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Sabato, 27 Aprile 2024
Sanremo

Dirotta su Cuba: "Siamo tornati e puntiamo a Sanremo"

La famosa band degli anni '90 si è riunita dopo una lunga pausa dalle scene musicali: Simona Bencini e Stefano De Donato ci raccontano senza filtri i motivi della rottura, la voglia di ricominciare insieme e i nuovi progetti

A volte ritornano. E quando a farlo è una delle band più amate degli anni '90, il successo è assicurato. Lo sanno bene i Dirotta su Cuba (Simona Bencini, Stefano De Donato e Rossano Gentili), che hanno deciso di riunirsi dopo una pausa durata 10 lunghi anni. "Studio Sessions Vol.1" è il loro nuovo album, una versione rivisitata del loro storico disco, più sei inediti. La popolarità, le incomprensioni, l'addio e poi la voglia di ricominciare, con una maturità diversa, ma con lo stesso sound che da sempre li contraddistingue nel panorama musicale italiano.

Di nuovo insieme dopo una pausa durata anni, cosa vi ha spinto a riunirvi?
Simona Bencini: "Circa 10 anni, non sono pochi. Il motivo per cui si siamo riuniti va ricercato nel motivo per cui ci siamo divisi. Ci siamo separati perché il successo ci aveva travolto, non eravamo più lucidi, ci eravamo allontanati, non ci capivamo più. Le incomprensioni sono nate prima di tutto a causa delle persone che ci circondavano. Ci hanno strizzato troppo. Il successo va saputo gestire, altrimenti è un gran casino. Né noi, né chi per noi, lo ha saputo gestire. Inevitabilmente ci siamo separati. Questa separazione, però, ha lasciato qualcosa di non detto. La nostra storia artistica non era finita, sicuramente avevamo ancora altro da dire. Ognuno di noi in questi anni ha guardato la storia dei Dirotta su Cuba, l'ha metabolizzata a proprio modo e ha capito quanto è stata importante e quanto ancora potevamo dare. Il primo che ha lanciato la proposta di ricominciare è stato Stefano, che è stato anche il primo a lasciare la band. Lui e Rossano hanno fatto un tour insieme e poi è venuta l'idea di riunire i Dirotta. Era una cosa che aspettavo da tempo, che sognavo".

Il panorama musicale in cui vi riaffacciate è diverso rispetto a quello degli anni '90 in cui avete debuttato e vi siete affermati. Quali sono i cambiamenti più importanti con cui vi trovate a fare i conti?
Simona Bencini: "Come negli anni '90 ci sono delle tendenze. La musica è in continuo movimento e questo non ci sconvolge. In questi anni abbiamo ascoltato quello che succedeva, cose che ci piacevano di più, cose di meno, ma è sempre stato così. Noi siamo un po' obbligati ad essere i Dirotta su Cuba, con il nostro nome non possiamo fare qualcosa di opposto a quello che ricordiamo. Il sapore della nostra musica è molto preciso, andiamo dal soul all'r&b, dal funky alla dance, prendiamo un po' da tutto per poi rimasticare tutto con il nostro stile, in italiano. Quando ci siamo riuniti ci siamo chiesti come potevano essere i Dirotta su Cuba 20 anni dopo, abbiamo fatto esperimenti, non era semplice. Ci siamo immaginati di lavorare come se lavorassimo con un dj, visto che oggi i veri innovatori della musica internazionale sono loro, abbiamo provato a remixarci. Abbiamo trovato il giusto equilibrio".

Il riscontro del pubblico?
Simona Bencini: "Il nostro pubblico è il pubblico che ci segue da tanto tempo ed è stato strafelice di ritrovarci. Siamo molto contenti perché i commenti su questo disco sono bellissimi. Sui social leggo delle descrizioni toccanti, mi emozionano. E' bello vedere la gente che si appassiona perché ti ritrova e ti riscopre. In questi giorni ho letto un commento su Twitter che mi ha emozionato: "Questo disco è un inno alla gioia". Nella frenesia della vita, quando una persona si ferma ad ascoltare il tuo disco e ti dice che è un inno alla gioia, è meraviglioso. Fare questo lavoro è bellissimo perché ricevi questo tipo di feedback, hai a che fare con le emozioni".

Il nuovo album è una versione rivisitata del vostro storico disco, più 6 inediti. Quanto c'è oggi dei vecchi Dirotta su Cuba e quali sono invece i nuovi Dirotta su Cuba?
Stefano De Donato: "Ci piace cambiare, non vogliamo essere la cover dei Dirotta su Cuba. Stando a distanza, però, abbiamo apprezzato il lavoro fatto in quegli anni, ce lo hanno fatto capire anche i nostri sostenitori. Nessuno si è più affacciato a questo genere in Italia, il funky. C'era un posto che ci aspettava. C'è quindi una parte vecchia e una nuova. La parte vecchia è quella dei grandi successi di questo disco, che molti colleghi pensano sia una pietra angolare per la musica italiana, la parte nuova invece è quella legata alle sonorità americane e anglosassoni. Abbiamo tolto più che aggiunto, i nuovi singoli sono meno ridondanti. E' una buona via di mezzo. Non siamo andati a cercare una nuova faccia, sarebbe stato quasi un tradimento perché noi ormai rappresentiamo un certo tipo di sound e abbiamo ripresentato quello che sappiamo fare meglio".

Sanremo. State pensando di proporre qualcosa?
Stefano De Donato: "Sì, stiamo lavorando a molte idee. Per Sanremo è da capire quanto ci deve essere di vecchio e quanto di nuovo. Se dovessimo presentarci al Festival saremo più vicini a 'Gelosia' che al nuovo singolo, perché il pubblico vediamo che vuole quello da noi, sarebbe sciocco negare l'evidenza. Sto scrivendo diverse cose, se viene fuori qualcosa che ci rappresenta e che ci piace, perché no? Noi siamo figli di 'Gelosia" che nel '93 fu rifiutata a Sanremo, ci facciamo forti di questa leggenda. Se non ci prendono, quindi, non è detto che non possiamo andare bene lo stesso".

Un cantante cult degli anni '90 con cui vorreste collaborare, e uno di oggi.
Stefano De Donato: "Ce ne sono tanti bravi e che apprezzo. Il problema che mi pongo è cercare qualcuno che non sia fuori contesto. Gli artisti con cui abbiamo collaborato nel nostro nuovo album, ad esempio, sono stati perfetti: Mario Biondi, i Neri per Caso, Fabrizio Bosso e Gegè Telesforo. Dei cantanti di oggi non lo so, la musica che c'è in giro mi spiazza, la trovo fatta a tavolino".

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