Monti-Bersani, lo scontro è aperto

Prime crepe nel sentimento di unità nazionale? A guardare le dichiarazioni di ieri di Mario Monti da Tokyo e le conseguenti reazioni del Partito democratico, sembra finito l'idillio tra il centrosinistra e il professore. Dalla freddezza con cui Monti ha accolto la notizia dell'accordo sulla legge elettorale trovato da Alfano, Bersani e Casini ("Non ho nemmeno letto i giornali"), alla dura presa di posizione sui consensi in calo per l'attuale squadra di Governo ("Noi godiamo di un largo consenso nei sondaggi, i partiti no"). 

"Chi o cosa c'è dietro, chi suggerisce questa linea dura al premier?" - E' questa la domanda che riecheggia all'interno del Pd. E poi, L'Unità, giornale di casa, che si dice convinto che il prof. si stia preparando a "posizionarsi" in vista della prossima campagna elettorale. E allora l'auspicio dei vertici del Pd di una chiamata alle urne già ad ottobre inizia ad essere qualcosa più di una sensazione - o di un velato attacco politico da parte del Pdl. Certo, a patto che non sia, "mai e poi mai" il Pd a causare la crisi di Governo. Ma il concetto espresso ieri da Bersani, per il quale "o politici e tecnici, assieme, riescono a governare il paese o sotto la pelle del paese ce n'è abbastanza per prendere a cazzotti sia i politici, sia i tecnici" non può passare inosservato. 

"Io voglio unire, non dividere" - Così il premier ha ribadito la sua volontà "di trovare soluzioni che facciano avanzare il paese, non creare problemi che spacchino partiti o parti sociali". Monti sa bene che senza l'appoggio dei partiti, lui non sarebbe il premier ma solo il prof. Ma soprattutto il premier vorrebbe evitare il rischio di una "conta", pro o contro la modifica dell'articolo 18, in Parlamento. Una conta che rischia di spaccare la grande coalizione, la maggioranza. Questa strana maggioranza.