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Lunedì, 29 Aprile 2024
Politica

Lo psicoterapeuta: "Fontana e La Russa scelte provocatorie, estreme, tremende"

A tu per tu con lo scrittore e analista adleriano sulla situazione nel Paese dopo l’elezione di presidenti di Camera e Senato. “Impossibile fare scelte peggiori. Non si possono provocare così i cittadini”

La caccia al franco tiratore o “traditore” dopo l’elezione di Ignazio La Russa al Senato, una coalizione tenuta sotto scacco da Silvio Berlusconi, lo scontro durissimo con Giorgia Meloni e la rabbia sociale che rischia di esplodere.

In questi giorni sulla politica e sulla società sembra stia passando un vero e proprio terremoto. L’ennesimo dall’inizio del 2020. “In realtà il peggio deve ancora arrivare, sta palesandosi ciò che molti temevano, la destra non possiede lo strumentario minimo per occuparsi del Paese, è tenuta insieme solo dall’ambizione dei singoli, persone risolute a lasciare un’impronta del proprio passaggio, a qualunque costo. Questo è umano, si tratta di capire che tipo di lascito depositeranno”.

Domenico Barrilà-4La discussione con Domenico Barrilà (nella foto), scrittore, analista adleriano, uno dei massimi psicoterapeuti italiani, molto attento ai temi che riguardano le ricadute sociali della personalità dei leader politici, parte proprio da tali interazioni, dalle influenze che esercitano nella sfera politica le qualità personali di chi la pratica. Le sue previsioni stavolta non sono rosee.

“La situazione è serissima, abbiamo di fronte un brodo primordiale torbido, dove si sono dati appuntamento le peggiori istanze, tutte in una volta, e gli istinti ballano come fagioli nell’acqua bollente”.

Dalle urne è uscita però una maggioranza ampia.

“Conseguenza di un sistema elettorale che sembra frutto dalla mente di uno schizofrenico. L’alleanza di centrodestra è poco sopra il 40 per cento, peraltro avendo votato qualcosa più del 60 per cento degli aventi diritto. La maggioranza vera è un’altra cosa, bisogna che tutti lo rammentino, e soprattutto che rispettino tale dato, altrimenti comincerà un autoscontro senza precedenti, che porterà il Paese dove neppure la guerra e il Covid sono riusciti”.

Le prime mosse della coalizione, al Senato alla Camera, sembrano darle ragione.

“Impossibile fare scelte peggiori. Non si possono provocare così i cittadini”.

Si riferisce ai presidenti dei due rami del parlamento, appena eletti.

“Sono scelte tremende, provocatorie, estreme, che mostrano la presenza di una serie di tratti inquietanti, a cominciare da un’evidente carenza di senso di responsabilità, di equilibrio, istituzionale e personale. Occorreva maggiore moderazione. Né Ignazio La Russa né, tantomeno, Lorenzo Fontana, potranno mai rappresentare le sensibilità sparse nel Paese, queste persone sono figlie di una contingenza assurda che partorirà altri pugni allo stomaco. La disperazione, purtroppo, apre da sempre le porte a ospiti indesiderati. Il disagio sociale è una realtà, troppi traumi uno dietro l’altro, ma una reazione così autolesiva alle urne potrebbe fare diventare uno scherzo ciò che abbiamo visto sinora”.

Quali saranno le conseguenze di questa scelte.

“Per capirlo bisogna fare un passo indietro, rovistare il retroterra dell’uno e dell’altro. Ignazio La Russa è il simbolo vivente di una tragedia che non passa, perché è annidata nel cuore di troppi uomini. Le persone come lui tengono viva la fiaccola, anzi la fiamma, fino a quando, succede con una certa regolarità, si allineano i pianeti e ci si può abbandonare a tentazioni che sarebbe meglio rimanessero fuori dalla porta”.

Sembrerà curioso, ma si fa fatica a trovare persone che esplicitamente dichiarano di avere votato il partito della Meloni.

“È vero, molte delle persone comuni che votano certi partiti non ne parlano volentieri. Sanno che si tratta di una scelta grave, di un dispetto, e i dispetti si fanno di nascosto”.

Nella sua attività ha un ruolo centrale la psicologia sociale e di rimando dunque anche quella “politica”. Com’è l’animo di un fascista?

“Da professionista credo che essere fascista, soprattutto in un Paese che da un secolo porta sulla propria pelle feriti e lutti generati da un uomo mentalmente disturbato, non sia indizio di grande equilibrio interiore, né tantomeno di vero interesse verso i propri simili.  Bisogna essere particolari per fondare o votare ai giorni nostri un partito che la fiamma tricolore nel simbolo, avere conti aperti con la vita, con la stessa democrazia. Questo vale anche per Giorgia Meloni e per tutti coloro che si sentono il fascino di una cultura, vi costruiscono successi politici, richiamando a sé quello specifico consenso, ma guardandosi bene dal proclamarlo. Lo fanno nei comizi, dicendo cose cattivissime, elencando i bersagli e dandoli in pasto agli istinti della folla, poi fanno i moderati quando devono sedersi a tavola. C’è qualcosa di inquietante in queste persone, penso ancora alla presidente del consiglio in pectore che afferma di volere “Unire la Nazione” non rendendosi conto che la sua stessa presenza divide”.

In questi giorni abbiamo visto bruciare bollette della luce e del gas per protesta, così come i poster con i volti dei leader politici. Sono segnali premonitori di una rabbia sociale che potrebbe esplodere?

“Ci sarà molta indolenza sociale nei prossimi mesi, che è la violenza dei miti, persone che non faranno mai scelte violente ma non contribuiranno a unire il Paese con un leader di destra al potere. Si limiteranno a fare il minimo, appoggiandosi ai remi senza spingerli, perché non vogliono mandare giù il boccone. Avremo una sottrazione di risorse formidabile dalla causa del bene comune. Un conto è che lo chiedano Sergio Mattarella e Mario Draghi di fare sacrifici, un conto è che lo chieda l’esponente di un partito che tocca qualcosa di delicato dentro di noi, ferendo una sensibilità democratica e civile”.

Stesso discorso può valere per il presidente della Camera, immagino.

“Per certi versi è ancora peggio, perché chi è fascista possiede un’ideologia, sbagliata ma con un capo e una coda, mentre il neopresidente della Camera è una persona davvero involuta, espressione inqualificabile del cattolicesimo più primitivo, quando non addirittura malato. Qui c’è qualcosa di profondo e irrisolto a livello personale, una presa di contatto coi temi della religione che fa paura, perché è un processo privo di realismo e di autocritica, come accade nelle psicosi. Una deriva presente oggi nelle sètte e nel cattolicesimo più nostalgico delle catacombe”.

In che senso?

“Parliamo di persone che non riescono a sentirsi parte della comunità nazionale a pieno titolo, rimandone sul bordo, spesso mettendosi in balia di guide spirituali manipolatorie e spregiudicate.  Sottogruppi, sottoinsiemi, che usano temi come l’aborto e l’omosessualità alla stregua di sciabole, ma in realtà coprono la loro incapacità di adattarsi a un mondo che cambia, ai diritti che crescono, alle libertà che si affermano. Bambini spaventati dal temporale che cercano la mano rassicurante di mamma e papà. Questo flusso di voti è andato a destra, a persone che negano la fratellanza degli esseri umani, circostanza che parla di violenza e di ateismo, altro che religione.  Ci sono individui che dovrebbero affrontare i propri problemi prima di infliggersi ai colleghi deputati, al Paese e al cattolicesimo più adulto che, credimi, esiste e tiene in piedi anche le zavorre. In questi giorni sono stato in compagnia di due sacerdoti che sentono di normalità e usano le parole e le azioni solo per unire. Chi mi conosce sa che nutro diverse riserve sulla disinvoltura con cui la legge sull’aborto è stata abbandonata a se stessa, ma i diritti civili vanno migliorati non certamente combattuti”.

Quanto è vasto questo territorio ecclesiale più arretrato?

“Sono tanti coloro che fanno parte di questa chiesa nostalgica e antievangelica, che purtroppo crede di essere l’unica interprete dello spirito cristiano. Un paradosso solo apparente, questa retroguardia del cattolicesimo che si ribella alla svolta conciliare e vuole tornare bambina. Sovente si tratta di persone in buonafede, cosa che non mi sentirei dire del nuovo presidente della Camera, vittime di biografie dolorose che vedono nell’appartenenza religiosa una sorta di terapia, di famiglia surrogata, un posto sicuro. Una soffitta dalla quale non vogliono uscire. Un sentore di morte che tradisce, anzi uccide, la rivoluzione cristiana, assetata di gioia, di speranza, di fiducia nell’uomo, nella vita”.

A cosa ha pensato il giorno dell’elezione di Ignazio La Russa alla seconda carica dello Stato?

“Il mio pensiero è corso subito a mio padre, sei anni di prigionia durante la Seconda guerra mondiale, voluta dal partito nazista tedesco, cui si associò quello fascista italiano. Sarebbe morto circa 20 anni dopo il rientro a casa, a causa di uno stato di salute minato da quell’esperienza. Tra pochi giorni cadrà l’anniversario della sua scomparsa, il cinquantaquattresimo, il più amaro di tutti, perché arriva proprio mentre il Paese da prova di non avere memoria né cultura, rendendo semplicemente inutile il suo sacrifico e quello di un’intera generazione, compresa la parte che stava dalla parte sbagliata.  Quell’elezione è uno schiaffo a papà e a tutti coloro che furono traditi da un morbo che stenta a guarire e forse mai guarirà”.

È quello che lasciato intendente anche Liliana Segre nel suo discorso in apertura della prima seduta della XIX legislatura…

“Liliana Segre è stata limpida, parlando di “vertigini”, mentre ricordava che esattamente un secolo fa si consumava la marcia su Roma, primo atto di una catastrofe senza pari.  Cambiano gli attori, il morbo rimane, trasmigrando di generazione in generazione”.

A urne chiuse, mentre si mettono tasselli per il nuovo esecutivo, forse non bisogna dimenticare quello che diceva prima, che il primo partito è stato quello dell’astensione. Perché?

“L’Italia è in pericolo per carenza di spessore e di responsabilità, da parte degli elettori, che disertano le urne e non esercitano il necessario controllo sociale sulla politica, ma anche da parte degli eletti, divisi tra strafottenza, giochi di potere e tentazioni ludiche, la prima seduta del Senato è stata l’antipasto di ciò che ci attende, consapevoli che sono poche le persone su cui possiamo davvero contare.  Un quadro squallido, in cui anche pesci di poco valore posso dare le carte. In questo momento penso al peggiore di tutti, una persona arrogante e violenta, la cui apparizione sulla scena politica è responsabile di un’accelerazione di tutti i processi degenerativi degli ultimi dieci anni. Una persona calcolatrice, cinica, distruttiva con la quale faremo i conti a lungo”.

Come se ne esce?

“La politica va tolta le mani di attori come quello che cito in filigrana, e l’unico modo per farlo è spingere le persone a impegnarsi direttamente e massicciamente, perché fino a quando essa resterà un gioco per pochi intimi non ci sarà scampo”.

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