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Lunedì, 29 Aprile 2024
Politica

Renzi non perde tempo: "O con Silvio o si vota"

Il sindaco di Firenze punta dritto alle elezioni. E pur di andare alle urne lancia una provocazione che sa di sfida al segretario Bersani: l'altra strada si chiama governissimo

“Stiamo vivendo una situazione politico istituzionale in cui stiamo perdendo tempo”. Ieri. “O l’accordo con Berlusconi o subito al voto”, magari a giugno. Questa mattina, sul Corriere della Sera. Parliamoci chiaro, Matteo Renzi ha rotto tutti gli indugi e forse potrebbe ‘rompere’ il Partito democratico. Non tutto, solo la linea di Bersani.

A chi gli ha chiesto conto di quelle parole, Renzi, in mattinata, ha risposto usando l’arte della diplomazia: “Il problema non è quello che faccio io. Non c’è un italiano interessato a sapere che farò io da grande. Ma ci sono tutte le persone normali che chiedono ai palazzi della politica: decidetevi, sono passati più di 40 giorni dalle elezioni”. Parole da “cittadino”, non da candidato premier. Può bastare? No. Una chiacchiera da bar non spacca un partito. Lo può fare un virgolettato di Matteo Renzi lanciato alla guida del centrosinistra.

“Faccio il tifo per Pierluigi”, senza pugnalarlo, ha ripetuto per giorni. I cori della curva, tuttavia, sono serviti a poco. Il progetto del segretario del Pd è durato il tempo di un paio di no, uno di Grillo, l’altro di Berlusconi. Poi è stata la volta dei saggi, voluti da Napolitano, snobbati dalla politica. Da Berlusconi, Grillo, e anche da Bersani che considera l’incarico esplorativo “riassorbito” ma che non ha intenzione di mollare, “andare al mare”. Nessuna vacanza, anzi, un no netto all’ipotesi di ‘governissimo’ a braccetto con monti ed il Pdl.

Dopo quest’ultimo giro di boa, in pieno ingorgo istituzionale, Renzi si è sentito libero dal vincolo di fedeltà. Bersani ha provato, ha avuto il suo giro di giostra, se pur brevissimo. Ha fallito. Per questo ha ricominciato a macinar politica. Ponendo il primo aut-aut: o un governo di scopo, in tinta tedesca, o il voto. Delle due una. E, seguendo la logica del salto dalla torre, è probabile che Renzi punti al voto, passando semmai per lo strappo interno.

L’intervista al Corriere certifica la rottura con Bersani e parte del Pd: “Se Renzi si vuole accomodare e fare il governo con il Pdl non è la linea scelta dal partito”, ha sottolineato Davide Zoggia, bersaniano di ferro. Come dire, fuori dal Pd ognuno fa come vuole, dentro, si sta alla linea approvata in direzione. Perché, quindi, un braccio di ferro così 'violento' in un momento così delicato?

Il punto vero è che Renzi non pare puntare ad un accordo tra il Pd e Berlusconi. Tutto il contrario. Anche perché della cosa non parla solo Migliavacca con Verdini. Letta, Franceschini Veltroni, lo stesso D’Alema, ad oggi, non direbbero di no ad un accordo. Tecnicamente si chiamerebbe governo di scopo. Politicamente vedrebbe le due forze stringere un vero e proprio patto. Magari partendo da Franco Marini come successore di Giorgio Napolitano. Un nome su cui i due terzi delle Camere potrebbero trovare la quadra. A quel punto, semmai affidando al Pdl la presidenza della cosiddetta ‘convenzione’ per la riforma della seconda parte della Costituzione, il governo potrebbe davvero spiccare il volo. Per quanto? Difficile da dire. Il tutto si potrebbe esaurire nel breve ma potrebbe anche durare un anno, o forse due. Con Renzi che rischierebbe di perdere il treno, l’ennesimo.

NAPOLITANO RISPONDE A RENZI: "PERDERE TEMPO? NON CREDO"

Così sono tornati in voga i sondaggi di Alessandra Ghisleri, l’analista del Cavaliere, che danno il sindaco avanti di 6-10 punti al Pdl. E quelli di Fabrizio Masia, l’uomo dei numeri del ‘rottamatore’. Facendola breve, Renzi sa che il suo momento è adesso (parola cara al titolare di Palazzo Vecchio). Adesso, non in autunno, in cui oltretutto ci sarebbe da fare i conti con il congresso per il dopo Bersani. Per questo vuol far in fretta. Magari passando per le primarie, magari prendendosi rapidamente la maggioranza del partito a furor di popolo.

PRODI – I progetti di Renzi tuttavia potrebbero scontrarsi con l’altro Pd, quello di Bersani. Il cosiddetto apparato, che a quanto pare si sta mobilitando. Da una parte c’è chi comincia a negare la possibilità di nuove primarie, questione di tempi ristretti. Dall’altra c’è chi lavora al piano B. Un progetto con un nome ed un cognome: Romano Prodi. Ed un luogo, il Quirinale. Un retroscena che parla di un elezione per maggioranza, alla quarta chiamata. Una prova di forza del Pd con l’aiuto di Scelta civica. A quel punto, il professore, messo in cattedra, potrebbe affidare l’incarico (e non il pre-incarico) nuovamente a Bersani, con tanto di giuramento. Poi via al Senato per tentare di trovare quei numeri che adesso non ci sono, ma da qui a un mese, ci potrebbero essere. Movimento 5 Stelle, o logoramento 5 Stelle, permettendo.

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