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Lunedì, 29 Aprile 2024
L'intervista

"L'accordo sui migranti tra Italia e Albania è irrealizzabile"

Il segretario di +Europa, Riccardo Magi, spiega a Today.it perché il protocollo di intesa tra Roma e Tirana potrebbe finire su un binario morto

Il protocollo d'intesa siglato tra Roma e Tirana per il trasferimento di migliaia di migranti in dei centri gestiti dal nostro Paese su territorio albanese riaccende il dibattito politico. Tra i più critici Riccardo Magi, segretario di +Europa, che ha paragonato i centri previsti dall'accordo tra Giorgia Meloni e il premier albanese Edi Rama al campo di prigionia di Guantanamo.

Onorevole Magi, teme davvero che si possa raggiungere quel livello di violazioni dei diritti dell’uomo?

"Ho usato un paragone forte. Io dico che innanzitutto dovremmo vedere nero su bianco di che cosa si tratta. Non è attraverso un protocollo d'intesa che - almeno da quello che abbiamo capito - si richiama ad accordi bilaterali precedenti di collaborazione fra l'Italia e l'Albania sul contrasto all'immigrazione irregolare, che si può realizzare quello che il governo ha annunciato".

Cosa lo rende irrealizzabile?

"Non si possono creare delle strutture gestite dal governo italiano nel territorio di uno Stato che non è membro dell'Unione Europea: dei centri sotto la giurisdizione italiana per detenere dei profughi, dei richiedenti asilo, dei potenziali richiedenti protezione. E comunque non si può certamente procedere così: va quantomeno votato un atto che abbia forza di legge".

E non parliamo solo di legge italiana

"Esatto. Bisogna rispettare i requisiti del diritto internazionale. E non ci pare assolutamente questo il caso".

Si sa già quando i termini dell’accordo saranno illustrati in Parlamento?

"In realtà ho letto oggi una dichiarazione della della responsabile immigrazione di Fratelli d'Italia, che ha detto che secondo lei non c'è bisogno di un passaggio in Parlamento. La confusione che il governo sta generando sul tema dell’immigrazione, con queste proposte continue, ormai avvolge anche gli esponenti della maggioranza stessa, che non sanno esattamente di che cosa il loro stesso esecutivo stia parlando".

Potrebbe essere l’ennesimo annuncio, sulla falsariga del mitologico “Piano Mattei”?

"Non mi stupirebbe. Per ora mi sembra una mossa propagandistica per sviare l’attenzione sulla loro incapacità di produrre qualcosa di risolutivo e definitivo sul tema immigrazione. Lo stesso premier albanese, Edi Rama, ha dichiarato che il protocollo non risolverà nulla, che gli fa comodo per rinsaldare i rapporti con l’Italia".

L’Europa ha chiesto di vedere i dettagli dell’accordo, lei ha usato un’espressione molto forte, paragonando i centri alla prigione di Guantanamo. Chi controllerà quello che succederà nei centri, qualora venissero realizzati?

"Per come è stato presentato, quello tra Italia e Albania è un accordo fuori dal diritto internazionale, perché non rispetta le garanzie minime per i diritti umani. Chi è recluso, detenuto o intrattenuto, perché la sua posizione deve essere verificata o perché ha fatto una domanda o perché è in attesa di espulsione, può sempre fare ricorso. La domanda è: in Albania, a chi dovrebbe fare ricorso? Ci sarà un magistrato italiano che andrà confermare il fermo? È tutto molto nebuloso, sembra più una sparata ad effetto. Qualcosa di impossibile da realizzare".

Qualcosa di simile provò a farlo l’Inghilterra

E dovettero bloccare tutto perché quell’accordo violava la Convenzione europea sui diritti dell’uomo. Alla base di tutta questa storia c’è un fatto grave: il governo italiano ha rinunciato alle modifiche al trattato di Dublino che avrebbero garantito la redistribuzione tra i paesi membri dell'Unione Europea. Ora invece cerca accordi con Paesi extra-UE. A che pro?

Aanche se alla fine la strada si rivelasse praticabile, sarebbe una soluzione molto costosa. Il governo costruirebbe le strutture in Albania, le gestirebbe con personale Italiano e pagherebbe anche il trasporto dei migranti. Che senso ha?

"È semplice. Vogliono costruire in Albania quei Cpr che che nessun presidente di regione vuole sul suo territorio, a partire dai presidenti di regione del centrodestra. E per farlo sono disposti a forzare il diritto internazionale e a spendere molte più risorse".

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