzata più come salvacondotto per sparate arroganti che a garanzia dei cittadini. Ci si va così, con un ortaggio nel taschino interno della giacca e una fiaschetta di liquore poggiata sul banco, se già da giorni preparavi a tavolino una gag degna di uno scadente locale di cabaret che ancora prova a sopravvivere in provincia, ma portata in scena in un'aula parlamentare. Sentendoti in diritto di poterlo fare perché tanto "giochi in casa". Come ogni vecchio comico che si rispetti, anche Gasparri ha scelto il protagonista del suo sketch, l'ignara vittima da sacrificare per divertire il pubblico, il bersaglio su cui concentrarsi per non farsi impaurire dal resto della platea, strappare quelle quattro risate per portare a casa la paga e magari anche i complimenti dell'impresario. Che poi è esattamente la dinamica del bullo, quella che socialmente - e politicamente, per attaccarsi sul petto una medaglia al merito - si stigmatizza, per poi metterla in pratica il minuto dopo, molto più istintivamente - purtroppo - di quello che vuole farsi credere. 

Sigfrido Ranucci, già turbato per essere stato convocato in Commissione di Vigilanza, qualche giorno fa, a rendicontare il lavoro di Report dopo le polemiche sulle ultime puntate - in primis quella sul testamento di Silvio Berlusconi, che ha scatenato le ire dei fedelissimi di Forza Italia - si è dovuto anche sorbire le 'umoristiche' prepotenze di chi doveva già grottescamente interrogarlo su come svolge il proprio mestiere - quello del giornalista - per natura libero (o almeno così dovrebbe essere). Il bullismo di Gasparri su Ranucci, oltre a non far ridere, è inaccettabile e lo è prima di tutto perché arriva da un rappresentante delle istituzioni, che dovrebbe lasciare fuori dai palazzi del potere i propri livori ideologici. Incalzare in quella sede un professionista mettendolo alla berlina, mortificarlo con frasi del tipo "mi aspettavo più seguaci, è stata una marcetta di 40 persone" - riferendosi alla passeggiata che martedì 7 novembre ha accompagnato il conduttore di Report in Commissione, per sostenerlo e sostenere la libertà di stampa - provare a intimorirlo (senza riuscirci, ndr) con un atteggiamento passivo-aggressivo e sbeffeggiarlo offrendogli un cognac per rilassarsi e una carota per metterlo sarcasticamente a proprio agio, non è stato solo uno sgradevole e non richiesto show, ma un comportamento vergognoso. Una caduta di stile, ammesso e non concesso che il diretto interessato ne abbia, ma quantomeno dovrebbe riservarlo per la carica che rappresenta. Davanti a una simile scenetta l'imbarazzo è bipartisan. Con la sua fanfaronata, infatti, il senatore Gasparri mette a disagio anche la destra, chi la rappresenta e chi la vota, che avrebbe fatto volentieri a meno di assistere a uno spettacolo di così bassa lega. O quantomeno chi tra questi è intellettualmente onesto da condannare quanto accaduto, che non fa certamente onore al di là dello schieramento politico.   

Giorgia Meloni e il fuoco amico 

Carota e cognac. Mancava solo questo in casa Meloni. Non bastava lo scherzo telefonico dei due comici russi che sono riusciti a farla franca con il consigliere diplomatico Talò arrivando a parlare direttamente con la premier, oppure i frequenti scivoloni di Salvini, le dichiarazioni del presidente del Senato La Russa sul figlio accusato di violenza sessuale, l'inchiesta sulle società del ministro del Turismo Daniela Santanchè (anche questa fatta da Report). Per non tirare fuori le più recenti vicende familiari che ci hanno messo il carico. Il vero pericolo per Giorgia Meloni è il fuoco amico. È dalla sua stessa trincea che arrivano più o meno inconsapevolmente proiettili da schivare, è nel suo raggio d'azione che si nascondono sabbie mobili capaci di inghiottirla e trascinarla giù. La speranza più grande che gli elettori di centrodestra dovrebbero avere non è l'inabissarsi del centrosinistra - evento, ad oggi, più realistico di quel che sembra - ma la rottamazione di qualche alleato. Per ora quella di Giorgia Meloni è a tutti gli effetti una battaglia in solitaria. 

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