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Sabato, 27 Aprile 2024

Antonio Piccirilli

Giornalista

Il governo Meloni e l'eterno teatrino dei partiti all'opposizione

Ne è passato di tempo da quando Giorgia Meloni definiva il bonus di 80 euro di Renzi una "marchetta elettorale". Una presa di posizione che oggi, alla luce del taglio al cuneo fiscale varato dal centrodestra, in tanti rinfacciano alla premier accusandola di incoerenza. Meloni però non fu certo l'unica a criticare il bonus renziano che anzi veniva visto con il fumo negli occhi da buona parte dell'opposizione. Beppe Grillo, solo per fare un esempio, fu molto più drastico della leader di Fratelli d'Italia: Renzie, così lo chiamava, "può sbaragliare tutti i contapalle, ne ha i numeri" e gli 80 euro "senza copertura finanziaria, senza il supporto di un decreto legge, sono peggio delle scarpe di Lauro" che "per diventare sindaco di Napoli regalò ai potenziali elettori una scarpa con la promessa di dare anche la seconda se fosse stato eletto".

Col tempo i 5 Stelle devono essersi ricreduti. Al punto da accogliere con giubilo il taglio al cuneo varato dal governo Conte II nel 2020. Una sforbiciata che per la cronaca era molto meno generosa del bonus Renzi e avvantaggiava soprattutto i redditi sopra i 26mila euro. "Più soldi in tasca ai lavoratori. 16 milioni di cittadini avranno più soldi in busta paga" esultava Vito Crimi appena eletto reggente del Movimento.

Il post di Vito Crimi

E Conte, da par suo, twittava: "Abbiamo appena approvato il decreto che stanzia 3 miliardi per la riduzione del cuneo fiscale, mettendo più soldi nelle buste paga di 16 milioni di lavoratrici e lavoratori. Andiamo avanti rispondendo ai bisogni dei cittadini con serietà e fatti concreti". Oggi che è dall'altra parte della barricata Conte è diventato molto più esigente. "Il taglio del cuneo - ha spiegato - è nettamente insufficiente, se pensiamo che nel primo trimestre di quest'anno l'inflazione ha superato di ben 7 punti l'aumento delle retribuzioni". Peccato che numeri alla mano il governo Pd-M5s da lui guidato non sia stato più munifico verso i lavoratori a basso reddito.

Il tweet di Giuseppe Conte

E che dire del Pd? Per Francesco Boccia, capogruppo del Partito democratico al Senato, il taglio al cuneo appena varato "copre soltanto 5 mesi, riguarda un gruppo ristretto di lavoratori e sortisce un aumento in busta paga di appena 50 euro", mentre "di fronte a un'inflazione a due cifre servirebbero misure strutturali". Anche i dem sono diventati incontentabili da quando hanno lasciato Palazzo Chigi. Il loro programma è una lunga lista della spesa: oltre a maggiori investimenti in scuola e sanità, chiedono anche un taglio al cuneo fiscale ben più corposo - e strutturale - nonché la proroga del superbonus e dello sconto sui carburanti. Di soldi, a sentire i dirigenti democratici, ce ne sono in abbondanza. 

E dunque? La morale è che siamo alle solite. Chi sta all'opposizione pretende non solo il possibile, ma spesso anche l'impossibile dimenticando la coerenza, ma soprattutto il principio di realtà che imporrebbe di fare proposte coerenti e realizzabili. La responsabilità, detta in altre parole, dovrebbe essere la stella polare di tutti i partiti, non solo di quelli al governo che per ovvie ragioni non possono più campare di promesse. 

Ovviamente - è perfino superfluo dirlo - il decreto Lavoro è criticabile sotto molti aspetti, anzi è fisiologico che la sinistra dia battaglia su temi come la lotta al precariato o il reddito di cittadinanza. Le critiche diventano un po' meno comprensibili se arrivano sul taglio al cuneo fiscale, una misura presente nei programmi elettorali sia del Pd che dei 5 Stelle. Si poteva fare di più? Certo, ma come si dice: il meglio è nemico del bene. Eppure, salvo qualche sparuta eccezione (Carlo Calenda), anche alzare di qualche decina di euro gli stipendi è diventato motivo di scontro tra i partiti. 

L'andazzo è sempre il solito e riguarda tanto la destra quanto la sinistra: chi sta all'opposizione si sente in dovere, quasi in obbligo, di dire peste e corna di chi è al potere dipingendo scenari rovinosi e apocalittici. In qualunque circostanza e con ogni pretesto. Un teatrino il cui obiettivo è fin troppo manifesto: riguadagnare consenso e tornare, presto o tardi, a sedere nella stanza dei bottoni. Con buona pace della credibilità di tutta la classe politica. 

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