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Sabato, 27 Aprile 2024
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"Il fiume è entrato in casa". a due mesi dall'alluvione Alice costretta a vivere in un camper

"La mia abitazione rischia di crollare, ho chiesto un alloggio al Comune ma c’è poca informazione". Attualmente non lavora perché il contratto è scaduto a giugno

Vive in un camper da due mesi, da quella drammatica notte del 16 maggio quando l’alluvione ha travolto e inondato la sua abitazione, insieme alle cose di una vita. Un’abitazione divenuta pericolante e, di fatto, inagibile nella quale non è più sicuro vivere. La storia di Alice Casadei, 46 anni, residente in via Pogdora - in uno dei quartieri più flagellati dalle piogge e dall’esondazione del fiume Montone - è l’ennesimo tassello che va a comporre il dramma di tanti cittadini forlivesi che hanno vissuto e continuano a vivere le conseguenze dell’alluvione. 

Oltre alla casa, Alice nel frattempo ha perso anche il lavoro: precaria e con un contratto da assistente dl laboratorio all’Istituto tecnico Aeronautico finito nel mese di giugno. “E’ stata una notte terribile, ero paralizzata dalla paura e ho ancora in testa il rumore dell’acqua che a poco a poco, inesorabile, ha invaso la mia casa. Un’onda marrone che arrivava da ogni parte: dal bagno, dalla doccia, dalle fognature. Dopo che il fiume ha rotto gli argini ci è entrato in casa - racconta -. Quando ci siamo resi conto che non c’era modo di fermarla, io e mio marito Daniele insieme a Nocciolina, la nostra cagnolina, siamo saliti al primo piano e ci siamo rimasti fino al giorno dopo, senza riuscire a chiamare i soccorsi perché i telefoni non funzionavano”. Una casa a due piani nella quale Alice viveva insieme allo zio, di 84 anni, che a sua volta si è trasferito provvisoriamente in un altro camper. “Avevo messo una tovaglia di plastica davanti alla porta e cercato di arginare l’acqua con un cumulo di asciugamani - dice - ma è non è bastato, perché contro l’acqua non hai difese”. 

A due mesi dal disastro, si sono aperte crepe nel tetto e nei muri della sua abitazione, impossibile tornare a casa in sicurezza. “Ho contattato diversi ingegneri edili anche del Comune di Reggio Emilia - dice - e tutti mi hanno sconsigliato di rientrare perché l’abitazione è pericolante. In Comune mi hanno detto che dobbiamo essere noi privati a occuparci delle perizie degli immobili per ottenere i contributi, ma manca una informazione precisa e puntuale su come farlo”. Nel frattempo Alice continua a vivere nel camper, ha allestito una piccola cucina in quello che rimane della sua casa e ha fatto richiesta per un alloggio temporaneo.

“Io non accuso nessuno in questa situazione - dice con le voce rotta e dalla quale traspare tutta la dignità di chi non si arrende al dolore - vorrei solo capire cosa fare nel presente e nell’immediato futuro ma purtroppo spesso non si sa a chi chiedere”. Le conseguenze dell’alluvione non hanno lasciato solo crepe nei muri e Alice ha deciso di rivolgersi al supporto psicologico messo a disposizione dalla Asl a seguito degli eventi alluvionali - “un supporto di persone straordinarie”, dice - per affrontare e superare le ferite di quella notte di maggio, perché lei da quella notte non dorme più.

A fare paura, adesso, sono le piogge e l’approssimarsi dell’autunno. “L’angoscia di ritrovarmi ancora invasa dall’acqua è tanta - dice Alice -. So che non salverò la mia casa, perché per metterla in sicurezza dovrei togliere il tetto, ingabbiarla e puntellarla, con un costo di oltre 200 mila euro che non posso certo permettermi. Sto cercando una sistemazione attraverso il Comune perché non posso farmi ospitare per un anno da amici o continuare a vivere in un camper. Sono nata e vissuta in questa città, sono precaria e non ho mai chiesto niente a nessuno ma adesso ho bisogno, almeno per continuare a sperare in un futuro possibile”.

Alice Casadei dopo l'alluvione

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