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Sabato, 27 Aprile 2024

L'editoriale

Gianmaria Tammaro

In Italia non abbiamo dato abbastanza spazio a Toriyama. Ed è stato un errore

È passata una settimana dall’annuncio della scomparsa di Akira Toriyama. E se nel resto del mondo ci sono stati flashmob, manifestazioni di affetto e, soprattutto, approfondimenti e speciali giornalistici, qui in Italia – a parte rare, rarissime eccezioni – c’è stato un silenzio assordante. Gli appassionati ne hanno parlato e scritto, hanno condiviso storie e ricordi; la rivista Lucy – Sulla cultura ha pubblicato un bellissimo articolo firmato da Stefano Rapone, che ha colto in pieno il significato che Dragon Ball, l’opera più famosa e diffusa di Toriyama, ha avuto per moltissime persone.

Poi ci sono stati i video su Youtube e le live su Twitch, i pezzi dei giornali settoriali, come quello di Andrea Fiamma su Fumettologica, e una riflessione più o meno condivisa sui social da parte degli addetti ai lavori. Per il resto, però, ci si è limitati a fare il minimo indispensabile. E quindi: notizie brevi online, qualche articolo – piuttosto scolastico – sulla carta; uno o due fondi firmati da personalità di spicco del mondo della cultura e del fumetto italiani (il migliore è stato quello di Luca Raffaelli sulle pagine di Repubblica). La domanda è: perché?

Probabilmente per due ragioni. La prima: chi oggi decide il timone dei giornali, cosa viene pubblicato, messo in pagina e chiesto ai collaboratori e ai redattori, non ha vissuto Dragon Ball (e Dr. Slump e Dragon Quest eccetera eccetera) come lo hanno vissuto i ragazzi e le ragazze nati tra le fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta. La seconda: manca ancora una consapevolezza di fondo sul ruolo fondamentale che i fumetti hanno assunto all’interno della nostra cultura.

Il peso di Dragon Ball 

Dragon Ball è diventato un vero e proprio punto di riferimento tra manga e anime. Ha riempito i pomeriggi di una generazione intera e ora, grazie alle piattaforme streaming, sta riempiendo i pomeriggi di un’altra generazione. Il fumetto è stato scoperto e riscoperto più volte. È stato il primo, come hanno riportato in tantissimi, a essere stampato da Star Comics seguendo il senso originale, quello giapponese. E da allora – parliamo del 1995 – a oggi sono state vendute centinaia di migliaia di copie. E questo ha avuto chiaramente un peso sia nell’immaginario di chi l’ha letto, seguito e collezionato (c’è anche questo discorso da fare quando si parla di fumetti e di una certa produzione editoriale) sia, poi, nella nostra industria culturale.

Pensiamo a quante persone hanno lavorato a quest’opera; pensiamo al doppiaggio delle serie anime, dei film, ai videogiochi. Pensiamo ai gadget che negli anni sono stati sviluppati e venduti, e al materiale per la scuola, ai giocattoli, alle collezioni vendute e distribuite in edicola, tra figure, VHS e DVD. Allargando per un momento il quadro, entriamo in un discorso ancora più importante: Dragon Ball è, a oggi, uno dei manga più venduti di sempre. In Giappone è uno dei pilastri fondamentali del mercato. Continuano a essere sviluppati anime e stampati fumetti. Toriyama, fino alla fine, ha seguito innumerevoli iniziative, soprattutto per festeggiare il quarantesimo anniversario della saga. Quindi ci sono sia ragioni di natura economica che di natura editoriale a dirci, chiaramente, che questo è un tema di cui bisogna occuparsi a più livelli e sotto più punti di vista.

Cosa resterà di Toriyama

Non hanno alcuna utilità né le semplificazioni né, tantomeno, le banalizzazioni. Grazie al lavoro di Toriyama, il manga è riuscito ad andare oltre i target e i soliti argomenti. Per qualcuno è eccessivo parlare di rivoluzione, ma è fuori discussione l’influenza che ha avuto su una determinata generazione di autori. Il fumetto, inteso sia come linguaggio che come prodotto, merita di uscire dal tracciato dei pregiudizi e dei luoghi comuni e di essere preso seriamente in considerazione.

Akira Toriyama è stato – e continuerà a essere, senza ombra di dubbio – uno dei più grandi autori di manga della storia del fumetto. Non stiamo parlando di una moda o di un fenomeno passeggeri. Le immagini che Dragon Ball e le altre opere di Toriyama ci hanno regalato sono destinate a rimanere, a essere degli spunti e degli esempi da seguire. Proprio come, cambiando completamente campo, i film di Federico Fellini, Stanley Kubrick e John Ford vengono ancora analizzati e dissezionati da esperti, studiosi e aspiranti registi. È triste dover fare analogie e confronti, come se il fumetto, di per sé, non bastasse per giustificare e legittimare certi discorsi. Ma se è questo che serve, ben venga. Viva i fumetti, viva Dragon Ball, viva Akira Toriyama.

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